Palermo: diventare una città turistica, restando fedele alle tradizioni

Alessandro Mininno
Gummy Industries
Published in
7 min readNov 28, 2018

Sono andato a Palermo almeno venti volte. Non per questo progetto, intendo. Ci sono andato almeno venti volte nella vita, contando sia le gite lavorative che quelle familiari e le vacanze. Ho visto la città cambiare e crescere molto, dal 2007 a oggi.

Palermo, Teatro Politeama

Da quando, nel 2011, la primavera araba ha messo fine al turismo in Medio Oriente e nord Africa, Palermo è diventata una città turistica. Mia suocera dice che “quest’anno a Palermo ogni casa è diventata un albergo”: per una volta sono costretto a darle ragione, perché solo nell’ultimo anno il numero di bed and breakfast è cresciuto del 24%. Dei 15 milioni di turisti che ogni anno arrivano in Sicilia, il 20% va a Palermo. Sono tre milioni di persone all’anno: per ogni abitante della città, ci sono almeno cinque turisti.

Come se non bastasse, Manifesta 12, la kermesse internazionale da poco conclusa proprio a Palermo, ha portato circa 300.000 ulteriori presenze: migliaia di appassionati di arte contemporanea, “influencer” spesso disposti a spendere più del turista medio, tra i quali il 19% venivano dall’estero. Al di là dei numeri, Manifesta è stata sicuramente un banco di prova e una possibilità per ricordare al pubblico internazionale che la Sicilia esiste — ed è bellissima.

Basik, St. Rosalia aligns to center the image of Palermo, 2018 — Palazzo dipinto al quartiere della Kalsa, nell’ambito del progetto Pangrel

Se devo pensare a una città accogliente, multietnica, mulatta, Palermo è la prima città che mi viene in mente: è nel mezzo del Mediterraneo, esattamente al centro di tre continenti, e può vantare influenze arabe, normanne e turche — tra le altre. Il genio di Palermo, suo nume protettore, è raffigurato con un serpente in braccio, mentre “divora i suoi e sfama gli altri”, a rappresentare la vocazione generosa della città.

Certo, accogliere all’improvviso una mole imponente di turisti è qualcosa che costringe al cambiamento: qualunque città ne uscirebbe trasformata.

La mutazione c’è stata ed è evidente soprattutto nelle vie centrali della città, come Via Maqueda: i negozi e le botteghe artigianali hanno lasciato il posto a un molteplice mix di negozi pensati per soddisfare un gusto globalizzato, in cui i nomi delle specialità siciliane si mescolano a improbabili riferimenti in inglese. E quindi l’enoteca delle Madonie decide di chiamarsi MadoniEAT, il bar diventa Sicilian food e drink lab, la friggitoria è subito Arancinando Food Factory oppure anche Chipsweet food and fried. E i toast (i toast? a Palermo?) non sono più semplici toast, ma Sicilian Grilled Sandwiches.

Forse è Palermo, potrebbe ugualmente essere Amsterdam o Londra

La caffetteria scimmiotta Starbucks e chi spremeva arance ora spreme anche melograni, ispirato da Istanbul. Le insegne dei nuovi negozi, obbligatoriamente, hanno dei riferimenti visivi internazionali: potrebbero essere bistrot milanesi o londinesi, ugualmente.

Mi sono chiesto e ho chiesto agli amici palermitani: la città è persa per sempre? Ci siamo giocati l’autenticità delle tradizioni siciliane, in cambio di pochi piccioli, per fare felici i turisti?

Probabilmente la risposta è no. La trasformazione di Palermo è limitata alle poche vie principali, ma tutto il resto della città è ancora saldamente verace e resiste in modo coriaceo alle tentazioni e alla gentrification. Basta voltare l’angolo, prendere una via minore, e subito possiamo ritrovare degli stimoli genuini. Pure troppo.

Volete fare come fanno i palermitani? Ecco un paio di dritte.

Mangiate un pane e panelle al mercato del Capo

Tra i mercati storici palermitani, il Capo è quello ancora frequentato dai locals che fanno la spesa e che vi sapranno dire dove comprare la frutta più fresca. Naturalmente, anche qui dovrete evitare le comitive di turisti russi incantati dal pesce fresco e i drappelli di signore di Padova, estasiate dai bassi prezzi della verdura. Circa a metà mercato troverete la bancarella di Totò detto Truffa (non preoccupatevi, siete a Palermo: anche se non si chiamasse truffa, vi tratterebbe comunque da turisti). È specializzato in Pani ca meusa (panino con la milza) e Pane e panelle (panino con frittelle di farina di ceci, fritte nello strutto). Per tre euro, vi porterete a casa un ricordo indimenticabile, circa 400 kcal e quasi 10 grammi di lipidi. Fate come me, e pensate che di panelle non è mai morto nessuno.

Via Cappuccinelle, Palermo

Totò detto Truffa spreme del limone su una porzione di panelle

Esplorate i danni dell’architettura contemporanea allo Zen 2

Siete mai stati a Milano, in Bicocca? Lo Zen 2 di Palermo è un quartiere progettato dallo stesso architetto (Vittorio Gregotti), con lo stesso presupposto, all’incirca nello stesso periodo.

Ma allo Zen 2 tutto è andato male. Il progetto non è mai stato completato, molte delle abitazioni non hanno nemmeno le fognature, tantissimi degli alloggi sono occupati. Ci abitano 16 mila persone in una situazione di degrado disarmante. Le infiltrazioni mafiose e lo spaccio hanno fatto il resto.

Andateci, perché è necessario capire e toccare con mano cosa può succedere in una città italiana quando la politica, la società, l’urbanistica e l’architettura partono da presupposti sbagliati. Andateci perché quando vi chiedete che fine fanno i “fondi per le periferie”, il recupero di luoghi come questo dovrebbe essere la risposta. Andateci, ovviamente, con discrezione, rispetto e magari senza la reflex.

Non è una bella gita e sarete le persone sbagliate al posto sbagliato. Ma probabilmente sopravviverete, come me: e tornerete a casa con un po’ di consapevolezza in più.

Zen 2

Andate a caccia di frattaglie a Ballarò

Se pensate che Ballarò sia il nome di un programma TV, andate al mercato di Ballarò e “riportate questa roba in strada, dov’è nata”. Qui potrete assaggiare la stigghiola, uno spiedino di budella di agnello. Anche qui sarete in compagnia di una massa informe di turisti armati di reflex, intenti a scattare delle fotografie indimenticabili ai polpi cotti al vapore, ai piedini di vitello e alle verdure giganti. Non curatevene e dedicate la vostra attenzione ai venditori che urlano in palermitano: le loro litanie si chiamano abbaniate, sono simili alla musica lirica e si dice che la tradizione abbia un’origine africana.

Via Ballarò 1, Palermo

Budella di vitello, mercato di Ballarò

Godetevi un po’ di arte contemporanea ai Cantieri della Zisa

Un posto magico, fuori dal centro della città, in uno spazio industriale composto da 23 capannoni, destinati ad attività culturali di ogni sorta, dal teatro alla fotografia. Io ho visto una mostra del fotografo Josef Koudelka, gratuita, bellissima. Che avevo già visto a Milano, pagando (ma questa è un’altra storia).

Cantieri culturali della Zisa, Via Paolo Gili 4, Palermo

Riconciliatevi con il mondo all’orto botanico

Fate una pausa dalla frenetica attività turistica concedetevi mezz’ora all’orto botanico, uno dei più antichi e più importanti d’Italia. Tra una piantagione di bambù e qualche enorme Ficus macrophylla, potrete riconciliarvi con voi stessi e con la natura. Ma anche con le arancine fritte enormi del Bar Touring, proprio lì di fronte, classificate #1 da (quasi) tutti i palermitani.

Orto Botanico di Palermo. Il dinosauro non c’è sempre.

Cenate con del pesce grigliato in mezzo alla strada

Grazie a dio, le norme igieniche a Palermo non sono ancora arrivate (e speriamo che non arrivino mai). Qui si può ancora mangiare dell’ottimo pesce grigliato per strada, a un prezzo accessibile. Se siete vegetariani o non vi piace il pesce, qui hanno un’ottima alternativa per voi: il digiuno.

La Trattoria da Salvo è una roccaforte genuina e originale. Non andateci se siete precisini, pulitini o permalosi: potrebbe essere spartana e acconciata alla meglio. D’altra parte, fino a poco tempo fa era semplicemente un garage.

Trattoria da Salvo, Via Torremuzza 28, Palermo

L’irrefrenabile simpatia e il buon umore del signor grigliatore di pesce, Trattoria da Salvo

--

--