PET THERAPY: MODA O TRADIZIONE POPOLARE?

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5 min readNov 23, 2016

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Autore: Chiara Stival

Come spesso accade, quando a qualcosa che esiste già si attribuisce una definizione in lingua inglese, questo “qualcosa” appare più importante, l’inglesismo evoca una maggior fiducia e qualità. Così è successo anche per la Pet Therapy. Eppure l’interazione uomo-animale è una relazione antichissima, se solo si pensa che dei primi animali addomesticati, ad esempio il cane, si trovano testimonianze sia in Europa sia in Asia risalenti alla preistoria. Perché, allora, a questa “moda” viene dato grande risalto? Forse perché non è una moda. Forse perché, in alcune particolari situazioni, l’essere umano si è reso conto di avere perso una “sensibilità istintiva” che invece si è preservata nell’essere animale.

Infatti, se da un lato esempi di Pet Therapy comuni sono frequentemente riscontrabili nella letteratura, dall’altra solo nella seconda metà del Novecento si è iniziato a valutarne il potenziale per applicarlo nell’ambiente di cura. Cosa intendiamo dire esattamente? Ci sono antiche tradizioni che hanno sempre riconosciuto nello spirito animale uno spirito guida (basti pensare alla bibliografia di Alce Nero o alle tradizione degli Inuit della Groenlandia), ci sono stati scrittori che hanno utilizzato animali come protagonisti dei loro racconti per simboleggiare un percorso differente (solo per citarne alcuni: dai classici Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach, Zanna Bianca di Jack London e Il libro della giungla di Rudyard Kipling, ricordiamo anche L’insostenibile leggerezza dell’essere in cui Milan Kundera affianca alla storia d’amore dei protagonisti il cane Karenin di un impareggiabile valore simbolico). Infine, chiunque abbia avuto in casa degli animali si sarà facilmente accorto che essi interagiscono con le persone “diversamente e dipendentemente” dallo stato d’animo e dall’atteggiamento con cui l’umano si relaziona con loro: questo perché gli animali ATTIVANO emozioni. Proprio da questa facile constatazione, alcuni ricercatori hanno analizzato situazioni e verificato terapie alternative che possono dare risultati in casi di cura “molto particolari”.

La Pet Therapy è diventata quindi una terapia usata negli ambienti socio-sanitari, cioè in quei luoghi di cura che si occupano di persone fragili e si fanno carico della loro riabilitazione psico-fisica e, in alcuni casi, anche della cura sanitaria. Non è questa la sede (né abbiamo competenze così specialistiche) per addentrarci in ambiti così delicati, ma certamente possiamo dire che una Pet Therapy strutturata è una terapia. Come tale, essa si prefigge di rispondere a uno dei bisogni di cura del soggetto, particolarmente legato all’area affettiva, e in questo il ruolo dell’animale è centrale poiché determina l’apertura di un canale comunicativo non verbale e per questo immediato: in questa relazione “anomala” (perché non uomo/uomo ma uomo/animale) viene a mancare l’aspetto giudicante, cosicché nella persona fragile si attiva una sorta di libertà di vivere apertamente le proprie emozioni, favorendo un istantaneo rilassamento (misurabile nel soggetto, ad esempio, attraverso la riduzione della contrazione muscolare).

In molti casi l’animale e la persona diventano un tutt’uno, permettendo azioni che la disabilità della persona aveva annullato, perciò l’animale, come fosse una forma protesica del soggetto, gli consente il superamento di un limite fisico e/o psicologico. Questa sintonia che si viene a creare è uno degli aspetti curativi di maggior impatto nella terapia. Tutto ciò, per l’animale, non è privo di conseguenze, anzi è piuttosto stressante, infatti studi recenti si occupano proprio di rilevare e gestire questa condizione che viene a crearsi, oltre che a tenere in considerazione le testimonianze di alcuni operatori che hanno verificato, dopo un trattamento, la necessità di sfogare il loro sforzo sostenuto: il cane, ad esempio, ha bisogno di correre.

Nonostante si tratti di una terapia che prevede, quindi, un paziente, in questo articolo che, lo ribadiamo, non vuole essere tecnico-sanitario abbiamo preferito l’uso della definizione “persona fragile”, perché ci pare più appropriato per indicare quel gruppo di persone a cui la PET THERAPY può essere utile, allo scopo di migliorare il proprio stato, la propria qualità di vita, siano essi bambini con particolari problemi, anziani o persone con disabilità fisiche e/o mentali: è stato frequentemente dimostrato che il contatto con un animale può aiutare a soddisfare alcuni dei loro bisogni (come affetto, sicurezza, relazioni interpersonali) e a veicolare in questo modo il recupero di alcune abilità perdute o limitate.

Il successo e i risultati positivi raccolti nell’ultimo decennio da queste ricerche e terapie applicate hanno fatto sì che nel marzo 2015 la Conferenza Stato Regioni approvasse delle linee guida, approvate nel documento (link) Accordo e Linee Guida in materia di interventi assistiti con gli animali, adottato dal Ministero della Salute al fine di stabilire regole omogenee sul territorio nazionale e definire standard di qualità per la corretta applicazione di queste co-terapie. Sono stati stabiliti tre differenti modalità di intervento, a seconda che la loro valenza sia terapeutica, riabilitativa, educativa e ludico-ricreativa:

  • le Terapie Assistite con gli Animali (TAA), finalizzate alla cura di disturbi della sfera fisica, neuro-psicomotoria, cognitiva, emotiva e relazionale;
  • l’Educazione Assistita con Animali (EAA), finalizzata a promuovere, attivare e sostenere le risorse e le potenzialità di crescita, relazione e inserimento sociale delle persone in difficoltà;
  • le Attività Assistite con gli Animali (AAA), finalizzate al miglioramento della qualità della vita e della corretta interazione uomo-animale.

Le categorie di Pet Therapy riportate caratterizzano differenti attività sia per quanto riguarda il percorso formativo degli operatori, sia per la tipologia degli utenti e le metodologie adottate. Gli animali impiegati per tale tipo di terapia sono diversi, nella maggior parte dei casi sono cani, cavalli e asini, ma anche delfini, gatti e uccelli; una caratteristica caratteriale che accomuna questi animali è quella di non presentare tratti di aggressività. Oltretutto, la scelta su quale di essi sia più idoneo per la persona fragile è competenza indiscussa degli esperti che valuteranno approfonditamente le esigenze psicologiche, fisiche e relazionali dell’utente in questione.

Riteniamo che il riconoscimento ufficiale di queste attività restituiscano dignità all’essere animale e ne valorizzano l’impiego anche nell’ambito di cura, un risultato fondamentale nella ricerca scientifica mirata alla qualità di vita delle persone fragili. La Pet Therapy non è certo una moda ma un recupero dei valori che, fin dalle origini della storia dell’uomo, hanno caratterizzato la relazione tra l’uomo e gli animali.

Originally published at italian-directory.it on November 23, 2016.

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