Marianna Tognini
Hic + Nunc
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6 min readOct 22, 2019

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Non avrò altro pollo all’infuori di quello di Giannasi

Ph. Giandomenico Frassi

«Basta lavorare bene, rispettare il prossimo, avere pazienza e i risultati arrivano»: Dorando Giannasi mi congeda con una lezione di marketing — o forse di vita — che dovrebbe essere insegnata a chiunque. Questo signore elegante, gentile ed educato, classe 1945, con il suo immancabile cappello a tesa larga e le cravatte colorate, premiato con l’Ambrogino d’oro, è una specie di istituzione in Porta Romana. Anzi, mi correggo: è un’istituzione milanese. Lui, nel famoso chiosco in piazza Buozzi — pressoché immutato dal 1967 — ogni giorno dà da mangiare a mezza città sfornando polli allo spiedo, patate arrosto, olive ascolane, mozzarelline fritte e piatti di gastronomia preparati freschi. Tutto è 100% italiano e a prezzi decisamente non milanesi. Leggi: con poco più di dieci euro salta fuori una cena abbondante e gustosa per due persone. Mica male.

Ph. Giandomenico Frassi

Dorando arriva a Milano a quattordici anni da Civago, piccolo paese in provincia di Reggio Emilia, per raggiungere la sorella che lavorava a servizio presso la famiglia Muccioli. I Muccioli avevano una polleria in via Teodosio, nel quartiere Lambrate, dove vendevano polli crudi perché all’epoca non si usava cuocerli: fratello e sorella iniziano a muovere i primi passi lì, lui come garzone e lei come commessa. Sgobbano parecchio, sono affidabili e costruiscono con i Muccioli un rapporto di affetto e stima: «ci trattavano come dei figli», racconta il signor Giannasi, e quando decisero di vendere il negozio e di ritirarsi «ci trovarono questo chiosco abbandonato di proprietà del Comune di Milano, e si adoperarono affinché lo potessimo utilizzare». È il 1967, e la famiglia Muccioli presta ai fratelli Giannasi dieci milioni di lire per ristrutturarlo avviare l’attività, «senza farci firmare nulla, era tutto sulla parola. Ci dissero soltanto ‘Datevi da fare e restituiteceli quando potrete’». Per vent’anni, tra mille difficoltà («non avevamo una struttura imprenditoriale, abbiamo impiegato un bel po’ per prendere le misure»), i Giannasi portano avanti il mestiere appreso in via Teodosio e imparano a conoscere la propria clientela. Non perdono affatto aderenza con la società e i cambiamenti culturali in atto, tanto che alla fine degli anni ’80 intuiscono che le abitudini si stanno evolvendo: «i macellai funzionavano bene, dunque abbiamo introdotto altri tipi di carne, riducendo lo spazio dedicato al pollame. Poi intorno alla metà degli anni ’90 una sorte simile è toccata alle carni crude, sacrificate per inserire lo spiedo, la friggitrice e il forno». Oggi non c’è più niente di crudo nel chiosco di piazza Buozzi, i prodotti sono interamente cotti per far fronte alle odierne esigenze alimentari e di consumo. «È normale che le nuove generazioni siano mutate, ma sono mutate pure le vecchie: una volta servivamo tanto le signore anziane che venivano la mattina prestissimo… lei le vede ancora?», mi domanda sardonico. «I nostri clienti ora sono in prevalenza uomini, una cosa impensabile fino cinquant’anni fa. Si figuri, cinquant’anni fa si sarebbero vergognati!».

Ph. Giandomenico Frassi

Di certo non si vergognano nel 2019, accalcati per accaparrarsi i succosi polletti, le inimitabili patate arrosto e la zucca al forno, serviti da un team di collaboratori storici, alcuni dei quali sono con Dorando dagli ultimi anni del secolo scorso. «Si presentavano questi ragazzi extracomunitari, in prevalenza sudamericani, io li facevo provare e se funzionavano li assumevo; loro si trovavano bene e spargevano la voce. La maggior parte sono assunti a tempo indeterminato: su venticinque, diciannove sono fissi; gli altri sono inquadrati a tempo determinato». Da qualche mese la squadra annovera anche un paio di ragazze: «le donne sono superiori a noi uomini, ne sono fermamente convinto. Il nostro però — soprattutto in passato — era un lavoro pesante, che ritenevo meno adatto a loro: adesso ho preso due studentesse per tre ore al giorno e ne sono entusiasta. Sono dinamiche, veloci, attente… ho da poco riscoperto le donne dal punto di vista della mia professione e non so cosa mi sono perso!». Mi sento in dovere di snocciolargli un aneddoto accadutomi lo scorso gennaio, una sera in cui, arrivata davanti al suo chiosco, mi metto a fissare con insistenza i pochi pezzi di zucca al forno rimasta — perché la zucca al forno di Giannasi è uno dei motivi per cui la vita val la pena di essere vissuta — nella speranza che chi è prima di me non li finisca. Come non detto, il commesso che di solito mi serve li ficca tutti dentro una vaschetta. Arrivato il mio turno, mi guarda vagamente sorridendo e m’incalza: «Come fai adesso senza zucca?». «Ah niente, faccio senza», gli rispondo demoralizzata. Lui non demorde, regalandomi un happy ending che finisce negli annali: «Certo, avresti fatto senza se non te l’avessi messa da parte quando ti ho vista».

Ph. Giandomenico Frassi

Al signor Giannasi brillano gli occhi, e continuano a brillargli quando mi mostra le ricevute che testimoniano la devoluzione — il terzo sabato di settembre di ogni anno, da tredici anni — dell’intero incasso alla Fondazione Airc per la ricerca sul cancro. I milanesi lo sanno, e lo premiano: «il sabato la spesa media di un avventore è di 10/11 euro, in concomitanza con tale occasione sale fino a 14/15 euro e in generale attiriamo un 5/7% in più di persone del normale. Quest’anno sono state 1.326», puntualizza mascherando una punta d’orgoglio. I suoi concittadini gli vogliono bene (e come non volergliene), nonostante lui ultimamente sia preoccupato: dal 2006 i suoi polli allo spiedo costano 4,50 euro l’uno, e il prezzo non è più sostenibile. «Dobbiamo cambiare, ho in mente un aumento di 50 centesimi in futuro. Lo voglio anticipare a tutti i nostri clienti con un volantino, per spiegare le ragioni di un simile incremento e non coglierli impreparati: spero venga apprezzato, perché noi non siamo gente che improvvisa o fa giochetti». Il suo timore è reale, palpabile, non c’entra affatto con i soldi e riesce quasi a commuovermi. «Ne parlavo con mia figlia: l’idea che le persone cambino idea su di me perché aumento i polli di 50 centesimi ha ritardato la decisione per tantissimo tempo, avrei dovuto agire prima». Cerco di tranquillizzarlo, perché chi ha sposato la sua idea di business, la sua persona, la sua visione del cibo non lo abbandonerà di certo. Io non faccio testo: per mantenere inalterata la qualità e il servizio di un esercizio che a Milano (azzardo, forse pure in Italia) è un unicum, quei 50 centesimi sono felice di darglieli. «Sicuramente perderemo qualche cliente», ammette sconsolato, «saranno clienti che non la meritano», chioso io con la mia proverbiale diplomazia.

Ph. Giandomenico Frassi

Gli racconto di quando sono arrivata a Milano da Bologna, nel 1999, di quanto l’avessi trovata fredda, poco accogliente e di quanto mi fossi sentita sola. Lui ride, mi fa notare che vent’anni sono bastati per perdere l’accento e mi confessa di aver avuto la stessa esperienza: «i primi anni a Milano li ho vissuti con il panico, ma a posteriori mi rendo conto che la città è stata molto generosa con me, e io la amo profondamente. Sia io che le mie figlie, poi, abbiamo un legame particolare con Porta Romana: loro ad esempio sono fierissime di essere nate qui». Ci perdiamo a elencare la bontà del caffè preparato al bar tabacchi in piazza Buozzi, la bravura dei ragazzi del Dabass e de Il Nemico, la precisione del calzolaio in corso Lodi, la rapidità della tintora in via Piacenza: cos’ha Porta Romana, che ci abbraccia tutti e non ci molla più? «Vuoi vedere che aveva ragione Gaber?», conclude il signor Giannasi. Ma certo che aveva ragione lui. Ovvio che aveva ragione lui.

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