Storie mantovane d’amore e di nani… scritte da giganti!

Marianna Tognini
Hic + Nunc
Published in
3 min readJun 10, 2019

È un fatto inquietante per alcuni, curioso per altri: il Palazzo Ducale di Mantova annovera parecchie testimonianze che confermano la presenza di numerosi nani alla corte dei Gonzaga, dove questi vestivano i panni di buffoni o di dame di compagnia.

Non a caso, l’edizione 1914 della guida rossa del Touring menziona «l’appartamento dei nani, composto di quattro salette e di camerini minuscoli della seconda metà del cinquecento, in cui abitavano i nani di corte». Nel 1979 ci penserà Renato Berzaghi a spegnere ogni fantasia, smascherando l’abbaglio storico e dimostrando le corrispondenze fra la riproduzione gonzaghesca e l’originale Scala Santa di Roma — davanti a San Giovanni in Laterano — confermate da documenti d’archivio che le collegavano a una zona precedentemente non con certezza identificata: le Catacombe in Corte.

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Poco conta, perché i nani affollano comunque affreschi e dipinti (nella Camera degli Sposi, nella Sala di Pisanello, nell’Appartamento grande di Castello, negli Appartamenti di Isabella d’Este), tanto da aver pure ispirato un celebre libro per bambini di Gianni Rodari, I Nani di Mantova. Lo scrittore piemontese se ne infischia delle scoperte di Berzaghi, e stabilisce che lì, dentro quel minuscolo appartamento all’interno del Palazzo Ducale, ci abita ancora un gruppo di nanetti, stufi di essere piccoli piccoli. Un bel giorno, allora, decidono di ribellarsi all’alto, altissimo capitano delle guardie Capitan Bombardo, di uscire dalle loro stanzette e di restare tra la gente, determinati come non mai a voler crescere… se non di statura, di sicuro nel loro cuore.

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E il cuore, o per lo meno l’amore, è al centro del romanzo del 1996 Un destino ridicolo, che vanta ben due autori: Fabrizio De André e Alessandro Gennari, figura di spicco della scena mantovana. Psicologo, scrittore, editore, Gennari collaborò anche con Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini, e conobbe De André durante un concerto nella sua città natale, concerto che, per altro, il cantautore si rifiutò di portare a termine. Da lì, la nascita di un’amicizia culminata con la realizzazione di un romanzo in parte autobiografico, che tra i personaggi include appunto i due ideatori nonché — nella figura dell’avvenente istriana Maritza — una trasposizione letteraria di Bocca di Rosa, protagonista di una famosissima canzone di De André. Un libro che è anche un viaggio, che inizia in Sardegna e arriva fino a Genova, passando per San Fruttuoso, Gorizia e (ovviamente) Mantova.

L’opera ricevette anche una meno fortunata trasposizione cinematografica: Amore che vieni, amore che vai è il film che ne è stato tratto nel 2008, con Daniele Costantini alla regia e un cast che comprende Filippo Nigro, Tosca D’Aquino, Donatella Finocchiaro e Fausto Paravidino. La pellicola non riscosse il successo sperato, nonostante il titolo benaugurante, che fa riferimento all’omonimo brano musicale: Dori Ghezzi ai tempi prese le distanze dal film, dichiarando di non averlo assolutamente gradito. Della serie, fan avvisato, mezzo salvato.

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