Milan|Wuhan, diario della clausura. Giorno 3

Marco Pedroni
HomoAcademicus
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5 min readFeb 26, 2020

Contrordine, compagni!

Mercoledì, giorno 3 nella zona zafferano — cioè gialla tendente al rosso.

Il cielo suggerisce prevedibili metafore: un nebiun bello fitto alle 7 del mattino (la cecità generata dalla paura) cede il posto a un bel disco solare verso le 9 (la ragione che torna a trionfare sugli assalitori di supermercati), ma prima di pranzo è già Sturm und Drang, con vento forte e grigio minaccioso all’orizzonte (il peggio deve arrivare).

Nel ciclo di vita della notizia, i mezzi di informazione e la politica impostano agende e parole sul secondo movimento meteorologico (il sole): contrordine, compagni, stiamo esagerando! Ci avete creduto davvero? Poco più di un’influenza!

Refresh della pagina di Repubblica.it: il numero dei contagiati, prossimo ai 400, sparisce dallo schermo del mio telefono di generosa superficie, sostituito dalla conta dei minori contagiati — è il nuovo fronte del giornalismo aritmetico-bellico, mentre i decessi iniziano a interessare di meno perché, rassicurano autorità e virologi della domenica, sono tutti anziani in condizioni cliniche già compromesse.

Il ratto delle Bernine

Vita familiare e vita professionale spesso collassano nella routine dei telelavoratori. Condenso i miei impegni altrimenti fisici in sei ore di Skype, GoToMeeting e videochiamate Whatsapp. A metà pomeriggio guardo lo schermo del computer e mi chiedo se esisto ancora come individuo in carne e ossa, o se di me è rimasto solo un avatar che guarda la webcam.

Qualche stanza più in là i bambini strillano eccitati per il gioco pseudo-carnevalizio che hanno inventato: decorando magliette usate e vecchi cenci, assemblate insieme a cartoncini, nastro adesivo e residui di giochi che furono, sono vestiti da super-eroi. Combattono il virus, il fodero della spada è sostituito da un vano porta-amuchina. In una famiglia che non guarda la tv — intesa come rassegna di canali da RaiUno a La7 — Covid-19 è riuscito a far breccia nell’immaginazione infantile: del resto, dovevamo pur spiegare il motivo per cui stiamo facendo le vacanze di Natale a febbraio.

Ma non è questa la principale fonte di interruzione del mio nuovo status di smartworker stacanovista e auto-assoggettato. Alle 17.20 il fattorino di Esselunga interrompe la mia esistenza digitale scaricando borse di viveri sulla soglia di casa.

Questa routine settimanale assume oggi un significato del tutto nuovo. Perché ci sono volute ore per completare l’ordine, con il sito del distributore in tilt per eccesso di visite: la corsa ai pacchi di pasta ha il suo equivalente online. Perché il supermercato ha preteso il pagamento online anticipato: così che fattorino e cliente non debbano nemmeno toccarsi per scambiasi la tessera bancomat. E perché nella spesa non c’è acqua: è il mio personale gesto di stizza contro il ratto delle Bernine.

Tribalismo virale

I tempi sono maturi per abbozzare un elenco delle tribù nate nella zuffa epimediatica.

Gli escapisti, impanicati della prima ora: caso estremo, i due docenti del lodigiano che fiutano in anticipo la distruzione dei ponti, scappano nella natìa Irpinia prima che l’esercito li blocchi. Con il risultato di far sigillare il condominio irpino, meta della gita virale. (Non posso fare a meno di immaginare le reazioni dei condòmini)

I negazio-fatalisti: ben prima della virata prudentista dei media, minimizzano, scherzano, si vantano di andare al ristorante e di usare i mezzi pubblici “nonostante tutto”. Sono probabilmente i più impauriti, ed esorcizzano il terrore mostrando coraggio e superiorità morale rispetto al popolo bue.

I benaltristi: vogliamo parlare delle conseguenze ben più disastrose dell’inquinamento o dell’influenza stagione?, si e ci ripetono.

I burionisti: la faccenda è seria, la possiamo controllare ma dobbiamo mettere in campo una serie di comportamenti responsabili. Il burionismo è un idealtipo di cui esistono versioni annacquate, come il burionismo realista: la faccenda è seria, ma mica possiamo stare chiusi in casa due mesi.

I cinici distanti: beati nella loro quotidianità a Ponza, sul Gran Sasso o in una grotta marina del centro-sud, analizzano con distacco il panico morale lumbard, denunciano l’esagerazione — diciamolo: fanno i bulli — e si chiedono se a Milan mangiamo davvero animali selvatici autoctoni come le nutrie. Un po’ come facevamo noi con i cugini di Wuhan quando il Covid-19 era ancora una faccenda interna cinese.

Abbiamo tutti un estremo bisogno di razionalizzare quanto accade. Trovare un senso, o denunciare l’assenza di senso, di questa sospensione della realtà, prova tecnica di totalitarismo in cui la limitazione della libertà è accettata in nome della sicurezza. Più che il carnevale meneghino, sembra il primo di aprile.

Visit Milan!

Il contrordine politico-mediatico si fa scudo anche della narrazione economica: prenotazioni alberghiere crollate, ristoratori che rassettano tavoli vuoti, braccia che non possono telelavorare, genitori in ferie per accudire la prole. È ora di finirla perchè l’economia soffre.

Se all’ente turismo fosse concesso l’uso di un registro discorsivo paradossale, sfornerebbe volantini per invitare i turisti a Milan|Wuhan proprio ora. Peccato per i musei chiusi, ma le strade sono semi-deserte, la città vivibile, i ristoranti non richiedono prenotazione. E il Duomo è bello anche da fuori. Tutti scappano dalla città, che dichiara un numero di contagiati sorprendentemente basso entro la circonvalla. Questo virus sembra una faccenda da giargiana.

Ma se la narrazione mediatica andava guardata con sospetto il giorno 1, quello del panico da paese in guerra, altrettanto scetticismo va esercitato oggi contro il nascente tranquillazionismo.

Perché chi vuole esercitare la ragione può a buon diritto riconoscersi nella virologa Gismondo — che per il solo fatto di essere stata chiamata “quella del Sacco” da Burioni merita la nostra stima — e mettere like ai friends che ci invitano alla prudenza-senza-panico. Ma non può nemmeno ignorare altre autorevoli epidemionarrazioni, come quella di Marc Lipsitch che prevede una forbice tra il 40% e il 70% di ammalati a livello mondiale, e altri che già assegnano al Covid-19 un seggio permanente nel consesso dei ceppi virali che ci infesteranno nel futuro.

Nemmeno oggi riesco a concludere la giornata avendo trovato la mia narrazione preferita. Per fortuna posso distrarmi, per le prossime due ore, sistemando la spesa Esselunga.

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Marco Pedroni
HomoAcademicus

Proudly a sociologist, whatever that means. I write about digital media, cultural industries, artificial intelligence, and academia