Sfidare il futuro

Human Factor Lab
Human Factor, per discuterne
3 min readJan 22, 2015

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di Claudio Marotta, Amedeo Ciaccheri Play Lab> Municipio Roma VIII

Questo che si avvicina è un fine settimana decisivo per il futuro dell’Europa. Il passaggio cruciale del voto greco può aprire uno spazio europeo di opposizione e lotta al diktat neoliberista dell’austerity che sta piegando l’intero continente. L’ambizione di rinsaldare un asse mediterraneo — da Syriza a Podemos — per l’alternativa in Europa attraversa il dibattito della sinistra italiana, umiliata e messa all’angolo dalle spinte populiste che occupano il ristretto campo della rappresentanza nel nostro quadro politico.

Nessuno di noi è più sufficiente a fermare questa “deriva”, né la sommatoria delle nostre debolezze potrà essere la forza per aprire nuovamente la partita. Eppure il futuro di un’Europa libera e solidale ci chiama a un rimescolamento di culture e identità che dia linfa a un radicale progetto di alternativa. Ogni “cantiere aperto” che lavori alla rottura del dispositivo renziano è uno spazio utile da attraversare e da contaminare tanto nei territori, quanto verso le mobilitazioni continentali dal 18 Marzo di Blockupy Francoforte in poi.

Saremo, quindi, a Human Factor perché intuiamo l’”opportunità” che questo appuntamento offre a tutte e tutti noi: superare la logica della “sopravvivenza” della sinistra e aprire uno spazio costituente per l’alternativa possibile. Per fare ciò, suggeriamo due binari su cui incardinare il percorso.

Innanzitutto, la necessità che questo “cantiere aperto” costruisca percorsi federativi tra le realtà formali e informali della sinistra italiana. Se sapremo federare e promuovere processi di autorganizzazione nei territori, allora renderemo possibile “replicare” le buone pratiche a partire dalle comunità locali, dai nessi amministrativi, dal tema centrale della partecipazione e dell’autogoverno per costruire il cambiamento “qui e adesso”. Il tema della federazione può essere l’antidoto alla saldatura, costruita dalle nuove destre europee, tra le istanze delle autonomie locali e le pulsioni identitarie. L’unico modo per rompere questo legame è riuscire a declinare il concetto di autogoverno in chiave di solidarietà e autodeterminazione come ci insegnano le comunità curde che, nella lotta di resistenza all’ISIS, stanno dando prova di eroismo e generosità verso tutte e tutti noi. Le compagne e i compagni di Kobane, infatti, non solo resistono con dignità all’avanzata dello Stato islamico, ma praticano quotidianamente l’alternativa attraverso la straordinaria sperimentazione della Carta sociale di Rojava. Così in Europa dopo la barbarie di Parigi, di fronte al rischio che torni a montare fortemente la retorica razzista e guerresca, dobbiamo tornare a costruire comunità solidali in tutto il continente per ribaltare il paradigma della guerra di civiltà.

Occorre, inoltre, dare priorità assoluta al tema del reddito minimo garantito: uno strumento efficace nella lotta politica per contrastare l’ipnotica e selvaggia flessibilità del governo Renzi imposta dal capitalismo clientelare italiano e dalle tecnocrazie europee, ma anche un elemento di riappropriazione per intere generazioni “senza voce” — escluse dalla rappresentanza — che devono riconquistare il proprio futuro “qui e adesso”. Una battaglia, quella per il reddito, legata a doppio filo con la necessità della riconversione ecologica dell’economia. Reddito potrebbe voler dire affrontare la sfida più radicale che si impone nella dimensione delle aree metropolitane: sperimentare la possibilità di costruire un nuovo modello urbano a partire dalla rigenerazione del patrimonio abbandonato nelle nostre città. Reddito e sostenibilità: due occasioni per rilanciare l’opportunità concreta di trasformare l’esistente.

Essere oggi all’altezza di questa prova vuol dire assumere il compito di sfidare il futuro. Convinti che, per rompere il recinto, sia indispensabile affiancare la ricerca di questo nuovo spazio costituente con la ripresa di una conflittualità sociale diffusa, capace di uscire dal settarismo delle singole istanze locali e contingenti o delle coalizioni sociali in atto.

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