Organizzare SEL per costruire la sinistra del tempo nuovo

Human Factor Lab
Human Factor, per organizzarci
7 min readJan 22, 2015

--

Sel Roma Area Metropolitana

A quasi 10 anni dai primi tentativi di ricomporre una sinistra politica capace di una alternativa di governo, dentro passaggi storici articolati e complessi, come la conclusione del bipolarismo centrato sulla figura di Silvio Berlusconi e sul centrosinistra, è tempo di una valutazione critica di un percorso ormai lungo. Ormai sono più di uno i tentativi più o meno fruttuosi, che hanno avuto la capacità di mantenere in campo i valori di uguaglianza e libertà coniugati con la capacità di trasformazione della realtà e non ridotti ad una mera dimensione testimoniale, e di questi Sinistra Ecologia Libertà è stato, con tutti i suoi limiti, l’esperienza più duratura e solida.

A fronte di questo percorso e della volontà di rilanciare un percorso di alternativa è però necessario verificare come quelle ipotesi di lavoro, dentro il terreno della crisi, si siano caratterizzate per essere nate sulla ricomposizione di spezzoni di gruppo dirigente, sull’incontro di uomini e donne che vogliono far vivere quei valori nella realtà. Questo è un processo necessario, ma non sufficiente. Nella fase storica che attraversiamo, caratterizzata dal populismo e dall’autoritarismo, che diventano fattori determinanti nel tempo della crisi, insieme al leaderismo come collante di una società dispersa, prima ancora che costruire la soggettività politica è quanto mai all’ordine del giorno il tema della costruzione di un popolo, il tema della ricomposizione di blocchi sociali, di domande e bisogni ai quali dare una risposta. Ed è necessario rileggere la partecipazione al governo dei processi amministrativi, locali e nazionali, come strumento di ricomposizione di questo popolo, prima che come obiettivo soggettivo o collettivo. Tutta la sinistra italiana soffre di un drammatico ritardo nel rapporto con la modernità, incapace di disvelare alcune contraddizioni che parlano della nostra capacità di ricomporre quelle fratture: tra beni pubblici e beni comuni, tra liberazione nel lavoro e dal lavoro, tra welfare e workfare, è tempo che, per iniziare un cammino, si trovi la stella polare.

Da questo punto di vista SEL può e deve, come abbiamo ripetutamente affermato, essere il motore per la costruzione di quella sinistra di alternativa e di governo che oggi manca dallo scenario politico, ma per fare questo è necessario recuperare una lettura dei processi economici e sociali capace di guidare l’insediamento sociale di quella sinistra, capace di fornire gli strumenti, nei territori, per indirizzare l’iniziativa politica. Di fronte alla mutazione genetica che Renzi sta operando sul PD, ad un esercizio del governo che punta alla delegittimazione dei corpi intermedi, SEL non può pensare di affidarsi alla diplomazia di vertice o alla manovra politicista, ma deve sapersi mettersi in sintonia e incrociare le domande e l’opposizione che provengono dalla società. Costruire una salda relazione con un mondo del lavoro e della rappresentanza sindacale che, impegnata in un fortissimo scontro sociale, si trova senza una efficace riferimento politico è il primo passaggio che rimette al centro le questioni fondanti di quella idea di sinistra. Per compiere e decidere una profonda svolta organizzativa, serve avere chiaro infatti la strada di marcia. Serve che sia chiaro la scelta di organizzarsi per fare quale oggetto della politica. E serve mettere a tema un rapporto diverso con le Istituzioni e le postazioni istituzionali, anche a livello locale. Dentro le politiche di austerità, che strangolano gli enti locali e la loro capacità di risposta, il campo di gioco di una moderna forza della sinistra è sempre di più la società, il confronto solidale, la capacità concreta di unire risposta ai bisogni e rappresentanza politica. Da questo punto di vista il mutualismo è una proposta tutta politica. Ma se il terreno del populismo è incompatibile con la nostra proposta politica, allora proprio la partecipazione, la grammatica dei beni comuni, l’assunzione della responsabilità collettiva come fattore di democrazia e controllo sociale alla degenerazione può e deve essere il fattore determinante per la ricostruzione di quello spazio politico che chiamiamo sinistra.

Per questo la Federazione di Roma è profondamente impegnata essa stessa in una profonda opera di riorganizzazione, a partire dall’insediamento dei circoli e della loro efficacia di azione sul territorio. Ma questa azione non si svolge depotenziando le strutture intermedie di direzione politica, soprattutto in realtà complesse come le grandi aree urbane. Serve invece un “di più” di azione politica e organizzativa, capace di allargare il campo dell’azione dei circoli e dei luoghi di costruzione della linea politica e di azione.

Da questo punto di vista il processo di riorganizzazione di Sinistra Ecologia Libertà richiede un maggiore sforzo da parte del partito nazionale nel fornire gli strumenti di costruzione del partito nuovo. Le campagne di mutualismo, il processo di costruzione di nuove forme di insediamento sociale non si possono fare in una dimensione di frammentazione e iniziativa autonoma e spesso solitaria dei circoli. Servono strumenti (strumenti associativi, modelli di intervento, convenzioni nazionali con le strutture vicine alla sinistra, servizi di gestione fiscale, occasioni formative, strumenti formativi) che per dimensioni di scala sono molto più efficaci se costruite a livello nazionale. E servono federazioni provinciali che determinino, insieme al livello nazionale priorità e fattibilità, soprattutto se l’azione politica è fondata sulle campagne. Molto spesso le iniziative di raccolta di firme o di campagne politiche di medio periodo si sono rivelate molto al di sotto del potenziale di Sinistra Ecologia Libertà perché vissute, dal corpo della nostra comunità, come una occasione altra dal nostro agire politico quotidiano. Non un pezzo della linea, ma un corpo separato alla discussione reale che si svolgeva nei territori. Da questo punto di vista strumenti di raccordo più efficaci e bidirezionali, come banalmente il coordinamento delle federazioni, non sono stati, in questi anni, esercitati.

La scelta di comprimere i corpi intermedi del partito avrebbe come drammatico effetto un eccesso di autonomizzazione della dimensione istituzionale. Se la centralità dei circoli e quindi dei territori sono fondamentali, essi possono e devono operare in una dimensione reticolare con le mille altre forme di impegno politico e sociale che nel territorio si dispiegano. Per questo all’albo della sinistra può e deve corrispondere una rete delle buone pratiche. E perché questo si realizzi serve una funzione propulsiva che non può essere limitata a chi nel territorio già opera. Un livello nazionale che fornisce strumenti, cognitivi e tecnologici, un livello di federazione che si fa forza propulsiva di un nuovo insediamento sociale, un livello territoriale e di circolo che costruisce materialmente le risposte ad una società in crisi, un livello istituzionale che mette a disposizione il mandato in un ottica concreta di rappresentanza di interessi generali, in modo generoso e non particolare, una società organizzata o meno che trova concreta risposta a domande che nella crisi emergono come prepotenti. Queste sono tutte condizioni necessarie alla sfida complessa che abbiamo davanti.

Ma questo non risolve il grande problema di comprensione della realtà, il ritardo con il rapporto con la modernità che abbiamo accumulato in questi anni. Troppo spesso nelle nostre assemblee sentiamo dire come sia necessario tornare al novecento. Ed è ovvio. Quello è stato un tempo di liberazione, è stato il tempo della lotta partigiana e delle grandi sollevazioni, è stato il tempo dei diritti e della redistribuzione, e il nostro al confronto sembra così buio, e il futuro così fragile. Ma il nostro tempo è questo. È un tempo complesso, fatto di dominio e sfruttamento, di austerità per tanti e di ricchezza per pochissimi. Ma è un tempo dove l’intelligenza collettiva può, più efficacemente di ieri, darci risposte concrete e realistiche. Formazione, capacità di ascolto, forum di discussione reali e virtuali, luoghi di costruzione di proposte condivise. Sono tutti fattori che in questi anni tumultuosi abbiamo abbandonato, a livello locale e nazionale. La rete degli amministratori locali è da questo punto di vista un buon inizio, ma bisogna allargare questo modello reticolare a tutte le diverse articolazioni e funzioni della nostra comunità e, ancora oltre dello spazio largo della sinistra. Superando, o almeno integrando le forme della nostra discussione, spesso rituali e stanche, teatrali e inefficaci.

Il superamento della crisi della democrazia passa quindi attraverso noi, il nostro modo di agire, le nostre pratiche, la costruzione di luoghi di azione diretta e non di sola mediazione con il livello della rappresentanza. Se è necessario aggiornare il nostro indirizzo congressuale per dispiegare fino in fondo la costruzione della alternativa ai populismi, siano essi di marca renziana o neri come ciò che si addensano alla destra dell’arco costituzionale (e oltre esso), è necessario investire sulla credibilità di SEL e della sinistra che verrà, ridando senso all’idea di aderire ad una impresa collettiva. E questo significa costruire insieme, comprendere insieme, ma anche decidere insieme. Il tema quindi non è quello della consultazione, ma della codecisione con altri, assumendo fino in fondo il modello di rete, dove l’interesse di chi si avvicina, di chi diventa un nodo, può essere particolare, puntuale (un servizio, una campagna, un singolo punto di vista), ma anche quel contributo è prezioso. Questo è il punto di vista sulla base del quale definire anche le regole di vita interna, che devono essere più stringenti nel funzionamento della vita dei circoli (che esistono come parte integrante dell’iniziativa politica di Sinistra Ecologia Libertà, non come autonomie solitarie o articolazioni interne al dibattito congressuale) e più laiche (ma verificabili) nella gestione del tesseramento. Gli iscritti di SEL sono un grande patrimonio a disposizione della sinistra che verrà, non in ragione del loro numero, ma in ragione della loro intelligenza. Ma allo stato delle cose non abbiamo gli strumenti statutari e tecnologici per valorizzare fino in fondo quella pur piccola, ma preziosissima domanda di partecipazione che loro rappresentano.

Per produrre questo processo serve, come scrivevamo poche settimane fa, un’altra Sinistra ecologia libertà, che superasse la dimensione federativa, fatta di comunità diverse spesso in competizione tra loro, con contraddizioni e conflitti che ci hanno portati tutti fin qui. Ma passare dalle comunità di SEL alla comunità di SEL, e traguardare alla costruzione di una sinistra più larga e aperta, più efficace e moderna è un processo, non una volontà. Sinistra Ecologia Libertà deve e dovrà essere sempre pronta al proprio superamento, ma tale processo non può passare unicamente dalla sommatoria di gruppi dirigenti. Serve una SEL diversa, perché non dobbiamo rifondare la sinistra del passato, ma costruire la sinistra del tempo nuovo.

--

--