Il ritorno dei Red Hot Chili Peppers e altre sette canzoni fra amore e morte

Settimana #8 (13 giugno > 19 giugno)

HVSR Staff
Humans Vs Robots
Published in
6 min readJun 13, 2016

--

La novità della settimana? Una nuova canzone dei Red Hot Chili Peppers che anticipa l’album The Getaway. Sinora si sono sentiti tre pezzi e i giudizi sono stabili sul «ni». Vedremo. Settimana scorsa, sentendoci in colpa per avervi fatto ascoltare musica cupa, vi abbiamo promesso canzoni d’amore. Siccome siam gente di parola, eccole. Solo che, come dire, sono tutte vagamente inquietanti, parlano d’amore e pure di morte. Meno male che ci sono gli Slander, dei tizi «banned in Lagoon» (nel senso di Venezia) che picchiano duro e non danno tempo d’intristirsi, e i Big Big Train, che tengono alto il vessillo del prog anni ’70. Promesso: lavoreremo sul concetto di ottimismo.

1. Red Hot Chili Peppers

We Turn Red

Funk-rock contro i peli superflui

Attorno a The Getaway c’è un forte clima di sospetto: molti detrattori — ma anche ex fan — sono pronti ad accogliere l’album del ritorno (dopo cinque anni) con vegetali di ogni tipo. Chi ha ascoltato l’intero album non riesce a nascondere un certo spiazzamento per la svolta (neo?) melodica del quartetto. Che prontamente pubblica un rassicurante singolo muscolare, con batteria alla John Henry Bonham, incedere vocale alla Can’t Stop e testo tipicamente fulminato. Molti commentatori su YouTube ironizzano sul fatto che le liriche non citino la California. «Però citano il Messico come vicino di casa, in fondo è come un sinonimo», osserva qualcuno. (Paolo Madeddu)

2. Cat’s Eyes

Drag

Sì, l’idea era fare un pezzo pop disturbante

La cronaca di questo periodo brulica di relazioni che finiscono malissimo, e virate in tragedia dal componente maschile della coppia. Difficile negare che molti vedano una componente di romanticismo nell’amour fou, che la musica ha non di rado cavalcato. Ma di fatto l’accostamento tra questa canzone di Faris Badwan degli Horrors e Rachel Zeffira, con il suo sapore di pop francese anni ’60, e il brutale video che l’accompagna crea un effetto disturbante. Valutate voi. (Paolo Madeddu)

3. Bat for Lashes

Joe’s Dream

Natasha Khan, scene da un matrimonio. Spoiler: finisce male, ancor prima di cominciare

Se è una canzone d’amore perché suona come la colonna sonora di un thriller? Joe’s Dream fa parte del concept album The Bride dove si racconta la tragica storia di due amanti: lui muore mentre sta raggiungendo lei sul luogo del loro matrimonio. In questo pezzo Natasha Khan cammina sul confine sottile fra amore e morte: in un’atmosfera sospesa fra sogno e realtà, si cala nei panni della promessa sposa e pare raccontare una premonizione del fidanzato in una notte uggiosa carica di riverberi e presentimenti. L’album esce il 1° luglio. Qualcosa mi dice che non conterrà tormentoni estivi. (claudio.todesco)

4. Lisa Hannigan

Prayer for the Dying

Siamo persone serie, ma talvolta rimpiangiamo di non avere a disposizione i cuoricini come su Facebook e Twitter…

Perché vuoi farci venire il magone, Lisa? Perché ci culli con questa musica nostalgica e densa di ricordi, languida e struggente? Perché ci racconti della morte di un amico quando vorremmo sentirti cantare di vita e di amore? Ci lasci disarmati di fronte alla bellezza semplice e composta di questo pianoforte e di questa chitarra slide, e sai che di questo struggimento ne vorremmo ancora e ancora e ancora. Ti aspettiamo il 19 agosto, quando uscirà The Swim. Sappiamo che l’ha prodotto Aaron Dessner dei National. Sarà meraviglioso. (claudio.todesco)

5. Slander

Bad Weather

Supereroi contro la Municipale (photo by Rigablood)

Hardcore (metallico, quanto basta) from Venice. No: non Venice Beach. Venezia, quella vera: canali, ponti, calli, Piazza San Marco, bacari, ecc. Gli Slander ci mettono cuore, cervello e soprattutto ironia. La canzone va immaginata sotto un palco un po’ così, in un locale o centro sociale un po’ così — sudati, fradici di birra del discount e con il gruppo che vi salta letteralmente in testa. Alla fine i ragazzi vincono attraverso un video spassoso, con un inseguimento stradale degno dei migliori film polizieschi americani. Se i Bad Brains erano «banned in D.C.», loro sono «banned in Lagoon». (Angelo Mora)

6. Dylan Carlson

Reynard the Fox

Chiamalo hipster e ti spegnerà la cicca addosso

Dylan Carlson — fondatore e leader degli Earth, pionieri del culto drone metal — era amico personale di Kurt Cobain. E, sì: era tossicodipendente pure lui. Storia vecchia, ma che rischia puntualmente di sminuirne o ingigantirne il talento (a seconda dei punti di vista). Qui il musicista di Seattle è in versione solista, e autoprodotta, alle prese con alcune ballate della tradizione folk inglese e scozzese. Quelle più sinistre e spettrali possibile, ovvio: un po’ come se i Black Sabbath e i Melvins fossero stati dei lugubri menestrelli medievali. Una sottile questione di vibrazioni che, alle giuste condizioni, può sortire interessanti effetti meditativi e trascendentali. L’America non da cartolina. (Angelo Mora)

7. Big Big Train

Folklore

I Big Big Train: quelli con i capelli stanno a destra, quelli senza a sinistra

Il progressive rock può non essere, oggi, il genere più popolare del mondo — d’altra parte negli anni Settanta ne abbiamo tutti fatto una qual certa indigestione — ma è ancora alive and kicking, tanto per citare gratuitamente Jim Kerr. Ed è così anche grazie a gente come i BBT, che sui dischi di Genesis, IQ e Van Der Graaf Generator ci ha eretto una carriera. Una via di mezzo tra una comune (sono in otto!) e un supergruppo (basti citare Dave Gregory, ex XTC; e Nick D’Virgilio, ex Spock’s Beard), attivi dal 1990, ora con Folklore ripropongono la loro idea di prog rock: derivativo, certamente, ma pieno di incredibili linee melodiche, davvero alla portata della maggior parte dei palati (e che i progster fighetti si ascoltino i Closure in Moscow). (Francesco Eandi)

8. Fews

The Zoo

No, non è una scena di “Control” di Anton Corbijn

Arriva l’estate, ma questo non cambierà la vita di un convinto shoegazer, pronto a entusiasmarsi (o, coerentemente, a deprimersi) per la padronanza con cui i giovani svedesi Fews applicano le direttive dei Joy Division con un occhio ai loro discepoli più recenti, dagli Interpol ai DIIV. Disagio nelle chitarre, disagio nel basso, nella voce, persino nella batteria. Se il genere scorre mestamente nelle vostre vene, non potrete non rispondere a questa convocazione. (Paolo Madeddu)

Poi ci sarebbe anche il nuovo pezzo degli Stone Roses (eccolo) e un intero album dei Garbage che a quanto pare piace un po’ a tutti. E comunque, per chi capitasse qui per la prima volta, qui sotto c’è lo spiegone sul perché e sul percome del progetto Humans vs Robots.

--

--