Cosa c’entra Naomi? Naomi c’entra sempre. Punto.

L’anglo-americana che fa piangere Naomi Campbell, l’italiano che fa ballare Paul Simon, e altri raccomandati (da noi)

Settimana #2 (2 maggio > 8 maggio)

HVSR Staff
Humans Vs Robots
Published in
5 min readMay 2, 2016

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Siccome oramai non s’ascolta più un solo genere musicale, e vorrei anche vedere se con tutta la musica che c’è a disposizione uno si limita a sentire cantautori texani o gruppi punk-rock californiani, ecco otto pezzi diversissimi fra loro, legati esclusivamente dalla nostra incrollabile convinzione che valga la pena ascoltarli. Ci abbiamo messo dentro nomi grossi — le canzoni di Paul Simon e Antony andavano spiegate — e gente sconosciuta, una jazzista che fa rock e una cantante neo soul, un musicista klezmer e quel gruppo lì, quello che fece il video tipo Happy Days. Have fun.

Se poi volete conoscere qualcosa di più riguardo al progetto Humans Vs Robots, vi rimandiamo a questo post:

1. Anohni

Drone Bomb Me

Quest’uomo, anzi questa donna, e insomma Anohni sa come far piangere Noami Campbell

Una bimba afgana perde i genitori, ammazzati da un drone americano. E confonde i suoi carnefici implorando loro di farle fare la fine di mamma e papà, un modo molto femminile di gestire rabbia e impotenza, o almeno così afferma l’autore. Che poi sarebbe Antony Hegarty: ha cambiato nome e anche un po’ stile, ma la voce no, per fortuna. Ah, ora chiede che si usi il pronome femminile quando si parla di lei, e nel video fa piangere Naomi Campbell. ()

2. Yom

Wayfaring Kid

Music to eat knishes to make music to eat knishes…

Racconta Yom, clarinettista francese di origine ebraica, volto e suono della musica klezmer d’oltralpe, che con l’ultimo disco (Songs for the Old Man) ha voluto omaggiare la figura del padre, emigrato negli USA negli anni ’50. Il risultato è notevole: un connubio tra musica yiddish e chitarre rock, tra melodie tradizionali e slide guitar: un cocktail tanto strano sulla carta quanto efficace nei risultati. Un po’ come gli knish di patate e spinaci assaggiati nel ristorante del ghetto. ()

3. Wayfarers

The New Originals

«Let’s get this party started», come dicevano i Korn. Che per altro non ascolterebbero mai i Wayfarers

Nonostante il titolo, di originale i Wayfarers non hanno davvero molto; un vago sentore Bangles nella voce e per il resto ampiamente catalogabili alla voce “indie pop”, sezione “molto pop e poco indie”. Eppure The New Originals non passa inosservata: un singolo perfetto per un album che… ah, già, non si fanno più album. ()

4. Esperanza Spalding

Good Lava

Il ricordo della vecchia Esperanza si sta come sbiadendo

La versione di Esperanza: lei è la montagna ed Emily, l’alter ego attraverso il quale libera le proprie energie artistiche, è la lava. Mmm, sarà, ma l’invito rivolto al lone ranger a visitare «il mio bel monte» (di Venere?) sa di sesso. Col suo power trio Spalding produce un caos sublime, con intrecci di chitarra e basso elettrico vagamente in area King Crimson e scelte armoniche che ti fanno traballare. Ma non era una ragazza quieta, questa Esperanza? ()

5. Paul Simon

Wristband

Ecché, secondo te non sappiamo che questo non è Paul Simon? È quell’altro, di cui si parla sotto

La storia è questa: Paul Simon esce dalla sala dove sta per esibirsi a farsi una sigaretta e controllare la posta sullo smartphone, «sempre che riesca a leggere lo schermo», giacché tiene una certa età, sono 74. La security non lo fa rientrare perché non ha il braccialettino all areas. L’incidentello è metafora di come va la società di questi tempi, ma la roba forte è la ritmica. Orgoglio italico: è opera di Clap! Clap!, vero nome Cristiano Crisci. ()

6. Xenia Rubinos

Lonely Lover

D’accordo, la canzone è decisamente più sciccosa della cantante

Prima la linea di basso che pare plastilina sotto le dita del musicista. Poi quel ritmo, secco e chic. E quindi la voce alimentata a sorsi di Aguardiente, un timbro jazzato che pare uno strumento a fiato, coi coretti neo soul che le svolazzano attorno. Lonely Lover sta là, dove l’eleganza intercetta la cultura di strada. Ah, quanta coolness… Orgoglio italico 2: lei è una New Yorker, lato Brooklyn, ma il video l’ha girato Francesco Lettieri a Naples, Italy. ()

7. Weezer

Thank God For Girls

Ve li ricordate quando suonavano Buddy Holly nel video di Happy Days?

Oh, i Weezer. Bravi senza esagerare, ironici senza essere dei cazzoni tristi di mezza età, mainstream per modo di dire. Pop punk? Power pop? Indie pop? In undici dischi di carriera hanno fatto un po’ tutto. Non te ne puoi innamorare, ma di certo qualche flirt è concesso. Questo è uno di quelli (anche se guardando il video non può che venirti in mente Jesus He Knows Me dei Genesis, e allora ti ricordi che l’amore è un’altra cosa). ()

8. Skyes

Give Me More

Non sono belli ma piacciono

Piano, voce, e un costante incedere sincopato di sfondo. La linea melodica, minimale, si ripete in un crescendo ipnotico per poi assestarsi su un tappeto ritmico di suoni stratificati. Una piccola gemma ad opera degli Skyes, quartetto della Grande Mela dedito a un onesto electro-pop con alcune belle intuizioni. Ad esempio questa. ()

Caso mai ve le foste perse, immediatamente dopo aver fatto ammenda e severa opera di contrizione, consultate le raccomandazioni della settimana precedente:

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