Steve Vai nella famosa posizione del cosacco con pubalgia

Steve Vai, Agnes Obel, Bruce Hornsby, Arca: otto canzoni per scordare Italia-Germania

Settimana #11 (4 luglio > 10 luglio)

HVSR Staff
Humans Vs Robots
Published in
6 min readJul 4, 2016

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Non la prenderei come un’informazione certa, ma a quanto pare la rincorsa di Simone Zaza prima di battere il rigore in Italia-Germania rappresentava un tentativo di ballare sul ritmo di Bop! di Steve Vai. Questa settimana ce la mettiamo tutta per farvi scordare la delusione degli Europei di calcio offrendovi eleganza (Agnes Obel), grande musicalità (Bruce Hornsby con Mavis Staples), talento (Sara Watkins), pop (Sleeping Wolf), un bel po’ di rumore (Obsessed, Temporal Sluts) e una bella stranezza da Arca, il produttore di Caracas che ha contribuito a rendere grandi Yeezus e Vulnicura.

1. Steve Vai

Bop!

Faccia da bastardello che pensa: «Ma te sei capace di suonare così?»

Fermi tutti. Prima di passare oltre dicendo «che noia gli shredder» ascoltate Bop!, un traccia risalente al periodo in cui Steve Vai suonava con Frank Zappa e che il chitarrista ha di recente rimesso a nuovo. Ci trovate talento mostruoso, musicalità, ritmo, gran divertimento. Un gioco di prestigio fra rock e jazz nato quando la Roland chiese a Vai di scrivere qualcosa per una nuova chitarra sintetizzatore. Suonicchiate uno strumento e volete sentirvi male? Sappiate che la bassista si chiama Mohini Dey e ha a malapena 20 anni. ()

2. Agnes Obel

Familiar

Acqua, sapone e due occhioni blu da perdercisi dentro

Cos’è l’eleganza? Ecco, Familiar — prima uscita pubblica dopo Aventine di quasi tre anni fa — è “solo” un gran bel brano, non un pezzo che rimarrà sempiterno nella storia della musica; eppure è l’incarnazione dell’eleganza in forma di suono, e cantato, e arrangiamenti. Il pizzicato del violino, l’accompagnamento del violoncello, quella stessa linea melodica che si ripete quasi in forma di canone. E Agnes che duetta con se stessa, ma due ottave più sotto (alla The Knife / Fever Ray, per capirci). Elegante, elegante, elegante. ()

3. Bruce Hornsby

Celestial Railroad

Lo ricordavo fatto in modo diverso, il pianoforte

Dove Bruce Hornsby, il cantautore-al-pianoforte preferito dai quarantenni col pallino per la musica americana, imbraccia il dulcimer, imbastisce un suono roots meravigliosamente articolato e riprende in mano un pezzo scritto negli anni ’90 per gli Staples Singers. Per interpretarlo chiama la voce immensa di Mavis Staples. Lui è andato a trovarla a Chicago e hanno chiuso la faccenda in un paio d’ore, comprese le chiacchiere sui bei tempi andati. Provateci voi. ()

4. Sara Watkins

Young in All the Wrong Ways

Un tempo non aveva quest’aria da hipster, la nostra violinista

Lei dice che è uno «status check». Noi diciamo che è una canzone sul subbuglio emotivo, sulla voglia di prendere in mano il proprio destino, sul passaggio dai sogni di ragazza alla vita adulta. «I’m going out to see about my own frontier», canta Sara Watkins mettendoci dentro forza e un pizzo d’amarezza e quasi ci si scorda che è stata l’aggraziata violinista dei Nickel Creek, a fianco del fratello Sean e del mandolinista Chris Thile. Nell’album, che ha lo stesso titolo del pezzo, ci sono Jim James dei My Morning Jacket e Jon Brion. ()

5. The Obsessed

Be the Night

Lock up your daughters

Nell’ansiosa rincorsa ai nuovi Nirvana da parte dell’industria discografica americana, negli anni ’90 persino gli Obsessed incisero per una major — sfornando peraltro l’ottimo The Church Within. Il loro habitat naturale è l’underground, tuttavia, dove il leader Wino è forse l’unico, legittimo erede di Lemmy in versione acida. Fra una band e l’altra (Saint Vitus, Shrinebuilder, Premonition 13), un progetto e l’altro (graziose le parentesi acustiche con Conny Ochs) e qualche disavventura con la legge (nel 2014 fu arrestato in Norvegia per possesso di undici grammi di metanfetamina), la voce del cantante del Maryland rimane caratteristicamente ossessiva e abbrustolita. E quando lo sciamano del doom è in vena, il viaggio è sempre più importante della meta. ()

6. Temporal Sluts

Fractured Mantra

Non li vedrete mai al concerto del Primo Maggio

Occhio che l’avete già sentita troppe volte: se fossero nati in America… In questo caso è vera, però: poca differenza fra Lombardia e Ohio quando hai i riff giusti, le linee melodiche azzeccate, i ritornelli vincenti, la sezione ritmica che spinge come un treno in corsa e le palle che fumano. I Temporal Sluts sono uno dei segreti meglio custoditi dell’underground italiano, fin dal 1995; oggi è arrivata l’ora di spargere il verbo, se possibile non solo fra gli adepti dei vari Saints, Dead Boys, New Bomb Turks e D Generation. Tanto per giocare ancora con i “se”: se Fractured Mantra fosse uscita nell’ultimo dei Backyard Babies, avrebbe risvegliato gli svedesi dal loro stucchevole torpore. Invece, è una delle dieci tracce di Modern Slavery Protocol. Anche nel rock, spesso, è la fame che fa la differenza. ()

7. Sleeping Wolf

Love Is the Cure

Ogni cosa è illuminata, tanto per citare Jonathan Safran Foer

Duo californiano di sedicente alt pop (più pop che alt, comunque), i Lupo Dormiente (…) hanno pubblicato gratuitamente questo pezzo dedicandolo alla memoria delle vittime della strage dello scorso 15 giugno, al Pulse Nightclub di Orlando. L’amore è la cura, dicono. Probabilmente hanno ragione, anche se il concetto non sembra avere tutti questi sostenitori in giro per il mondo. Ma anche se insensibili ai nobili contenuti e alle ancor più nobili motivazioni (chi vuole è invitato a fare una donazione presso il http://nationalcompassionfund.org), se non cedete alla tentazione di liquidare come roba da fighette certo pop sofisticato e ben prodotto, alla Savage Garden per intenderci, preparatevi a canticchiare e ricanticchiare il refrain per una quindicina di giorni. ()

8. Arca

Sin rumbo

No, non è un pezzo allegro

Il produttore più à la page del momento è il venezuelano Arca, autore di un paio di dischi acclamati che si chiamano Xen e Mutant e collaboratore di Kanye West in Yeezus e di Björk nell’ultimo Vulnicura. Ama i colori scuri, i pezzi costruiti con lentezza, la bellezza deformata. Qui mette assieme una base inquietante delle sue con un cantato (sempre suo) in lingua spagnola su vicinanza e distanza emotiva: il massimo della freddezza unita al massimo del pathos. C’è anche un video diretto da Jesse Kanda. ()

Bonus track: Augustine di Blood Orange, ovvero Devonté Hynes (Lightspeed Champion). Così sapete di che roba si tratta nel caso il vostro amico fichetto vi dicesse che Freetown Sound è il disco del momento. Voi spiazzatelo chiedendogli che cosa significano gli ultimi due versi della canzone «Nontetha, kushé-o aw di bodi / Nontetha, aw di fambul dem?» (soluzione, più o meno: «Ciao, come stai? Ciao, come va la famiglia» in lingua krio della Sierra Leone).

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