L’AR batterà la VR.
Prima della VR e dell’AR full’immersive, l’AR sugli smartphones sarà la nuova regina del costumer world.
Abbiamo parlato di PokemoGo e tutti noi conosciamo SnapChat. Bastano queste due applicazioni per affermare di aver usato applicazioni mobile con Realtà Aumentata incorporata.
Bravi, siete nel futuro.
Facciamo uno step più in avanti — siamo da Google e ci troviamo tra le mani l’ARCore e se facciamo pure un giro da Apple ci scappa un’ARKit.
Gli occhi, negli ultimi tempi, si sono puntati qui: VR e AR.
Per chiarire, la Realtà Virtuale è la creazione di un intero piano di realtà immersivo all’interno del quale non è presente alcun elemento della realtà esterna.
La Realtà Aumentata è, invece, l’inserimento di elementi virtuali nel piano di realtà attuale che sperimentiamo tutti i giorni. È come metterci un filtro sopra.
Concentriamoci, infatti, sul concetto di filtro.
La AR sarà la vera vincitrice, in questi anni, del mondo dei consumatori — sarà la prima a conquistarne il cuore in larga scala.
Come mai?
Procediamo con ordine.
Punto uno: un nuovo paradigma.
Rispetto alla VR, l’AR si inserisce in maniera più soft nell’esperienza utente attuale.
La VR coinvolge completamente i piani sensoriali e forza l’utente a sperimentare nuovi scenari — è come se adesso vi prendessimo e vi scaraventassimo in una stanza a Bombay dove dovrete lavorare per qualche ora per poi ritornare sul vostro divano di casa.
La VR comporta un complesso processo di adattamento della mentalità utente che, di sicuro, la mamma o il professore di scienze delle medie non sono così pronti ad accettare — la VR non è ancora una tecnologia per tutti.
Gamers, ricercatori, medici, scienziati stanno già gongolano con i loro gadget e programmi in VR, ma sono professionisti, sono una nicchia.
Hanno le skills e il background per capire i processi in VR e ricavarne fuori un’esperienza sensata e connessa ai loro scopi.
Un consumatore medio non potrà usufruirne ancora, dal momento che non esistono tutt’ora patterns completamente user-friendly nell’esperienza VR e l’accessibilità e usabilità dei programmi e strumenti per accedervi è ridotta.
Punto due: le tecnologie.
Vi capita mai di indossare uno scafandro da immersione del XIX secolo nel quotidiano?
No? Ecco, lo stesso vale per un VR headset, almeno nel futuro prossimo e nei giorni d’oggi.
I visori per la VR sono ingombranti, impossibili da usare agevolemte al di fuori di un ambiente controllato e sono troppo costosi in rapporto al’uso che si può farne oggigiorno.
Per ambienti di nicchia sono strumenti importantissimi e rivoluzionari, lo ripeto, ma per un contesto costumer-oriented sono proibitivi.
E l’AR?
Bè, l’abbiamo detto a inizio articolo — per l’AR basta uno smartphone. Come quando vogliamo farci la selfie #1765 con quel carinissimo filtro del bambino che piange cetrioli su Snapchat o come quando ci spawna un Rapidash sulla Linea Gialla della Metro e dobbiamo per forza farci venire il tunnel carpale per catturarlo.
È tutta Realtà Aumentata ed è tutta nella vostra tasca.
Carino vero?
Punto tre: strumenti per sviluppatori.
È vero — anche per VR si può già programmare, ma è complicato e non ci sono paradigmi e patterns universali.
Per la VR non è così immediato sviluppare.
E per l’AR?
Ci hanno pensato Google ed Apple (Microsoft sta probabilmente macchinando qualcosa, con i suoi tempi da Internet Explorer, perchè il suo nuovo Fluent Design System strizza con troppo poco pudore l’occhiolino alla realtà aumentata).
In breve tempo, hanno sfornato caldi caldi dei framework che rendono molto più rapido e agile sviluppare applicazioni per i rispettivi sistemi operativi in AR.
iOS 11 introduces ARKit, a new framework that allows you to easily create unparalleled augmented reality experiences for iPhone and iPad.
Così chiosa Apple.
ARCore is a platform for building augmented reality apps on Android.
E così Google.
È come quando hanno fatto uscire le loro librerie per sviluppare app per iOS e Android in quell’era geologica che era il 2009.
E rendere facile il lavoro degli sviluppatori vuol dire “Hey, presto avremo molte più app che usano l’AR di oggi *wink wink*”
Pattern di usabilità mediati dall’attuale mondo degli smartphone, maggiore predisposizione dell’utente, un’inserimento soft e strumenti per sviluppatori pronti — sono i giusti ingredienti che rendono la realtà un prodotto che i consumatori vogliono, sono pronti e (molto probabilmente) capaci di usare nel quotidiano e che i developers sono in grado di usare.
Guardate il nuovo iPhone X con iOS 11 — oltre a tutte le nuove features, è un device per consumatori pompato di realtà aumentata.
Cosa vuol dire questo per noi designer?
Versatilità e prontezza.
Molti paradigmi rimangono gli stessi, ma nuovi si stanno aggiungendo e altri o cambiano o spariscono.
Non smetteremo di usare Sketch, Principle, Flinto, i tools online, le color palette e le UI pattern — ma di sicuro sarà molto utile inziare a snasare un po’ il linguaggio tecnico degli sviluppatori, vedere come i kit AR maggiori funzionano e quali sono i loro paradigmi, cercare di approfondire le proprie conoscenze sulla psicologia della percezione e delle abitudini di uso dell’utente.
L’AR sfonda lo schermo e si avventura in territori che molto spesso gli UI e gli UX designers prenodono poco in considerazione.
Sono necessarie nuove conoscenze e, in aggiunta, nuove skills pratiche.
Datevi una letta e provate a usare Unity — magari, se siete pratici di codice, iniziate a esplorare le librerie e le linee guida di Apple e Google e, soprattutto, ampliate il vostro mindset al di là dello schermo e dell’interazione classica, perchè ormai è stata infranta.
Nei prossimi articoli, vedremo di affrontare alcuni degli elementi da tenere in considerazione per quanto riguarda lo sviluppo di app per AR su mobile.