Je suis Philip Anselmo

Siamo davvero capaci di accettare l’opinione contraria alla nostra? Siamo davvero capaci di difendere il diritto di esprimere un’idea anche quando la riteniamo sbagliata?

Andrea Wierer
I miei #2Cent
2 min readFeb 5, 2016

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Evelyn Beatrice Hall, scrittrice britannica (1868–1956), scrisse:

Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo

Con queste parole, attribuite erroneamente a Voltaire, ci rempiamo oggi la bocca dandoci un tono da intellettuali. Ma, ahimè, ogniqualvolta ci imbattiamo in un pensiero diverso dal nostro mettiamo bellamente da una parte il rispetto per la libertà di pensiero dell’altro e ci ergiamo a giudici morali del prossimo.

Il fattaccio
Venerdì 22 gennaio 2016. Ride for Dimebash, Hollywood. Phil Anselmo, ex cantante dei Pantera durante l’evento in ricordo di Dimebag Darrel, chitarrista della band assassinato l’8 dicembre 2004 a Columbus, Ohio. Anselmo, che non è quel che si dice una personcina equilibrata, ma rimane uno dei più grandi frontman nel panorama metal di tutti i tempi, durante la performance di Walk fa il saluto romano e inneggia al white power.

Le conseguenze
Purtroppo per il povero cantante i guai sono appena cominciati. Il festival olandese FortaRock annuncia che i Down, attuale gruppo di Anselmo non sono più i benvenuti tra le fila delle band che avrebbero dovuto prendere parte all’edizione 2016 del festival. Pochi giorni dopo appare su change.org una petizione per escludere la band anche dal Download Festival nel Regno Unito.

Le nostre paure
Il problema non è Anselmo, figura discutibile e provocatoria. Il problema è che esistono idee che sono più idee di altre. Il problema è che finché la politica sul palco la portano Rage Against the Machine o 99 Posse va tutto bene. Ma se lo fa qualcuno che inspiegabilmente non la pensa come loro allora è scandalo!

Il fatto è che esistono idee giuste, e le altre bisogna censurarle. Questo è un fatto, ed è un fatto molto triste…

Questo è l’imbarazzo di una pratica (la censura) che dal dopoguerra ci portiamo dietro. È l’imbarazzo creato da idee e movimenti che noi abbiamo partorito e reso possibili. Abbiamo paura di queste idee perché non abbiamo una coscienza storica, perché accettarle vorrebbe dire renderci corresponsabili di una prima metà del XX° secolo non proprio brillante, ma che pur sempre rimane una parte della nostra storia.

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Andrea Wierer
I miei #2Cent

Papà, expat in Svezia, social media strategist freelance e barefoot runner! Non necessariamente in quest’ordine www.andreawierer.com