Per sentire altrimenti il silenzio

Dall’introduzione a “I Sensi del Silenzio” di Duccio Demetrio, una riflessione personale sul nostro rapporto, fatto di giochi di specchi, con il silenzio

Andrea Wierer
I miei #2Cent
3 min readDec 18, 2015

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Ho scelto come titolo per questo breve articolo, il titolo del primo capitolo di un libercolo di Duccio Demetrio intitolato I Sensi del Silenzio. Mi ha colpito fin da subito la parola altrimenti, e ancor prima di iniziare a leggere mi sono chiesto posto la domanda: esistono più modi di sentire il silenzio? Credo che quando un autore riesce a farti iniziare la lettura con una domanda abbia già ottenuto metà del successo al quale avrebbe potuto aspirare.

Il silenzio va oltre ogni paradosso. È ambiguo e inafferrabile per vocazione. In quel suo eterno rinascere per poi scomparire, nel rimpianto di averlo perduto. O, all’opposto, senza che un accenno di pena per la sua mancanza ci assalga.

Il silenzo di Demetrio è un silenzio tutt’altro che passivo. È un silenzio che interroga, o per lo meno ci pone di fronte all’imperativo della domanda. È una pausa di fronte alla quale non possiamo non reagire, irresistibile horror vacui, che impone una reazione rilevante. L’interrogativo assordante del silenzio reclama una nostra reazione.

Il silenzio è sempre alla ricerca di un linguaggio, di una grammatica biunivoca per dirsi. ma poiché la parola non gli appartiene, chiede a noi in prestito le definizioni di cui non può disporre.

Il silenzio è in fin dei conti appello, ed è probabilmente questa la sua caratteristiche che incute maggiormente timore. Ma appello a cosa? A cercare il suo proprio linguaggio? A cercare una risposta? A dargli un volto?

Se accettiamo di vivere il silenzio con consapevolezza, se anzi andiamo a cercarlo, tanto più non potrà che diventare esso stesso argomento delle nostre analisi.

Non significa allora tradirlo con il rumore indiscreto dei nostri pensieri e delle nostre parole? Non è qui il pensiero galvanizzato dal silenzio stesso? Sembra che le parti si siano invertite in questo gioco di specchi. È il momento stesso in cui raggiungiamo il silenzio, l’inizio del nostro pensiero, libero però dai rumori di fondo. L’orcherstra si zittisce, il violino solista è ora protagonista indiscusso della scena.

All’opposto, vi sono coloro che entrati in contatto con luoghi, momenti della vita, persone silenti, trovano qui, per loro scelta o per fortunato accidente, un’occasione propizia alla concentrazione, all’osservazione, all’ascolto.

E se invece non rispondessimo all’appello? Ma silenziosamente ci spostassimo dalla parte del silenzio? Se tradissimo l’horror vacui, impaziente di ricevere risposte? Se di fronte al silenzio ci facessimo noi stessi silenzio? Forse il problema non è neppure questo, bensì una certa permeabilità tra noi e il silenzio. Perché quando ci troviamo di fronte ad esso, indipendentemente da come reagiamo, qualcosa in noi cambia. Un po’ di silenzio entra in noi (non ci è dato sapere se un po’ di noi entri nel silenzio) e ciò che ne esce, tra parole e pensieri, è un respiro che si protrae nel tempo.

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Andrea Wierer
I miei #2Cent

Papà, expat in Svezia, social media strategist freelance e barefoot runner! Non necessariamente in quest’ordine www.andreawierer.com