I miei interessi stories: Annika Sörenstam

La grande golfista guarda la sua magnifica carriera.

Conto Facto
I miei “interessi”
3 min readNov 2, 2017

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La giocatrice più timida dello sport ha conquistato la scena, si defila di fronte ai riflettori Annika Sörenstam, golfista svedese che ha provato a nascondere la paura della ribalta, capendo che il suo destino non era a bordocampo.

“Era sempre il gioco a contare. Non lo facevo per attirare l’attenzione su di me, bensì perché amavo giocare, sapevo di poter migliorare ed ero decisa a raggiungere i miei obiettivi.”

Cresciuta in una famiglia di atleti, l’imbattibile giocatrice ha scritto la storia del golf, come l’unica donna a vincere 60 tornei e la prima a gareggiare nel PGA Tour.

“Avevo una famiglia molto competitiva. Mia madre era una campionessa di golf.

Giocava anche a pallacanestro e mio padre faceva di tutto, come atletica, palla a mano, che è più seguita in Europa.

Praticavo tutti i tipi di sport, ma il mio primo contatto con il golf l’ho avuto grazie ai miei genitori”

Annika ha dovuto affrontare seri problemi di timidezza lungo il corso della sua carriera, aveva paura di essere vista, sentita, a volte, sul campo, perdeva volontariamente le partite, per paura di ciò che una vittoria avrebbe comportato, occhi puntati, riflettori, interviste, poi ha capito che così facendo teneva al sicuro le paure ma al tempo stesso gettava al vento il suo lavoro.

E ce l’ha fatta, ha lavorato sulle sue difficoltà, decidendo di mettersi in gioco davvero.

“Non è solo un cambio di tecnica che ti permette di ottenere risultati subito. È un cambio di stile di vita. Un impegno su tutti i fronti. Mi sono guardata allo specchio e sapevo di esserne capace”

é credendo in se stessa e superando le sue paure che Annika Sörenstam è riuscita a riscrivere la storia del PGA tour, gareggiando come donna.

Molti dicevano “lei non appartiene a questo mondo”, “se lei gioca, io non gioco”, ma lei ha continuato, ha giocato ugualmente, non tanto per provare che le donne possono giocare contro gli uomini ma piuttosto perché per anni era stata la numero uno nelle sue categorie e voleva migliorare ancora.

“Stavo aiutando le persone senza saperlo, attraverso il gioco, le mie azioni, essere una giovane donna che insegue il suo sogno che forse non era la cosa più naturale da intraprendere per una ragazza svedese.

Le persone si sono rese conto che il duro lavoro porta i suoi frutti e mi sono convinta: “Bè, se ci riesco io, ci riescono tutti.”

Ora l’atleta si è ritirata totalmente dal campo, per dedicarsi dedita alla sua famiglia e alla sua associazione in grande crescita, la ANNIKA Foundation.

“Alla fine, mi è sembrato di scalare il Monte Everest. Ero arrivata alla vetta. Per me non c’era nessun’altra vetta.

Non sono una persona che sta ferma, continuo a stare in movimento finchè non ne potrò più.

Ma c’erano altre montagne che volevo scalare e dovevo scendere da questa montagna di competizione per intraprendere altri viaggi.”

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