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Giada Luna Giallombardo
I Nuovi Giunti
Published in
4 min readApr 15, 2020

In un momento di crisi diventiamo più egoisti o più altruisti?
A giudicare dalla solidarietà privata e pubblica, sembreremmo più altruisti. Penso ai caffè e libri sospesi, ai sussidi statali, alle raccolte fondi per supportare gli ospedali, agli influencer grandi e piccoli che intrattengono gli italiani nelle loro case.

Ma che cosa succede quando usciamo fuori dalle nostre case?

Nell’ultimo periodo, tra amici, familiari e colleghi, ne ho sentite di tutti i colori. C’è chi dice che siamo peggiorati molto a livello umano, che ogni scusa è buona per rimproverare l’altro di non seguire le regole. Un esempio lampante me l’ha fornito Vanessa, qualche giorno fa:

«Sai, sono andata a comprare due cosette qui, sotto casa, e mi sono trovata a discutere con una signora mentre ero in cassa. Tra le altre cose che stavo mettendo sul nastro, c’erano due Moretti e tre Tennent’s. Nonostante avessi le cuffie, ho sentito qualcuno brontolare alle mie spalle. Quando mi sono girata, davanti a me c’era una signora alquanto contrariata dai miei acquisti alcolici, reputati da lei non di prima necessità. Le ho detto di farsi i cazzi suoi, poi me ne sono andata».

Come dicevo, storie del genere capita di sentirle tutti i giorni. Alla fine dei conti, a noi italiani piace giocare all’ispettore e all’assassino.

Ma allora: stiamo diventando più egoisti o più altruisti?
L’altro giorno mi sono imbattuta in un meraviglioso mobile per esterni in ferro massiccio, accostato vicino ai cassonetti di una viuzza non lontana da casa.

Non avete anche voi la stessa attrazione per gli oggetti abbandonati?

Mi è bastato uno sguardo per immaginare la mia vita insieme a lui: le mie verdure e quelle dei miei sei coinquilini riposte ordinatamente sui suoi possenti ripiani; il nostro balcone finalmente sgombro dalle disordinate cassette dell’ortofrutta, che non permettono di aprire più di una sedia vicino al tavolino (cosa che soffriamo molto nelle giornate di sole).

Insomma, lui doveva essere mio. Peccato fosse un po’ troppo pesante da trasportare da sola: quando ci ho provato, i miei muscoli si sono immediatamente ribellati a quel peso spropositato. Perciò, ho deciso di scrivere ai suddetti coinquilini, nonché miei cari amici, per farmi dare una mano. Ma loro non vedevano in quel meraviglioso mobile le stesse opportunità che ci vedevo io, anzi. Non erano affatto d’accordo a portarlo in casa, tantomeno a collocarlo sul balcone per metterci le verdure. Tuttavia, le loro rimostranze non mi hanno fatto perdere d’animo: piuttosto che rinunciare a quell’occasione unica, me lo sarei caricato sulle spalle.

ok, ho scritto “Fanculo, vi odio” ma non lo penso, dai

Perciò, rimboccate le maniche e concentrate tutte le forze, mi carico di quel peso spropositato e lo trasporto per almeno cinquecento metri. Dopodiché, i muscoli cedono, le braccia si tagliano, e prima di far cadere rovinosamente il mio trofeo a terra, riesco ad appoggiarlo su di un cassonetto. Respiro e mi guardo intorno, cercando sostegno: in molti mi stanno osservando, ma nessuno osa avvicinarsi. Fosse stato un periodo “normale”, qualcuno di loro si sarebbe precipitato ad aiutarmi. Ma c’è il Covid-19, e i contatti sociali sono ridotti all’essenziale da mesi. E chiaramente non è essenziale aiutare una povera pazza a trasportare un mobile più alto e più pesante di lei. Rassegnata, il mio sguardo passa dagli avambracci sanguinanti al mio amato mobile. Provo a cambiare posizione per trasportarlo, senza successo: il corpo ha smesso di rispondere ai miei comandi. Sono fuori uso.

D’un tratto, sento una voce maschile urlare:

«Hey, hai bisogno di una mano?»

Quasi mi commuovo. È un commesso del supermercato di fronte. Gli spiego la situazione, lui vorrebbe aiutarmi, ma quando capisce che devo portare il mobile a casa, a due isolati da lì, si tira indietro. Ma poi vedo i suoi occhi riaccendersi di una luce particolare, la stessa che ci illumina il viso quando sappiamo di poterci rendere utili per qualcuno:

«Posso prestarti il roll per trasportare quell’affare. Però me lo devi riportare!»

Sono sicura che il mio sorriso si sia visto nonostante la mascherina: era uno dei più grandi che io abbia mai fatto. Caricato il mobile sul carrello, ci salutiamo con un semplice «Ciao», anche se avrei voluto tanto abbracciarlo.

Quando sono ritornata a casa, anche io ho voluto giocare all’ispettore e all’assassino, accusando i miei amici di avermi lasciato sola nel momento del bisogno. Ma come per ogni ispettore che si rispetti dopo il processo sopraggiunge la vittoria: insieme a me, anche loro hanno immediatamente arricchito con le loro verdure il nostro nuovo-super-mobile, testimone silenzioso di un periodo duro quanto il ferro battuto. Proprio come lui.

Proprio come noi, esseri umani.

#andràtuttobene

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Giada Luna Giallombardo
I Nuovi Giunti

Estrosa dall'animo nomade, studio @unito e @scuolaholden. Quando non mi occupo di politica e comunicazione, amo esplorare mondi sempre nuovi.