Gratis! Salvate i nostri fiori

Filippo Quilghini
I Nuovi Giunti
Published in
3 min readApr 23, 2020

L’ultima piantina di cui mi presi cura era Carlotta, un bonsai.

Una precisa miniatura di un alberello di ginseng. A dir la verità non so quanto è grosso un vero albero di ginseng. E non so neanche se i bonsai sono tutte minuscole riproduzioni fedeli di grandi alberi. Comunque sono molto graziosi.

Dopo poco che l’avevo in casa, il piccoletto cominciò a perdere le foglie. Erano secche e ad ogni minuscolo spostamento d’aria cadevano a terra. Ebbi una gran paura che stesse per morire. Le indicazioni dal web erano confuse: chi diceva di innaffiarlo spesso, chi diceva mai, chi diceva di tenerlo all’aperto, chi al caldo. Me la sbrigai appoggiandolo in un giardino di un altro. Quello di un simpatico vecchietto che aveva fin troppe piante per accorgersi di un nuovo arrivato. Infatti lo annaffiava come tutte le altre e il bonsai riprese a vivere. Lo so perché lo osservavo di nascosto.

Un giorno il vecchio mi vide mentre scrutavo. Con un cenno mi disse di avvicinarmi al suo giardino, sollevò il piccolo bonsai e mi disse di prenderlo. Disse che aveva notato come lo guardavo, e che se mi piaceva potevo anche prendermelo. Ne aveva così tante, aggiunse, che me lo avrebbe regalato volentieri.

Presi il bonsai, lo ringraziai, e riportai il piccoletto a casa.

Non passarono neanche due giorni che la piantina perdeva nuovamente le sue piccole foglie. Disperato mi venne un’idea brillante: lo portai nella mia classe, presentandolo come Carlotta. Non so nemmeno io perché.

Oggi, il bonsai vive alla Scuola Holden. Io l’ho perso di vista, ma so che cambia spesso aula. Evidentemente ci sono diversi studenti che se ne prendono cura.

Era molto in forma fino al giorno di chiusura della scuola, ma ora sono di nuovo preoccupato.
Avergli salvato la vita ben due volte, però, mi dà molta soddisfazione.

Ieri, andando a fare la spesa, sono passato davanti ad un fioraio.
La bottega era chiusa, ma appena fuori dalla serranda abbassata c’era un cesto di piccole piante abbandonate. Sopra, un cartello con scritto “Gratis! Salvate i nostri fiori”.

Dicono di non farci prendere dalle emozioni e, prima di agire, provare a ragionare con la testa. Al diavolo.

Guidato dal ricordo del piccolo bonsai, ho afferrato il primo vasetto che entrasse in quella busta piena di beni necessari e, come se avessi commesso un reato, sono corso a casa.

Capita di sentirsi in colpa per cose strane in questi giorni.

La nuova arrivata, ancora senza nome

Adesso, dopo aver individuato con una bussola il punto esatto dove la ringhiera del mio balcone non fa ombra al sole del mattino, dopo aver letto che il terriccio ideale è sempre umidiccio e di un colore più nero che marrone, dopo aver chiarito l’importanza di un sottovaso (il mio è un piattino dell’Ikea), dopo aver letto decine di articoli sulla fotosintesi clorofilliana, finalmente sono pronto a prendermi cura di questa nuova piccola piantina.

Oggi eluderò le forze dell’ordine portandomi dietro una busta della spesa ma al supermercato non ci arriverò mai. Mi fermerò davanti al fioraio e, sperando che non le abbiano salvate tutte, ne ruberò un’altra.

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Filippo Quilghini
I Nuovi Giunti

Studente presso Scuola Holden in Brand new, diplomato in regia cinematografica. Per ora: una breve vita di storie inventate.