In fila per uno

Filippo Quilghini
I Nuovi Giunti
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3 min readMar 30, 2020
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L’Italia c’è.

E se la cercate al momento è a fare la spesa al Carrefour di Corso Fratelli Rosselli, Torino.

Quella stessa Torino dove il caffè si beve al banco, e dove, puntualmente, qualcuno cerca di saltare la fila.

Oggi non c’è più tempo per arrabbiarsi, ci si limita ad attendere il nostro turno in religioso silenzio. Tanto religioso che romperlo sarebbe un vero delitto. Ogni suono risulta inopportuno, un qualcosa che spezza una nube di tristezza. Una tristezza giustificata, portata da una guerra conto un nemico invisibile, un assassino vigliacco che punisce i più deboli.

Io sono in fila ormai da venti minuti. Ho voglia di fumare, anche se accendersi una sigaretta sembrerebbe un altro elemento di disturbo per questa triste quiete. Tuttavia non riesco a resistere, come ogni fumatore credo. Estraggo il pacchetto dalla tasca, metto la sigaretta in bocca e cerco nervosamente un accendino, un po’ come mi succede tutti i giorni con le chiavi di casa.

Niente, non lo trovo.

Chiedere un contatto, ora, mi sembra impossibile. Se già parlare poteva essere motivo di distrazione dalla cupezza di questa triste civiltà, chiedere un oggetto contaminabile sarebbe una vera e propria ribellione e ci mancherebbe altro di poter apparire, anche minimamente, irrispettoso. Ma io mi sono impuntato e comincio a cercare con lo sguardo un altro fumatore.

Non lontano da me, a un metro avanti per essere preciso, qualcuno lascia passare del fumo grigio alle sue spalle. Credo un giovane uomo, almeno dalla schiena e dagli indumenti. Ancora non l’ho visto in faccia, starà ovviamente fissando l’ingresso al supermercato e sicuramente sta rispettando il religioso silenzio.

Mi sento un verme, ma la voglia di aspettare l’interminabile coda fumando una bella sigaretta è troppa. Così mi faccio coraggio ed emetto un sibilo che anche alle mie orecchie suona strano, ma è l’unico verso che mi esce dalla bocca. Mi sto vergognando e sento tutti gli occhi addosso ma quello che è fatto, è fatto. Il giovane non sembra aver accolto il mio richiamo, e allora ci riprovo, stavolta con fischio. Non mi importa più niente, mi dispiace, ma ormai ho superato il confine. Al fischio il giovane risponde e si volta con uno sguardo incuriosito e stranito. Come un mimo cerco di chiedergli l’accendino ma lui, con un gesto della testa, mi fa intuire che è solo più incuriosito.

Mi faccio finalmente coraggio e parlo, basta.

È tardi per pensare che me ne potevo stare zitto. «Hai da accendere?». Il ragazzo sembra essere più imbarazzato di me, e colto da una botta di nostalgia lo estrae da una tasca e muove un passo nella mia direzione. Lo fermo con la mano alzata. Gli ricordo che è meglio di no. Lui ricorda, è ancora più imbarazzato. Con l’accendino in mano simula il gesto del lancio e con gli occhi mi chiede se sono d’accordo nell’afferrarlo in volo. Accetto e mi preparo a ricevere.

Il lancio ha gran successo, mi accendo la sigaretta nervoso: è l’ultimo atto della crisi, sono consapevole che qualcuno mi sta osservando e giudicando. Rilancio l’accendino in tempi da record e anche questo secondo lancio va a buon fine. Ringrazio Dio.

Prima di fumare, e godermi questa pace tanto cercata, mi sterilizzo le mani. Il ragazzo compie lo stesso atto. La paura è finita: posso attendere in pace, il ragazzo va a fare la spesa, e io sono contento per lui.

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Filippo Quilghini
I Nuovi Giunti

Studente presso Scuola Holden in Brand new, diplomato in regia cinematografica. Per ora: una breve vita di storie inventate.