Non sono solo in quel bagno

Nicola Maria Fioni
I Nuovi Giunti
Published in
3 min readMar 30, 2020

“Il bagno è la stanza di casa in cui prende meglio il Wi-Fi. O si dice la Wi-Fi? Non l’ho mai capito.”

È il pensiero, ma anche la scusa che mi dico tutte le volte che entro nel bagno, mi siedo sul cesso e prendo il telefono in mano.
La verità è che mi chiudo in bagno non solo perché la connessione internet è effettivamente ottima, ma perché il mio bagno è la stanza più lontana da quella dei miei genitori. Nel soggiorno c’è sempre qualcuno, la cucina è in mezzo alla casa e quella che, dopo sei anni di espatrio, è tornata ad essere la mia camera da letto è adiacente al salotto.
E allora la scelta ricade sul bagno: il luogo in cui nessuno può origliarmi o spiarmi mentre faccio quello che devo fare.

Ma cosa ci faccio chiuso in bagno con un telefono in mano?

Molti dall’introduzione potrebbero pensare che mi dedichi alla sacra arte dell’onanismo, o ancora più semplicemente qualcuno potrebbe pensare che sia lì seduto, scrollando il feed di Facebook, mentre faccio quella grossa.
Invece no, io sono chiuso nei sette metri cubi del cesso a fare altro.
Il copriasse del wc è abbassato — per la verità un paio di giorni fa l’ho sfondato - e la tazza funge da mero sgabello; il bidet, se sono dell’umore, diventa perfino un poggiapiedi; e la doccia è un perfetto ripiano verticale su cui appoggiare la testa quando qualche forte emozione prevarica sul mio collo.
Il cellulare è acceso e sul mio schermo si proietta il viso di un altro essere umano.

Io, su quell’asse del cesso, esco con una ragazza.

Ora per quanto sia strana la frase che ho appena scritto vorrei analizzarla con voi. Quando si comincia una relazione con una persona, molto spesso uno degli imbarazzi principali è quello dell’etichettarsi, soprattutto di fronte ad amici e parenti, del capire come riferirsi agli altri in merito alla propria situazione. A molti infatti non va di usare parole grandi e impegnative come “il mio fidanzato, la mia morosa, il mio ragazzo” e allora molto spesso la cosa migliore che si può dire è “sto uscendo con…”.
Ecco, io sto uscendo con Jan — per inciso, l’ho chiamata così semplicemente perché da quando è iniziata questa cosa sono in fissa con The Office, vi prego no spoiler. Sono uscito con Jan dal vivo da metà febbraio, e ora, dall’inizio della quarantena, lo sto facendo dal cesso.

Non so bene come sia successo, solo che un giorno abbiamo cominciato a non chiamarci più solo sul telefono come facevamo prima del virus, in mezzo a piazza Vittorio o alla Val Gardena, ma a farlo su Facetime.
Ma cosa si fa quando si esce con una persona su Facetime? Boh principalmente si parla, si ascolta, si raccontano buffe storie dei compagni di quarantena, nel nostro caso dei nostri genitori, ma si spettegola anche degli amici lontani, si gioca insieme a Livequiz per aumentare le chance di vincita…
E quando ci si stufa l’uno dell’altra e viceversa? Ci si collega ad Houseparty sperando che altra gente si intrufoli nella chiamata, oppure si mette giù, fino a nuovo ordine.
Insomma si cerca di fare ciò che si sarebbe fatto nel mondo prima, sapendo che quel mondo forse adesso non ci sarà più, ma che in questo momento è bello avere un posto sicuro in cui uscire con qualcuno che ci piace.

Ogni giorno non so come mi potrò svegliare io o come si potrà svegliare lei, se avremo voglia di parlare, se e quando ci chiameremo.
La cosa bella è quando il telefono squillerà so che Jan ha il mio stesso problema, e sarà chiusa in bagno anche lei.

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