Nuovi rumori condominiali

Chiara Sanvincenti
I Nuovi Giunti
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4 min readMay 6, 2020

Da quando è iniziata la quarantena mi sveglio più o meno sempre alla stessa ora: le 8.45, sarà il mio orologio biologico. Non punto la sveglia da quasi due mesi e, al posto del canto dei grilli artificiale dell’IPhone, che mi ha illuso per mesi di essere distesa su di un prato bucolico, l’altra mattina ho sentito un suono minuto e musicale provenire dal balcone.

Guardo il soffitto per un tempo indefinito, mi alzo con calma e arrivo in cucina tutta pimpante. «Buongiorno», la voce di mio padre mi accoglie come ogni mattina. Mentre mi verso il latte, il gatto fa le fusa: il furbetto ne vuole un po’. La sirena di un’ambulanza si sta avvicinando. Chissà se per un tampone o per un malato.

I vicini iniziano a martellare contro il muro: sono le 8.30, e con la gente in clausura da settimane l’esaurimento nervoso è vicino.

Io di solito mi incazzo anche solo se mio padre tira su troppe volte con il naso o se lo sento masticare ma no, stamattina non mi devo arrabbiare. Smetteranno, spero. Probabilmente stanno bucherellando la parete per sfogare lo stress o stanno per traslocare, non lo so, ma so che il mio cervello salterà in aria prima del muro, anzi prego che succeda subito. Provo a battere con un bastone ma sembrano non captare il mio segnale di fastidio. Neanche quando accendo la cassa della Bose a tutto volume e attacco la playlist di The Black Madonna, creata per Club to Club. Elettronica pura. La spiaccico sulla parete. Niente.

Alle 15.15, dopo un pranzo in cui sembrava di stare nella miniera di carbone di Birmingham, finalmente smettono.

Sono tentata di urlargli dal balcone «Cretini!» ma poi mi viene in mente che potrei rompere nuovamente la quiete e lascio perdere. Anche perché, affacciandomi, sento delle grida acute. «Smettila! Sei manesco!». Mi viene un po’ di tristezza: non so bene come comportarmi, dovrei cercare di capire da dove viene? E se qualcuno avesse bisogno d’aiuto? Alzo lo sguardo di fronte a me, per vedere se altri siano usciti e vedo un tipo alto sui trent’anni che corre tranquillo avanti e indietro sul terrazzo, come i pesci nell’acquario di casa. Prima di farmi ipnotizzare dal movimento ripetitivo è meglio rientrare.

Appena apro il mio libro, sento che qualcuno sta suonando il piano ma è molto lontano e, dopotutto, è meglio della tromba.

Mi lascio trasportare e comincio a ballare e alla fine, ormai sudata, mi applaudo addirittura da sola. Ma poi mi dà fastidio persino il clap delle mie mani e smetto immediatamente.

Ormai è tardi: ho fatto poco e niente oggi e forse è meglio prendere una boccata d’aria. L’unico modo per farlo è incamminarmi verso il supermercato più vicino. Acchiappo la borsa di tela della Holden: che nostalgia, non ci devo pensare. Quando entro al Carrefour mi accorgo che gli altoparlanti sono spenti e della musichetta classica che mi accompagnava dalla corsia dei detersivi ai surgelati non c’è traccia. Ma appena arrivo al banco frigo davanti alla porta ecco una voce squillante a tutto volume: «I nostri carrelli vengono giornalmente igienizzati per garantirti…». Mi prendo quasi uno spavento e mi chiedo se pensino che i clienti abbiano tutti cent’anni, poi mi guardo intorno ed effettivamente la media si avvicina a quella cifra.

Non avevo mai notato quante strisce pedonali ci fossero sotto casa mia!

Tornata a casa, mio padre mi avvisa che Mr. Discoteca sopra di noi ha iniziato il suo party privato quotidiano. Ormai a lui mi sono abituata e conosco a memoria la sua playlist anni Ottanta. E poi è un tipo simpatico: scommetto che se gli chiedessi io di mettere un po’ di musica non farebbe problemi. Esco a fumare una sigaretta e mi ricordo del cinguettío che avevo sentito ancora nel letto appena sveglia. Per strada c’è silenzio: viene voglia di correre sulla striscia in mezzo alla carreggiata. C’è odore di pioggia. Guardo in alto e vedo un fagotto attaccato nell’angolo del tetto.

8.42: sono in anticipo stamattina.

Mi colpiscono i primi raggi di sole mentre un garrito arriva dalla finestra. Mi affaccio e scopro che due rondinine si sono costruite il nido lassù. Chissà se rimarranno, quando si sentiranno i clacson dalla strada. Chissà se io saprò ancora riconoscere la voce del vicino quando parla con la ragazza che lo viene a trovare dal balcone, il suono dell’ascensore che si ferma al primo piano, i passi di mio padre quando arriva in camera per rimproverarmi su qualcosa. Chissà se ascolterò ancora la lavatrice che centrifuga. Chissà se sarò ancora attenta ad abbassare la voce la sera per non dare fastidio.

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Chiara Sanvincenti
I Nuovi Giunti

Studentessa alla scuola Holden, creo idee e riordino parole. Mi piacciono le storie sincere.