Smart working e ciambelle della nonna

Sara Di Cerbo
I Nuovi Giunti
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4 min readApr 9, 2020
Le ciambelle di nonna Rita

Non mi si venga a dire che a casa ci si annoia, non a me e non in questo periodo. La fregatura di un’Italia che non si ferma è che non si ferma davvero, e siamo tutti molto fortunati ad avere Internet, ad essere costantemente connessi, a poter fare tutto o quasi anche comodamente seduti sul divano con la nostra tuta ormai consumata.

Lo Smart working, per come lo stiamo interpretando ora, ci porta a lavorare da casa ed essere reperibili h24, senza più alcun tipo di limite orario, il tutto però conle distrazioni e gli impegni che in una casa affollata si generano inevitabilmente.

Ecco, io vivo in una casa affollata dove si è fatta di necessità virtù.

In particolare le mie mura domestiche sono state attaccate da una nonna il cui unico vero credo è la cucina e uno zio il cui unico vero credo è fumare almeno due pacchetti al giorno, tendenzialmente sdraiato a letto. E così il pacifico territorio mio e di mia madre, perdenti in questa partita di Risiko, è stato invaso da odore di fritto, telegiornali a tutto volume, puzza di sigarette ovunque e chiacchiere a non finire.

Così, mentre la mia mamma da buona capo famiglia si occupa di spesa e amministrazione, io cerco di barcamenarmi tra lavori e lezioni smart, con un progetto dopo l’altro da dover completare. Tutto ciò mi costringe ad essere tra quelle persone sempre connesse, e che forse vivono una socialità maggiore ora, perché non riescono più a trovare una scusa credibile per evitarla.

Un pomeriggio di questa quarantena in particolare mi sono trovata a lavorare contemporaneamente, in senso letterale, a tre progetti diversi in videoconferenza: è stato molto divertente, finché mia nonna non ha avuto bisogno di me per l’impasto delle ciambelle. Sì, perché dovete sapere che per fare l’impasto nel modo giusto, bisogna che mentre una persona lavora la pasta un’altra versi a pioggia farina e lievito di birra sciolto in acqua.

Era evidente che io non avessi tempo, ma veramente si potrebbe dire di no alla richiesta di una nonna?

Così, una volta spente le telecamere e i microfoni, con un computer da una parte e il telefono dall’altra, mi sono messa ad aiutarla. Ma cucinare non è un gesto silenzioso. E la nonna chiacchierava, e mi raccontava probabilmente sempre le stesse cose di sempre, ma io dovevo concentrarmi sulle conferenze e le sue chiacchiere cominciavano a infastidirmi. Poi a un tratto ha detto semplicemente: «Sai, a casa era sempre il nonno che mi versava la farina…».

In quel momento mi sono bloccata, ho bloccato i fastidi, ho bloccato gli impegni. Ho chiuso le conferenze e ho rimandato il lavoro a dopo.

Mi sono resa conto che neanche in un momento di clausura forzata, di vita casalinga per dovere civico, riusciamo a mettere in pausa i nostri innumerevoli impegni. Neanche ora riusciamo a goderci quelle piccole cose quotidiane, quei gesti minimi in cui accade tutto, come cucinare con la nonna. Quand’ero piccola io e mia nonna cucinavamo sempre insieme, eppure erano anni che non mi mettevo ai fornelli per il semplice piacere di farlo, che non mettevo le mani in pasta solo per il gusto di cucinare qualcosa di buono, oltre il doversi nutrire per mera sopravvivenza. E farlo chiacchierando con la nonna ha un gusto diverso, il gusto della tradizione, della famiglia, dello stare insieme.

Abbiamo impastato insieme le nostre ciambelle, abbiamo aspettato che la pasta lievitasse, mentre lei continuava a raccontare quelle storie che ho già sentito mille volte. L’ho lasciata parlare e raccontare quel che voleva perché spesso si ha semplicemente bisogno di raccontare, di rispolverare la memoria per tenerla viva, e forse anche per andarsi a rifugiare in un passato più sereno e magari vissuto all’aria aperta.

Abbiamo dato loro la forma, alcune senza buco per rispettare il proverbio, e perché non è detto che una ciambella senza buco sia meno buona di quelle con. Le abbiamo fritte e inzuccherate di quel piacere effimero che piaceva tanto ad Alex Britti.

Non sono ciambelle normali quelle fatte in casa con la nonna: sono diverse perché l’amore le rende più morbide, mentre i racconti le rendono più peccaminose.

Anche io mangiandole mi rifugio nei ricordi: un po’ nei suoi che ormai fanno parte anche dei miei, e un po’ in quelli che ho condiviso con qualcun altro, che dopo 42 giorni è ancora troppo lontano.

Quelli delle videoconferenze forse stanno ancora aspettando una mia risposta, ma non importa, tanto non c’è fretta e io posso continuare a mangiare le mie ciambelle. Alla prova costume ci penserà Jane Fonda.

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Sara Di Cerbo
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Studentessa della @ScuolaHolden e del Master in progettazione, comunicazione del turismo culturale @UNITO. Appassionata di parole, pensieri e storie.