Un giorno che non avrei mai dimenticato

Sara Di Cerbo
I Nuovi Giunti
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5 min readApr 23, 2020

Oggi è il giorno in cui avremmo presentato i nostri progetti di fine anno alla didattica. Se le cose fossero andate normalmente. Giorgia stanotte ci ha mandato un messaggio facendo finta che le cose stessero andando normalmente. E io mi sono proiettata in un mondo parallelo.

Il messaggio che ha aperto la porta su un altro mondo

Mi sarei svegliata già stanca e lentamente mi sarei trascinata al tavolo della colazione continuando a ripetermi il discorso, immaginandomi scenari possibili in cui mi sarei bloccata o avrei perso le parole. Avrei bevuto velocemente un caffè, perché tanto c’ho troppa ansia per mangiare. Poi sarei andata in bagno come tutte le mattine e mi sarei lavata e sistemata, imprecando contro quei brufoletti sul mento dal pessimo tempismo. Poi sarei tornata in camera a vestirmi.

Guardando fuori dalla finestra mi sarei cullata nel grigiore della giornata, avrei annusato l’aria umida e ringraziato per una mattina che comunque sarebbe partita bene, con quel non-so-che di nostalgico che sempre mi riporta a momenti più giovani, più tranquilli, più miei. Però il tempo scorre e la seconda sveglia mi avrebbe ricordato di dovermi muovere: mi sarei vestita in fretta con gli abiti preparati ieri sera.

Mi sarei infilata i miei jeans fortunati, la camicia leggera verdone, la giacca del tailleur che non indosso mai e le sneakers ancora intatte perché i cani non me le avrebbero mangiate visto che non avrei avuto alcun motivo per lasciarle fuori dalla porta. C’è anche la possibilità che avrei osato un po’ di più con la gonna rosa, la camicia in jeans e il cinturone con il lupo perché in questo periodo ce l’ho un po’ con il country influenzata dalla Serie Tv Yellowstone, ma chissà se l’avrei vista in quel mondo parallelo. Un po’ di trucco e un po’ di vita ai ricci, un veloce sguardo allo specchio, ma va bene così, ché ho cose più importanti a cui pensare.

Anche un vestito blu e un cappello da cowboy non sarebbero stati male

Sarei stata in anticipo, ma tanto anche Barbara lo sarebbe stata, così ci saremmo viste al solito posto per poi andare a scuola insieme.

Grande giorno e grande ansia.

Avremmo forse chiacchierato in auto per alleggerire la tensione? O forse saremmo state zitte con il groppo in gola pensando e ripensando al pitch? Non lo so, ma sicuramente ci saremmo viste al bar con tutti i nostri compagni. Federica sarebbe stata ovviamente la prima ad arrivare, tesa come un fuscello e con mille dubbi inutili: lo sappiamo tutti che Fede è brava. Poi sarebbe arrivata Giorgia: la pacatezza in persona ma con l’Iqos tra le dita, che per una che al mattino non fuma è abbastanza significativo. E a proposito di sigarette, Filippo sarebbe arrivato avvolto da una nuvola di profumo da uomo e puzza di fumo, bianco come un cencio: probabilmente l’unico più agitato di me. Anna forse sarebbe arrivata con lui, tranquilla e serena che verrebbe voglia di strozzarla. Così come Luna, con la sua carica di ottimismo mattutino che proprio non mi sembra il caso. «Datele qualcosa da mangiare, così sta zitta», e su queste dolci note Matteo avrebbe annunciato con eleganza il proprio arrivo.

Nonostante la reclusione, rimangono giorni in cui sappiamo precisamente cosa sarebbe accaduto se fossimo stati liberi di lasciarlo accadere. Giorni in cui quel mondo parallelo è tremendamente vicino alla nostra realtà e gli eventi son chiari, limpidi come una goccia di pioggia. Sono talmente nitidi che sappiamo anche che cosa avremmo provato, quale sarebbe stato il nostro umore, le sensazioni e le esigenze precise della nostra giornata. Io so anche dirvi che alla fine di questo venti aprile avrei avuto il mio mal di testa da stress e mi sarei presa un Oki prima di andare a dormire. E so che alla fine, comunque fosse andata, mi sarei messa a pensare. Avrei pensato che da oggi a un paio di mesi la mia vita sarebbe cambiata, avrei pensato che stavo andando in picchiata verso un futuro che mi ero fatta in quattro per costruire e che mi spaventava a morte. Avrei pensato che avrei avuto un esame fra un paio di giorni e che non era ancora il momento del panico, eppure un po’ di quel panico l’avrei assaporato comunque.

La mia vita sarebbe cambiata in ogni caso, anche senza una pandemia.

Nell’arco di un paio di mesi mi sarei lasciata alle spalle la mia prolungata adolescenza, avrei lasciato casa buttandomi in una convivenza a ottocento chilometri di distanza dalla mia normalità, e ne avrei costruita un’altra, alzandomi tutte le mattine per andare a lavorare veramente, facendo quello che amo fare.

Avevi tutto, idiota.

Oggi sarebbe stata come la 25ª ora di Edward Norton.

Tutto sarebbe stato più saporito, più importante, più luminoso. Oggi avrei dato importanza a ogni cosa, e avrei assaporato ogni momento sapendo che ne sarebbero rimasti ancora pochi, e che ogni ricordo me lo sarei portato dietro per tutta la vita.

In quel mondo parallelo oggi avrei cominciato a prepararmi per il cambiamento vero, non quello desiderato e idealizzato, ma quello vero che ti fa fare liste e ripetere presentazioni, di quelli che ti fanno fare le valigie e aprire conti in banca. Avevo puntato tutto su quest’anno, l’anno del mio cambiamento, dell’inizio del resto della mia vita, ma in questo mondo parallelo in cui tutto è cambiato, che cosa può valere?

I mondi si sono separati il 22 febbraio di quest’anno: in uno ci sono dei ragazzi che stanno assaporando gli ultimi mesi di liceo, si stanno innamorando, stanno crescendo e stanno sperando in qualcosa di speciale. In un altro desideriamo quella stessa normalità che per anni abbiamo cercato di trasformare. Osserviamo da una finestra la vita continuare a scorrere serena ma senza di noi, e attraverso uno specchio guardiamo invece la vita che avremmo dovuto vivere.

Tutti i piani, tutti i programmi si sono trasformati, e adesso navighiamo a vista, lentamente, cercando quell’albatros che ci indica la via.

Ci siamo persi in un bicchiere e ritrovati in un naufragio, cit.

Oggi piove, e posso stare tranquilla a casa, a godermi la giornata grigia e rilassante da sotto le coperte, eppure vorrei essere a scuola con l’ansia da prestazione e il vuoto nella mente appena un minuto prima di salire sul palco e vedere che forma avrebbe potuto prendere il resto della mia vita.

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Sara Di Cerbo
I Nuovi Giunti

Studentessa della @ScuolaHolden e del Master in progettazione, comunicazione del turismo culturale @UNITO. Appassionata di parole, pensieri e storie.