Due racconti — di Gemma D. L.

domitilla.pirro
I racconti del SÉno
4 min readJul 22, 2016
Illustrazione di Ros

Il nomade delle steppe

Al di là di te ti cerco. / Non nel tuo specchio / E nella tua scrittura, / Nella tua anima nemmeno. / Di là, più oltre. (Pedro Salinas)

“Che giornata inutile!”, pensò l’antiquario rintanato dentro al suo negozietto di Via Margutta. La luce livida che penetrava dalla vetrina rendeva opachi e senza vita tutti gli oggetti in vendita: non sembravano quasi più quelli dei quali era andato a caccia in ogni angolo del globo.

La merce avrebbe dovuto far bella mostra di sé e attrarre acquirenti desiderosi di portarsi via, in cambio di denaro, un oggetto che, ogni volta che avrebbero posato il loro sguardo su di esso, avrebbe raccontato la sua storia: ogni volta uguale, ogni volta diversa.

Quando andava a Parigi per rifornire il suo negozio, per la sua ricerca sceglieva sempre il tardo pomeriggio. Gli piaceva pensare che mentre a Roma era già l’imbrunire, lui poteva ancora godere di alcune ore di luce: una luce che gli dava un senso di tranquillità e di sicurezza, e sembrava guidarlo nella sua scelta. Non come quella di Roma, forte e splendida, che però colpiva gli oggetti quasi con violenza delineando con troppa precisione i loro contorni.

Riandò con il pensiero al lotto che era riuscito ad aggiudicarsi nell’ultimo viaggio che aveva fatto. Conteneva molti oggetti di pregio; dei bronzetti, delle nature morte, dei paesaggi e anche qualche bel gioiello. Naturalmente, come ogni volta, mescolata a cose di valore c’era anche un po’ di “crusca”. L’occhio gli cadde su una piccola tavola: rappresentava un nomade sul suo cavallo, che attraversava la steppa diretto verso l’orizzonte. In quel momento il paesaggio gli sembrò ancora più desolato di quando lo aveva visto la prima volta; a chi mai avrebbe potuto rifilarlo?

Il battito monotono della pioggia sul selciato, che aveva accompagnato i suoi pensieri fino a quel momento, venne bruscamente interrotto da un allegro scampanellio che quasi lo infastidì. Un passante, probabilmente sorpreso dalla pioggia, cercava riparo proprio nel suo negozio. Non avrebbe comprato nulla e lo avrebbe solo costretto ad una banale conversazione di circostanza.

L’uomo, dopo un cenno di saluto, diede un rapido sguardo agli oggetti esposti. A lui sembrò così rapido che pensò che fosse un gran maleducato. Gli oggetti da lui così amorevolmente accolti nel negozio meritavano ben di più di un cliente casuale che non riusciva nemmeno a celare il suo disinteresse.

Improvvisamente, l’uomo si diresse con passo deciso proprio verso la tavoletta da lui così poco considerata. “Desidererei acquistare quel piccolo quadro, quello coi bambini che salutano festosi il ritorno del papà”.

Ma di che quadro parla, pensò l’antiquario. Quasi immediatamente gli sfuggì: “Non intenderà mica questo? Ma dove li vede i bambini?”. L’aveva fatta grossa, due regole fondamentali del commercio fatte fuori in un sol colpo: disprezzare la propria merce e contraddire il cliente.

Che rispose, senza scomporsi: “Ecco, lì, oltre la linea dell’orizzonte”.

Illustrazione di Gemma D.L.

La correttrice di bozze

C’era una volta una bambina che aveva un papà davvero speciale.

Era un uomo molto bello e aveva l’animo da poeta: inseguiva da sempre il bisogno di conquistare, una volta per tutte, la Verità e la Bellezza assolute.

Gli aspetti più materiali della vita e il riconoscimento pubblico non gli interessavano: solo alle persone che gli si avvicinavano per sensibilità e competenza faceva dono della lettura del suo infaticabile lavoro. La sua necessità di perfezione lo portava continuamente a rivedere ciò che aveva scritto, accumulando infinite versioni di un’intuizione, di un’emozione, che una volta fermata sulla pagina poteva soddisfarlo solo in quel momento.

Nel corso della sua lunga vita, le cose che aveva già fissato sulla carta rimanevano intatte dentro di lui e lo scorrere del tempo lo portava a trovare sempre nuove parole, nuove combinazioni. Questo lavorio interno lo portava a seminare ovunque segni agli altri incomprensibili: ovunque, persino su un qualsiasi foglietto che si ritrovava in tasca per caso. La cedola di iscrizione della figlia al corso di ginnastica, una ricevuta o uno scontrino, per intenderci.

Per rendere intellegibili i suoi misteriosi segni utilizzava una delle prime macchine da scrivere portatili di un bel colore rosso. L’infanzia della bambina fu spesso accompagnata da quel ticchettio che, di giorno, si interrompeva all’improvviso. Allora arrivava il papà con il foglio dattiloscritto in maniera ricercata: anche la forma che prendevano le parole sulla carta seguiva una sua estetica.

Con la sua voce un po’ aspra e con l’intonazione che solo lui sapeva dare, leggeva varie versioni chiedendole poi un’opinione: quasi sempre le loro scelte coincidevano.

La sera, invece, il suono meccanico e monotono dei tasti si trasformava per magia: il dolce vibrare delle corde di un mandolino accompagnava allora la bimba nel mondo dei sogni.

Illustrazione di Gemma D.L.

[L’intro a I racconti del SÉno si trova qui.]

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