Smart Working: cosa accadrà finita l’emergenza Covid-19?

Roberta Citroni
IdeeGrafeb ON AIR
Published in
6 min readApr 9, 2020

A circa un mese dal lockdown del Paese, lo Smart Working è diventato un obbligo per molti lavoratori. Ma cosa succederà a livello aziendale una volta finita l’emergenza Covid-19 e lentamente tutto ripartirà a pieno regime?

Dopo circa un mese dal blocco totale senza precedenti dell’ Italia (e non solo) a causa del Covid-19 che ha causato una emergenza sanitaria senza eguali, è il momento di interrogarsi e porsi qualche domanda sulla situazione attuale e sul futuro che ci aspetta non solo in ambito lavorativo, ma anche personale, relazionale ecc in ambito Smart Working e non.

Il Covid-19 ha posto le aziende nella necessità di riorganizzarsi per garantire l’operatività e la sicurezza dei propri dipendenti e clienti.

Su questa scia uno spunto di riflessione ce lo offre una recente indagine di InfoJobs, piattaforma per la ricerca di lavoro online,che ha messo a confronto aziende e dipendenti, lavoratori, freelance ecc, sul tema Smart Working, al fine di capire meglio come gli italiani stiano vivendo l’approccio al lavoro agile e remoto e quale possa essere effettivamente la sua futura applicazione sul mercato del lavoro post Covid-19.

Diamo i numeri dell’ indagine:

I dati emersi dall’ indagine di InfoJobs rappresentano ed evidenziano un Italia che ha risposto immediatamente all’emergenza utilizzando in maniera massiccia lo smart working: il 72% delle aziende ha messo a disposizione in tempi brevissimi mezzi e strumenti per permettere ai collaboratori di proseguire il proprio lavoro da remoto,( quindi da casa invece che dalla postazione del proprio ufficio fisico ) senza alcuno stop forzato delle proprie attività lavorative.

Questo però per una piccola fetta di lavoratori, non tutti i tipi di lavori, tipologia e business, stando all’indagine, hanno potuto usufruire della modalità da remoto fornita dallo Smart Working.

Infatti dai dati forniti da InfoJobs risulta che i lavoratori italiani in smart working siano solo il 15%.

La parte che resta della forza lavoro sembra attualmente a casa senza percepire purtroppo alcun reddito (45% dei rispondenti, percentuale che sale al 50% per le donne), in ferie o in congedo forzato (25%) mentre il 13% si reca ancora sul luogo di lavoro, senza nessuna modifica alle modalità di prestazione del servizio.

Ad oggi, il 56% delle aziende che hanno attivato lo Smart Working dichiara di applicarlo per la prima volta, mentre il 29% l’ha esteso a più figure o splalmato su più giorni settimanali.

Percentuali ancora più personalizzate sui lavoratori, hanno portato un risultato totale che evidenzia che il 79% afferma di usare per la prima volta la modalità agile e remota dello Smart Working, per il 14,5% afferma di adottare solo modalità di fruizione leggermente diverse rispetto a prima e infine per il 6,5% non c’è stato alcun cambiamento rispetto alle proprie abitudini lavorative.

Smart Working ed aziende italiane:

La domanda che sorge spontanea dopo i primi numeri di questa indagine di InfoJobs quella riguardante il rapporto tra l’utilizzo della modalità agile dello Smart Working e le aziende italiane che lo stanno utilizzando per far fronte all’emergenza attuale.

Sempre secondo l’indagine di InfoJobs il 64,5% delle aziende dichiara che i dipendenti hanno molto apprezzato questa decisione del lavoro agile e remoto (voluta o dovuta in base alle circostanze legislative imposte) e che non ha avuto contraccolpi sulla loro produttività giornaliera e settimanale ( per il 39%), o che ne ha avuti, ma in maniera molto limitata (solo il 25,5% dei lavoratori).

Mentre il 19% delle aziende purtroppo dichiara che la modalità dello Smart Working non sia adatta alla loro tipologia di attività, struttura o business e che quindi non stia funzionando come dovrebbe, recando loro di conseguenza grosse perdite in fatto di produttività dovute a criticità di tipo organizzativo, il 44% dichiara che per carenza di una supervisione giornaliera del lavoro di un supervisore sia calata la qualità del lavoro prodotto dal dipendente e infine per il 14% dichiara che per carenze dovute all’applicazione di una tecnologia non adeguata o obsoleta al tipo di lavoro i risultati siano molto scarsi e insoddisfacenti rispetto a prima del Covid-19.

Rivelando in quest’ultimo caso quanto alcune aziende italiane restano al 2020, indipendentemente dall’ emergenza Covid–19 ancora molto indietro nella strumentazione aziendale e nelle competenze interne lavorative.

Smart Working e lavoratori:

Guardando invece alle risposte dei lavoratori, il 38% degli intervistati si dichiara fortunato di poter evitare gli spostamenti in questo momento, mentre il 27% apprezza le possibilità date dalla tecnologia, che mette a disposizione un ufficio “virtuale” dove è possibile continuare a lavorare come prima.

Solo il 7% dice di essere meno produttivo soprattutto a causa degli impegni familiari da gestire in contemporanea e che sono fonte di “disturbo” durante le normali ore lavorative (prima svolte nell’uffico fisico) , percentuale che sale addirittura al 33% per le donne con figli piccoli conviventi.

Cosa i lavoratori stanno apprezzando di più dello smart working?

Il 17% dei lavoratori apprezza molto la possibilità di gestire insieme esigenze sia personali che e lavorative, con una percentuale che sale addirittura al 30% per le donne con figli conviventi.

Gli italiani che si sono inoltre trovati a dover far fronte alla creazione di spazi di lavoro fra le mura domestiche, notano ed apprezzano con immenso con piacere il tempo risparmiato per gli spostamenti da casa all’ufficio (49%) e viceversa e gli orari molto più flessibili (circa 19,5%).

Nel caso dell’home office per l’11% dei lavoratori addirittura per il venir meno delle distrazioni tra colleghi nell’ufficio fisico!

L’azienda è però anche un luogo di crescita, relazioni, scambi, confronti tra colleghi e superiori oltre che un luogo lavorativo, ecco che nasce per il 27% degli intervistati la mancanza fisica del luogo di lavoro sia per la quotidianità relazionale, sia per l’abitudine alla postazione fisica lavorativa e sia per il piacere di prepararsi ed uscire per recarsi in ufficio sia nell’outfit (uomini e donne) sia (per le donne) nel make-up che si tende a trascurare nello Smart Working da casa.

Smart working: risvolti futuri post Covid-19

Su ciò che davvero succederà una volta passata l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, al momento non ci è dato saperlo, infatti le aziende sono davvero molto caute a parlare di rivoluzione nel metodo lavorativo pre Covid-19 e anche se i lavoratori sembrano apprezzare le potenzialità del lavoro da remoto, una grande fetta di loro, sono ben lontani dall’augurarsi che possa essere la modalità esclusiva e prioritaria di un domani imminente.

Nel dettaglio dei risultati dell’ indagine, per il 30% delle aziende non ci saranno cambiamenti delle modalità di lavoro rispetto a prima, mentre il 28% dovrà seriamente valutare gli sviluppi legislativi conseguenti e futuri per implementare a pieno regime lo smart working, infine il 24% lo abiliterà certamente, ma solo per una parte dei dipendenti e non per tutte le mansioni.

Su questi ultimi dati concordano anche i lavoratori, infatti il 71% vorrebbe il lavoro agile e remoto 1 o 2 giorni a settimana (l’ 89% delle donne con figli lo preferirebbe) mentre solo il 16% si augura un smart working definitivo in modalità full time .

Dissente solo il 13% preferendo assolutamente solo la modalità dell’uffico fisico.

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