Carissima A.

Stefania Asaro
Ifoglialvento
Published in
2 min readAug 30, 2021

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Carissima A.,

l’altra mattina sono passata a salutarti.

Non ero sicura di ciò che avrei provato, ma d’altra parte, te lo dovevo e so di aver reso felice anche un’altra persona di nostra conoscenza, che non vedevamo da un po’.

Da quando G. qualche settimana fa ha chiamato mia mamma per dirle della tua partenza, nel primo giorno d’estate, ho cercato più volte di togliere quel mattone di malinconia che cadeva sui miei pensieri vacanzieri prima, e semplicemente terreni, poi.

Se ci sono riuscita? Non so. Forse ci sono cose su cui possiamo “lavorare” e altre che fanno radicalmente parte della nostra indole.

Quando sono arrivata, mi ha aperto la porta S. e ha detto che potevo fare con calma, che non mi avrebbe disturbato e si sarebbe dedicata alle cose che aveva da fare, per cui, anche se con un po’ di imbarazzo, dopo aver ammesso di dover essere io a non disturbare lei, ho fatto un giretto: tu ricordi l’ultima volta che ci siamo viste? Sicuramente era un inverno di qualche anno fa.

La casa, dall’ultima volta, mi è sembrata diversa e sempre la stessa.

È stato commovente e a tratti alienante.

Ero in un luogo familiare, ma con cui non avevo intimità, non abbastanza.

Non ho toccato nulla, perché mi sentivo complice di quella pace e ospite di tutti i ricordi appesi ai muri, appoggiati sui mobili, volteggianti nell’aria fresca di una mattina di agosto che sembrava quasi settembrina e che arrivava prepotente dalla finestra aperta in cucina.

Seguendo il rumore dei passi, ho raggiunto S., che era in terrazzo: mi ha confidato di impegnarsi nel dar sempre da bere alle piante, perché sa che ci tieni, anche se ha aggiunto — con un po’ di rammarico- che da quando non ci sei tu, i fiori non sono più sbocciati. Forse anche loro sentono che qualcosa è cambiato!

Ah, mi hai strappato un sorriso involontario, perché in cucina, in mezzo a citazioni del Vangelo trascritte su fogli volanti e attaccate con lo scotch, ho trovato una calamita su cui era scritto “Certe persone sono come le nuvole: le apprezzi davvero quando se ne vanno”. Spero di non essere nuvola, anche se so che nessuno che abbia mai avuto a che fare con te, ha mai pensato di esserlo.

Prima di andare via, ti ho detto che non so se ci saremmo più viste, lì a casa tua, intendo. So che non serve spiegarti. Sai che so dove trovarti, se lo desidero (questo capitolo della spiritualità forse andava aperto prima, con più calma … o forse no).

Quando sono uscita, ho scattato una foto. Non al palazzo, ma al panorama che si vedeva dall’altra parte della strada.

Era bellissimo.

Ciao, carissima A., ti (ri)scrivo presto.

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