Breve proposta per una Conferenza per la pace in Ucraina e in tutta l’Europa orientale

Partiamo da cinque premesse:

1. è nell’interesse dell’Italia, di tutta la UE, e soprattutto del popolo ucraino, che si arrivi al più presto a una tregua tra Ucraina e Russia, ma soprattutto a una pace duratura (la guerra nel Donbass, negli anni scorsi, ha visto vari cessate-il-fuoco), allo scopo di arrestare il numero di vittime e la distruzione dell’economia ucraina e del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale e culturale del paese.

2. un regime change (o almeno una deposizione del presidente Putin) in Russia è non solo improbabile, ma pericoloso. Ad es. perché non si può escludere il rischio dell’uso dell’arma nucleare da parte del presidente Putin, qualora quest’ultimo venisse messo in estrema difficoltà [del resto l’8 gennaio 2021, due giorni dopo l’assalto al Campidoglio, il generale Milley, capo dello Stato maggiore congiunto USA, intimò agli ufficiali del National Military Command Center — il centro di comando del Pentagono che sovraintende anche al lancio di armi nucleari — di informarlo in caso di ordini da parte del presidente Trump. Se in una democrazia come gli Stati Uniti un’altissima autorità militare ha seriamente preso in considerazione il rischio che un Trump alle strette potesse far scoppiare una guerra nucleare, come può l’Occidente non temere lo stesso con Putin?][1]. Non solo: un regime change potrebbe generare una grave crisi in Russia, dagli esiti geopolitici imprevedibili [il fatto per es. che la Russia disponga di un arsenale di 4.497 testate nucleari funzionanti è di per sé un indicatore del livello di gravità che potrebbe toccare una grave crisi interna al paese].

3. il protrarsi della guerra russa in Ucraina può generare nuova instabilità in Europa, e persino spillover, ad es. riattivando quelli che i media anglosassoni chiamano “conflitti congelati” nell’area post-sovietica (ad es. la Transnistria, repubblica secessionista della Moldavia). Gli spillover potrebbero verificarsi anche in Medio Oriente e in Nordafrica (ad es. in Siria, Libia ecc.), destabilizzando ulteriormente il quadrante Mediterraneo a scapito dell’Italia (nuove ondate migratorie, ulteriori rincari energetici).

4. per motivi di orgoglio personale, di equilibri politici interni, e per non dissipare le ingenti perdite umane e finanziarie della Russia nel corso della guerra all’Ucraina, il presidente Putin non si siederà al tavolo della pace se non avrà la certezza di ottenere ottime contropartite per il suo paese.

5. per evidenti ragioni politiche, psicologiche e storiche, il governo ucraino non acconsentirà a nessuna pace contraria agli interessi vitali dell’Ucraina, come ad es. la fine della democrazia liberale in Ucraina, regime change, alterazioni illegittime (o comunque attuate secondo processi non democratici) dei suoi confini, veti al suo processo di integrazione nella UE. Il presidente Zelens’kyj sembra invece disponibile a discutere della neutralità dell’Ucraina (cioè di una rinuncia del paese a entrare nella NATO)[2].

Sulla base di tali premesse urge:

6. arrivare subito a una tregua. Ma in forza del punto 4 e del punto 5, nessuna tregua sarà duratura se non si prospetta alla Russia la certezza di ottenere, con la pace, ottime contropartite, e all’Ucraina garanzie per quanto concerne la sua sovranità, integrità territoriale e possibilità di adesione all’Unione Europea, nonché in merito alla conservazione del suo assetto istituzionale e del suo legittimo governo.

Ergo occorre:

7. avviare, ancor prima che si arrivi a una tregua tra Kyiv e Mosca (onde accelerare l’istaurarsi stesso della tregua), l’organizzazione di una grande Conferenza di pace che garantisca alla Russia ottime contropartite, e all’Ucraina una pace rispettosa del suo assetto costituzionale e politico, e delle sua aspirazioni di integrazione nella UE (sui confini si vedano i punti 19 e 20).

La Conferenza di pace dovrà essere:

8. Paneuropea, coinvolgendo tutti gli Stati europei, e tutti gli attori dell’architettura della sicurezza europea: UE, USA, Regno Unito, Norvegia, Svizzera, Turchia, paesi balcanici non-UE, Georgia, Moldavia, Bielorussia ecc. nonché OSCE, NATO, FMI, BM, BERS, ONU, OMC. Difatti la gravissima crisi in Ucraina è solo l’epicentro di una crisi che colpisce l’intera Europa orientale [dalla Bielorussia — dittatura ormai priva di ogni residua legittimità –, alla Moldavia (lo stato più povero d’Europa, alle prese con la Transnistria, dove sono presenti forze russe), sino alla Georgia (questione dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud, pseudo-stati sostenuti da Mosca)]. Non si può arrivare a una pace duratura in Ucraina senza una risistemazione complessiva dell’intera Europa orientale: se così non fosse, si correrebbe il rischio tra qualche tempo di avere una nuova grave crisi tra la Russia e l’Occidente ad es. in Moldavia, o in Georgia, o magari in Bielorussia.

9. Lunga. La Conferenza di pace di Parigi che portò alla firma dei trattati di pace del 1947, per esempio, durò da fine luglio 1946 a metà ottobre 1946. Il Congresso di Vienna ebbe inizio nel settembre 1814 e si concluse nel giugno 1815. Naturalmente non tutte le conferenze di pace “lunghe” hanno pieno successo: si pensi alla Conferenza di pace di Parigi dopo il primo conflitto mondiale[3]. Tuttavia la situazione dell’Europa orientale è così complessa da richiedere molte settimane, per non dire mesi, di intenso lavoro diplomatico.

10. Focalizzata non soltanto sugli aspetti politici, militari e di sicurezza, ma anche economici, commerciali e finanziari, tendenzialmente sottovalutati nell’analisi della condotta russa, ma rilevantissimi. La Conferenza dovrà occuparsi anche della ricostruzione e della prosperità dell’Europa orientale. Questo perché:

a) storicamente l’Ucraina è un protettorato economico della Russia, e un importante mercato per i prodotti e servizi russi, nonché un fornitore di materie prime, semilavorati, manodopera [prima del collasso dell’URSS l’Ucraina generava quasi il 17% del PIL sovietico, e oltre il 40% della sua produzione agricola. Ancora nel 2012, due anni prima della Rivoluzione della Dignità del 2014 (scaturita da Euromaidan), il 25,7% dell’export ucraino finiva in Russia, e quasi il 25% nella UE. La Rivoluzione del Dignità del febbraio 2014, così come l’occupazione russa illegale della Crimea del febbraio 2014 sono legate a doppio filo al tormentato percorso che ha portato l’Ucraina, nel marzo 2014, a firmare lo European Union–Ukraine Association Agreement, a causa del quale oggi oltre il 40% dell’export ucraino finisce nella UE, e in Russia meno dell’8% (dati 2018)][4]. Non si può capire la genesi della guerra russa all’Ucraina senza considerare le ragioni economiche e commerciali della crisi tra Kyiv e Mosca [si veda ad es. l’articolo “Le cause economiche della guerra in Ucraina e la possibilità di una pace vera”, specie a partire dal paragrafo “Ciò era causato dalle forti pressioni di Mosca: sempre nel novembre 2013 il presidente russo Vladimir Putin aveva definito l’accordo di libero scambio tra la UE e l’Ucraina una ‘grande minaccia’ all’economia russa…”].

b) la Russia è preoccupata dagli sforzi europei e nordamericani per decarbonizzare le economie occidentali, dato che essa esporta soprattutto gas naturale, greggio ecc. come già ai tempi dell’URSS. L’economia russa dipende fortemente dall’export di energia, e al momento non sono all’orizzonte altre fonti di ricchezza: cosa esporterà tra vent’anni? [d’altra parte come reagirebbe l’Italia, e soprattutto gli agricoltori e gli imprenditori agroalimentari del nostro paese, se l’Occidente iniziasse a pianificare l’abbandono della dieta mediterranea?] Non si dimentichi poi che l’economia russa è nel complesso molto fragile, non in ultimo a causa della crisi demografica, di un’economia stagnante (tra il 2014 e il 2019 la crescita media annua del PIL reale russo è stata dello 0,8%) e della sostanziale incapacità di innovare del tessuto produttivo russo.

c) a differenza dell’Europa centrale, l’Europa orientale (Russia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Georgia) non ha conosciuto dopo il crollo del comunismo una lunga fase di sviluppo e democratizzazione, e non ha potuto ad es. beneficiare dei fondi UE (per es. tra il 2007 e il 2013 la Polonia ha ricevuto 67 miliardi di euro dal budget UE)[5]. Ciò ha contribuito all’instabilità regionale, e (con l’eccezione parziale dell’Ucraina; v. punto 10a) non ha favorito una sufficiente integrazione dei cinque paesi nell’economia europea e globale, almeno rispetto ai paesi dell’Europa centrale [secondo il KOF Globalisation Index, che misura le dimensioni economiche, sociali e politiche della globalizzazione, nel 1990 il livello di Polonia e Russia era piuttosto simile: 50,94 la prima e 47,08 la seconda; nel 2019 era 80,02 per la Polonia, 72,03 per la Russia[6]]. Meno integrazione significa anche meno interdipendenza, con rilevanti conseguenze geopolitiche.

d. la storia europea insegna che la prosperità, l’interdipendenza commerciale e gli scambi economici sono fondamentali non solo nel generare nuovo benessere, ma nel pacificare i popoli. Tra il 1870 e il 1945 francesi e tedeschi si affrontarono tre volte, con giganteschi costi umani ed economici; grazie al visionario processo di integrazione europea, oggi l’amicizia tra Germania e Francia è il pilastro dell’Unione Europea. La Lituania, nel primo dopoguerra, era un acerrimo nemico della Polonia [i due paesi si scontrarono nel 1920 per il controllo dell’area di Vilnius e Suwałki; grazie al falso ammutinamento del generale Żeligowski la Polonia riuscì ad acquisire il controllo di Vilnius, e la Lituania non ebbe rapporti diplomatici con Varsavia sino al 1938, quando fu costretta a farlo sotto minaccia polacca di guerra][7]; oggi grazie alla UE la Polonia è per la Lituania un partner commerciale importantissimo, e i due paesi hanno stretto una salda alleanza regionale nell’ambito della difesa, della politica estera ecc. (v. Triangolo di Lublino).

e. che i timori russi nei confronti di un’ipotetica entrata dell’Ucraina alla NATO siano in gran parte strumentali è dimostrato dal fatto che l’Ucraina decise di abbandonare la neutralità solo nel dicembre 2014, a causa dell’invasione russa della Crimea nel febbraio 2014, e successiva annessione illegale della penisola[8]. Le cause economiche e commerciali hanno contribuito in modo decisivo all’origine della guerra russa all’Ucraina, ben più dell’espansione NATO (v. punto 10a).

L’Italia e la Santa Sede potrebbero farsi promotrici della Conferenza perché:

11. Roma vanta storicamente ottimi rapporti con Mosca, e l’attuale presidente del consiglio Mario Draghi è uno dei leader occidentali più stimato al Cremlino. Draghi inoltre vanta eccellenti relazioni con i leader di tutte le principali potenze occidentali, ha una forte influenza a Bruxelles e gode della stima della comunità finanziaria globale (v. punto 10 e v. punti 14 e 15). L’Italia, essendo un forte importatore di energia russa, ha tutto l’interesse a far sì che torni la pace in Ucraina e che la Russia sia reintegrata nel consesso internazionale. La vulnerabilità energetica italiana fa sì che sia nell’interesse di Roma organizzare una Conferenza di successo (e Mosca avrebbe senz’altro contezza di ciò).

12. la Santa Sede ha una lunghissima esperienza nel trattare con le potenze dell’Europa orientale, e dispone di una forte capacità di moral suasion, specie verso paesi cattolici profondamente ostili all’aggressività russa come la Polonia (nonché verso leader cattolici come il presidente statunitense Joe Biden). L’attuale pontefice Francesco è molto apprezzato in Ucraina (dove c’è un’importante comunità cattolica), e la sua autorevolezza globale è indiscutibile. Inoltre egli potrebbe confrontarsi con il Patriarca di Mosca, che sembra sia ascoltato dal presidente Putin.

Per tale ragione la Conferenza potrebbe tenersi a Roma, già sede dell’ultimo G20, in quanto:

13. la capitale italiana è da millenni crocevia di culture, religioni ed etnie. Il suo fascino sui russi (così come sugli ucraini) è noto. Nell’immaginario collettivo è ormai considerata (grazie soprattutto alla presenza della Santa Sede) la “città della pace”, e nei suoi paraggi (a Pratica di Mare) nel 2002 fu firmato — grazie agli sforzi diplomatici del governo italiano — un importante impegno di collaborazione tra la Russia e la NATO. Inoltre Roma è la città dove furono firmati gli storici trattati del 1957 alla base della UE: sarebbe di buon auspicio tenere a Roma la Conferenza per la pace e la risistemazione dell’Europa orientale.

Nel concreto la Conferenza dovrebbe consistere di una dimensione politica e di una economica.

Poiché si è visto ai punto 10a, 10b e 10e che i timori russi sono di natura economica e commerciale (cioè l’integrazione dell’Ucraina nella UE) più che militari (cioè l’espansione NATO) — a dispetto della retorica e della propaganda russa — è evidente che la dimensione economica è essenziale al raggiungimento dei rilevantissimi obiettivi politici della Conferenza (primo tra tutti la pace tra Russia e Ucraina).

14. la Conferenza dovrebbe quindi finanziare un ingente e storico Piano di ricostruzione e modernizzazione ecologica dell’Europa orientale, nello spirito lungimirante che animò ad es. gli statunitensi all’indomani della Seconda Guerra Mondiale (il lancio dello ERP — più noto come “Piano Marshall”), e che ha consentito alla UE di contribuire in modo decisivo alla rinascita economica dell’Europa centrale.

a. i fondi per tale Piano dovrebbero essere forniti primariamente da UE, USA, Canada, Regno Unito, Svizzera e Norvegia, nonché da FMI, Banca Mondiale, BERS ecc.

b. è bene ricordare che la leva economico-finanziaria è la principale leva che l’Occidente può usare nei confronti della Russia. Così come l’Occidente può avvalersi delle sanzioni economico-finanziarie ai danni della Russia, e del sostegno materiale all’Ucraina (fondi, viveri, armi difensive, attrezzature ecc.), per punire Mosca, può avvalersi della sua assoluta superiorità materiale anche per premiare Mosca [bastone & carota]. Del resto la storia insegna che la pace può essere costosa, ma la guerra lo è molto di più, soprattutto quando coinvolge una potenza nucleare con 4.497 testate.

15. il Piano, che rappresenterebbe un impegno formale di fronte alla Comunità internazionale da parte di UE, Stati Uniti, Canada, UK, Norvegia e Svizzera, si dovrebbe tradurre nel:

a. sostegno finanziario a un Piano per la ricostruzione dell’Ucraina, secondo soluzioni all’avanguardia in grado di coniugare efficienza e attenzione alla sostenibilità.

b. sostegno finanziario a un Piano modulare per la modernizzazione ecologica di Bielorussia, Moldavia e Georgia.

c. sostegno finanziario a un Piano di riconversione ecologica delle industrie e infrastrutture della Russia.

16. Se il sostegno finanziario dell’Europa, degli Stati Uniti e del Canada all’Ucraina è probabilmente dato per scontato (almeno dall’opinione pubblica occidentale), finanziare la modernizzazione ecologica di Moldavia, Georgia, Bielorussia e soprattutto Russia (responsabile della guerra di aggressione all’Ucraina, e prima ancora dell’occupazione illegale della Crimea, del sostegno alle due repubbliche secessioniste del Donbass ecc.) è assai più controintuitivo, e risulterebbe inizialmente senz’altro controverso (fermo restando che in Occidente c’è un nutrito numero di elettori sensibili alle istanze russe, e che almeno in alcuni paesi occidentali gli elettori a favore della pace sono sempre di più).

Tuttavia per dare una risistemazione complessiva e duratura dell’Europa orientale occorre:

a. spirito di riconciliazione. L’ERP (Piano Marshall) non beneficiò solo i paesi europei alleati e/o occupati dalla Germania (Regno Unito, Francia, Belgio ecc.) ma anche la Germania, l’Italia e l’Austria, ex nemici nazifascisti. E si ricordi che dopo il 1945 le misure punitive nei confronti della Germania furono miti rispetto alle immani sofferenze che essa aveva provocato all’intera Europa e al mondo. Infine, diedero prova di grande spirito di riconciliazione i padri della futura Unione Europea, a partire da statisti cattolici come De Gasperi, Adenauer, Schuman.

b. lungimiranza. Infatti la rinascita economica dell’Europa orientale, e la sua integrazione nell’economia del continente e dell’Occidente (v. punto 10c) sarebbe non solo una garanzia per una pace duratura ma una gigantesca opportunità di business per le imprese europee e occidentale.

17. in cambio del Piano di ricostruzione e modernizzazione ecologica dell’Europa orientale l’Occidente otterrebbe:

a. l’impegno da parte del regime bielorusso a varare una doverosa transizione democratica, che potrebbe procedere secondo modalità simili a quelle viste nella Polonia del 1988:

I. ripristino dei diritti umani fondamentali;

II. immunità per il presidente Lukašėnka e i suoi collaboratori politici e militari;

III. negoziati ad ampio raggio tra il regime e il Consiglio di coordinamento democratico (Каардынацыйная рада);

IV. elezione di una nuova Assemblea nazionale dove una parte dei seggi venga riservata a candidati di regime;

V. neutralità irrevocabile da parte della Bielorussia, nonché garanzie irrevocabili da parte della Bielorussia a rispettare i confini e la sovranità di tutti i paesi confinanti.

b. la stabilizzazione di Moldavia e Georgia, che potrebbe procedere secondo questa modalità:

I. l’evacuazione delle forze russe in loco (sostitute da Caschi blu delle Nazioni Unite);

II. il riassorbimento di Transnistria, Ossezia del sud e Abkhazia rispettivamente in Moldavia e Georgia;

III. l’immunità per i vertici civili e militari dei tre pseudo-stati;

IV. riconoscimento da parte di Moldavia e Georgia di forme di autonomia regionale ai tre pseudo-stati, e di speciali garanzie culturali, sociali, linguistiche e politiche per le minoranze etniche, religiose e linguistiche presenti nei tre pseudo-stati.

c. l’integrazione della Russia nell’economia occidentale (su una base paritaria, e non secondo le modalità inefficaci e lesive della dignità e dei diritti del popolo russo come negli anni Novanta). Ciò genererebbe:

I. benefici economici e commerciali: l’integrazione della Russia nell’economia occidentale avvierebbe la costruzione di uno spazio economico paneuropeo da Lisbona a Vladivostok di enorme valore per le imprese occidentali.

II. benefici geopolitici: la stabilizzazione della Russia, e il rafforzamento dei legami tra la Russia e l’Unione Europea (nonché tra la Russia e le potenze anglosassoni), sottraendo Mosca all’abbraccio di Pechino;

III. benefici ecologici: la riconversione delle industrie e delle infrastrutture russe diminuirebbe le emissioni di CO2 della Russia, uno dei maggiori inquinatori del pianeta;

IV. benefici sociali: occupazione di qualità per milioni di russi impoveriti (futuri consumatori di merci europee e nordamericane).

18. Ciò comporterebbe tuttavia che:

I. non ci sarebbe alcun regime change, in quanto impossibile (v. punto 2). Tuttavia negli anni la società civile russa, irrobustita dagli scambi con l’Occidente e da un’economia più prospera e aperta, acquisirebbe più forza, e crescerebbero le speranze per una graduale democratizzazione politica della Russia;

II. la costituzione di una Commissione tecnica paritaria e super partes Occidente/Russia per verificare il valido utilizzo dei fondi occidentali da parte di Mosca (in Bielorussia, Ucraina, Moldavia e Georgia invece il processo potrebbe essere supervisionato da FMI, BM, UE e BERS, in un confronto positivo con i parlamenti nazionali);

III. la revoca di tutte le sanzioni contro la Russia, contro le sue aziende e contro tutti i suoi cittadini;

IV. il reintegro della Russia nel consesso globale, a tutti i livelli e in tutte le organizzazioni, nonché nel G7 (che dovrebbe tornare a chiamarsi G8).

Sarebbe inoltre auspicabile l’avvio di un grande round di nuovi trattati di scambio tra la Russia e la UE, tra la Russia e gli Stati Uniti, tra la Russia e il Canada, tra la Russia e il Regno Unito, nonché il ritorno al confronto diplomatico tra Russia e Stati Uniti in merito al Trattato sulle CFE, al Trattato INF e al Trattato sui Cieli aperti.

19. In cambio della partecipazione alla Conferenza, della pace con l’Ucraina (e del rispetto della sovranità della stessa nonché del suo assetto costituzionale), della graduale democratizzazione della Bielorussia e della stabilizzazione di Georgia e Moldavia, nonché della garanzia di non ostacolare il processo di integrazione nella UE di Ucraina, Bielorussia, Georgia e Moldavia, la Russia otterrebbe:

a. la neutralità permanente e irrevocabile di Bielorussia, Moldavia, Georgia e Ucraina.

b. il rilancio del dialogo e della cooperazione tra NATO e Russia, a partire del NATO-Russia Council.

c. l’impegno, da parte di Bielorussia, Moldavia, Georgia e Ucraina a rispettare le minoranze etniche, religiose e linguistiche presenti all’interno dei loro confini.

d. la demilitarizzazione completa di tutto il Donbass:

I. la Repubblica popolare di Doneck e la Repubblica popolare di Lugansk diventerebbero due cantoni fortemente autonomi nell’ambito degli oblast autonomi di Doneck e Lugansk, all’interno dei confini dell’Ucraina, secondo il modello applicato nella provincia autonoma italiana dell’Alto Adige/Südtirol;

II. per vent’anni i Caschi blu delle Nazioni Unite dovrebbero supportare le forze di polizia locale nel mantenimento dell’ordine e nel contrasto al contrabbando e al traffico di droga;

III. i vertici politici e militari delle due ex repubbliche riceverebbero l’immunità.

e. garanzie di autonomia regionale a Transnistria, Ossezia del sud, Abkhazia; promozione della cultura russa in loco nonché speciali garanzie culturali, sociali, linguistiche e politiche per le minoranze etniche, religiose e linguistiche in loco.

f. la Crimea rimarrebbe provvisoriamente una Repubblica all’interno dei confini russi, ma:

I. verrebbero immediatamente ripristinate tutte le libertà fondamentali per le minoranze etniche, religiose e linguistiche in loco (con una commissione internazionale super partes incaricata di vigilare sul rispetto delle stesse);

II. la Russia si impegnerebbe a indire un referendum entro cinque anni con tre opzioni:

- permanenza della Crimea nella Russia;

- piena indipendenza della Crimea come Stato neutrale, fermo restando il possesso permanente russo della base di Sebastopoli;

- ritorno all’Ucraina come Repubblica autonoma, fermo restando il possesso permanente russo della base di Sebastopoli.

Allo scopo di salvaguardare nel migliore modo i diritti della popolazione residente e gli interessi di Russia e Ucraina, tutte le operazioni di voto sarebbero supervisionate da una commissione super partes, su modello di quanto accadde nel 1935 nella Saar.

g. il sostegno finanziario occidentale al Piano di riconversione ecologica delle industrie e infrastrutture della Russia. Per la Russia sarebbe un’occasione unica e irripetibile nella storia per colmare il gap tecnologico ed economico con l’Occidente, e costruire una base materiale adeguata alla sua plurisecolare civiltà.

20. in cambio della pace con la Russia, della neutralità permanente e irrevocabile, e della demilitarizzazione del Donbass, l’Ucraina otterrebbe:

I. la possibilità di piena integrazione nella UE (percorso che richiederà comunque vari anni);

II. ingenti fondi occidentali per la ricostruzione come previsto dal Piano di ricostruzione e modernizzazione ecologica dell’Europa orientale (v. punto 15a);

III. la possibilità di recuperare la Crimea in modo democratico e pacifico (v. punto 19f);

IV. il recupero dei territori secessionisti nel Donbass (v. punto 18d)

21. per sugellare l’amicizia tra UE, Russia, Ucraina e Bielorussia, e favorire una più intensa cooperazione tra l’Europa orientale e l’Europa centro-occidentale, si dovrebbe varare una Eastern Dimension [sulla falsariga della Northern Dimension varata nel 1999, joint policy di successo che coinvolge su un piano paritario UE, Russia, Norvegia e Islanda][9].

La Eastern Dimension dovrebbe:

I. coinvolgere UE, Russia, Ucraina e Bielorussia;

II. consentire una collaborazione reale e paritaria in settori cruciali per i cittadini europei, russi, ucraini e bielorussi come l’ambiente, l’istruzione, la cultura, la salute, i trasporti ecc. (fatte salve maggiori forme di cooperazione in tali settori tra Ucraina e UE e/o UE e Bielorussia e/o Ucraina e Bielorussia e/o Russia e UE e/o Bielorussia e Russia e/o Ucraina e Russia);

III. la Eastern Dimension potrebbe con il tempo preludere a una più intensa collaborazione tra la Russia e la UE in settori ancora più strategici, e ad accordi commerciali di ampia portata.

22. per sugellare l’amicizia tra UE e Russia i due soggetti potrebbero proclamare il 2025 “Anno dell’amicizia tra la UE e la Russia”, e favorire iniziative culturali, artistiche, scientifiche, giovanili e sportive congiunte, per sanare le antiche ferite tra popoli.

23. per sugellare l’amicizia tra UE e Ucraini i due soggetti dovrebbero proclamare il 2024 “Anno dell’amicizia tra gli Stati membri della UE e l’Ucraina”, e favorire iniziative culturali, artistiche, scientifiche e sportive congiunte per rinsaldare i legami tra il popolo ucraino e i popoli nella UE e sostenere una migliore conoscenza reciproca. La UE dovrebbe anche:

- finanziare con maggiori risorse la traduzione di libri in lingua ucraina;

- sostenere un’iniziativa per lo studio della lingua ucraina in università e centri di formazione per adulti;

- supportare i media ucraini con contenuti in altre lingue della UE.

6 marzo 2022

Autore del testo è Gabriele Catania, direttore OGGNIL.

Questo testo è disponibile sotto la licenza: Creative Commons Attribuzione — Non commerciale — Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale CC BY-NC-SA 4.0

[1] Bob Woodward, Robert Costa, “Pericolo”, Solferino - Corriere della Sera

[2] “Zelensky says he is not afraid to discuss Ukraine’s neutral status with Russia”, TASS, 25 febbraio 2022 <https://tass.com/world/1410599>

[3] Margaret MacMillan, eminente storica canadese e autrice del saggio monografico “Sei mesi che cambiarono il mondo: Parigi 1919” (Arnoldo Mondadori Editore) ha scritto: “[Oggi] Gli uomini di Stato e i loro consiglieri tengono brevi riunioni che durano due, al massimo tre giorni, poi ciascuno torna nel proprio paese. Chi può sapere quale sia il metodo migliore per risolvere i problemi mondiali?”

[4] Gabriele Catania, “Le cause economiche della guerra in Ucraina e la possibilità di una pace vera”, Gli Stati Generali 27 febbraio 2022 <https://www.glistatigenerali.com/diritti-umani_russia/pace-europa-orientale/>

[5] <https://www.paih.gov.pl/why_poland/eu_funds>; se si preferisce prendere il caso dell’ex DDR, Bonn ha speso circa 1.300 miliardi di euro in venti anni per assorbire la scalcinata economia socialista della Germania est.

[6] Gygli, Savina, Florian Haelg, Niklas Potrafke and Jan-​Egbert Sturm (2019): The KOF Globalisation Index — Revisited, Review of International Organizations, 14(3), 543-​574 https://doi.org/10.1007/s11558-​019-09344-2

Nel 2021 KOF Globalisation Index la Polonia è al 32° posto, la Bulgaria al 33° e la Romania al 34° (la Slovacchia al 22°, l’Ungheria al 17°, la Cechia al 15°); l’Ucraina al 45°, la Russia al 51°, la Georgia al 55°, la Moldavia al 73°, la Bielorussia al 74°.

[7] Davide Artico, Brunello Mantelli (a cura di), “Da Versailles a Monaco”, Utet

[8] “Ukraine votes to abandon neutrality, set sights on NATO”, RFE/RL 23 dicembre 2014 <https://www.rferl.org/a/ukraine-parliament-abandons-neutrality/26758725.html>

[9] <https://northerndimension.info/>

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