Ad aver ragione o torto è sempre il testo

Circolo dei lettori
il Circolo degli scrittori
3 min readNov 5, 2014

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Leggere, come io l’intendo, vuol dire profondamente pensare.
Vittorio Alfieri, Del principe e delle letture, 1778–86

Con il secondo incontro del Circolo degli scrittori si è inaugurata la lettura collettiva dei novanta dattiloscritti partecipanti al concorso.

Tra gli iscritti c’è chi, dopo aver divorato libri una vita intera, è qui per scoprire modi nuovi di rileggere ciò che già conosce; chi, per avere più chiaro il mestiere di scrittore, è curioso di sapere che faccia hanno e chi sono le persone che lavorano intorno ai libri; chi ha la particolare vocazione di membro di giuria di concorsi letterari; e infine chi, eccoli gli scrittori, è qui perché ha un romanzo che fino a poco fa riposava incerto nel cassetto e adesso è in ballo al concorso del Circolo degli scrittori.

S’inizia discutendo subito, e nel dettaglio, di questo e quell’aspetto del primo testo preso in esame. Tocca a tutti, quando in accordo e quando nel più fertile disaccordo, negoziare un’opinione che paia la più corretta. Capita vengano esposti pareri che sono frutto di riflessioni estemporanee, dunque faticano ad attecchire, così come capita che un commento venga accolto e appoggiato all’unanimità. Ad aver ragione o torto è sempre il testo.

Come vanno valutati i dattiloscritti arrivati? Ha senso, o addirittura è sufficiente, vagliare l’incipit per farsi un’idea complessiva del testo? Qualcuno tra il pubblico ritiene che l’attacco di un romanzo basti a un editor per decidere se continuare o meno la lettura; qualcun altro invece no, non si fida dell’incipit e crede che occorra procedere ben oltre la prima pagina per cogliere la bontà o meno del dattiloscritto.

Succede che i quaranta partecipanti siano d’accordo tra loro e con gli editor che conducono la discussione, ma succede anche che non lo siano per nulla. Commentano a volte a voce bassa, per timidezza o indecisione, altre volte alzano la mano e avanzano il loro disappunto, proponendo una chiave di lettura alternativa.

Prendendo spunto da due dei novanta testi pervenuti, si è ragionato non soltanto della funzione svolta dall’incipit, ma anche delle scelte compiute da un autore quando decide a quale editore inviare il proprio romanzo. La curiosità dei due editor nei confronti dei dattiloscritti di cui si andrà discutendo è pari a quella che i partecipanti hanno per il modus operandi con cui questi scelgono — in casa editrice — perché un certo testo sì e un altro no. È una curiosità reciproca, quindi, quella che anima ogni appuntamento.

Sempre attorno all’incipit il gruppo si domanda come si costruisca un attacco “furbo”, dando per buono che esista, e che non siano in pochi a tentarne l’utilizzo per arpionare il lettore meno scafato. Gli editor ci tengono a spiegare — quasi a mo’ di premessa per dissuadere gli eventuali partecipanti che dovessero chiedere formule magiche — che non c’è nessuna ricetta. Tanto che talvolta l’incipit con cui il romanzo arriva in casa editrice non corrisponde a quello del romanzo pubblicato. Tutto è motivo di discussione. Tutto è da leggere e scegliere con la più acuta consapevolezza di cui si è capaci, ben ricordandosi quanto questo mestiere sia fallibile. Con l’obiettivo primario, dicono gli editor, di guardare con un po’ più di sospetto quel famoso libro che qualcuno di noi ha nel cassetto.

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