IL LIBRO GIUSTO? QUELLO CHE HAI LETTO TU

IL COLOPHON
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4 min readJun 9, 2017

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La lettura nelle scuole. Una maestra racconta di Letizia Soriano

«Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo “amare”, il verbo “sognare”.
Naturalmente si può sempre provare.
Dai, forza: “amami!” “Sogna!” “Leggi!” “Leggi! Ma insomma, leggi, diamine, ti ordino di leggere!”
“Sali in camera tua e leggi!”
Risultato?
Niente.
Si è addormentato sul libro».

Da Come un romanzo di Daniel Pennac

Si potrebbe partire da qui: un ragazzo che si addormenta sul libro. O meglio: dalla mattina dopo, quando deve mettere piede in classe e non ha letto. Non ci è riuscito anche se “doveva”. L’insegnante controlla a che punto del libro è arrivato, lo guarda con un pizzico di rimprovero: “Per oggi bisognava leggere fino a pagina 45!”.
Ovviamente gli altri ce l’hanno fatta, lui no; ovviamente il libro era lo stesso per tutti. Un indigesto e ammiccante libro per ragazzi molto in voga. L’insegnante si è sentita all’avanguardia quando ha deciso di proporlo alla classe.
L’insegnante però quel libro non lo ha letto. E oggi pretende che Piero abbia fatto il compito: sia arrivato alla pagina decisa da lei, del libro che voleva lei.

Immagino che noi tutti, insegnanti, genitori, educatori, lettori, davanti a un episodio del genere, siamo d’accordo: ci stringiamo intorno a Piero e siamo solidali con lui.
Eppure sempre di più, nella scuola, la lettura è una questione di cornice. Un contenitore molto strutturato con traguardi già definiti in partenza. Dentro ci stanno gli alunni, l’insegnante, i quaderni, le materie. Per questo quando si decide di far leggere i ragazzi si va sempre un po’ in crisi. Non perché in circolazione non ci siano autori interessanti o testi coinvolgenti, tutt’altro: ci troviamo di fronte a una scelta ampissima, davanti alla quale è davvero faticoso decidere.
Allora per non sbagliare adottiamo il metodo “uguale per tutti” e facciamo leggere ad alta voce i bambini, una riga per uno. I ragazzi della Scuola di Barbiana di don Milani però ci insegnano che non c’è nulla che sia ingiusto quanto far le parti uguali tra disuguali. E qui non possiamo far finta di niente, i nostri alunni hanno nomi diversi, caratteri e temperamenti differenti, il numero del loro piede varia in base a ciascuno così come il colore dei capelli. Come noi adulti del resto. Con la differenza che noi possiamo scegliere.
E quando scegliamo qualcosa da leggere per loro dobbiamo stare molto attenti e avere molta pazienza: ci sono libri enormi con immagini colorate e poche scritte e libri con pagine zeppe di parole, libri di avventura, libri che contengono altri libri, libri che fanno paura, libri profumati, libri che si possono accarezzare, libri che si possono prendere e lasciare senza offesa da parte di nessuno.
Ma prima ancora di riempire gli scaffali, noi insegnanti dobbiamo, ripeto dobbiamo, metterci i nostri di libri. Quelli che abbiamo amato e che ci hanno fatto piangere e ridere, quelli che a rileggerli oggi assumono tutto un altro significato, quelli che hanno una storia.

Ai bambini interessa soprattutto questo, che ciò che li circonda abbia una storia e che le storie vengano raccontate tante volte, meglio se con le stesse parole.
A quel punto poco importa se parliamo di Pinocchio, di Piccole Donne, o di Giovannino Perdigiorno, i bambini sapranno ascoltare quel racconto, quella storia letta dall’insegnante un pezzetto al giorno, ad alta voce, sapranno immedesimarsi in quei personaggi e a un certo punto troveranno la curiosità di andare nello scaffale per scegliersi un libro da soli.
Sperimentare quel piacere, quel piacere regalato da anni di nostre letture è uno dei maggiori punti di forza che abbiamo; loro non se lo dimenticheranno e sapranno di potersi fidare:
“La maestra ha letto tanti libri, posso chiedere un consiglio a lei!”
“Facciamo silenzio, la maestra sta leggendo per noi!”
I bambini questo lo capiscono da soli, non servono tante ramanzine.
E poi arrivare in classe sempre con una lettura fresca fresca sotto braccio, lasciarla sul tavolo e vedere che succede: qualcuno che si avvicina per chiedere c’è sempre.
Sui linguaggi possiamo preoccuparci ma non più di tanto: certe parole il significato sanno prenderselo da sole, e i bambini spesso lo capiscono dal contesto.
E se poi non lo capiscono, e se qualcuno chiede, tanto meglio! Avremo un’occasione in più per aprire il dizionario, per arricchire il lessico, per rubare queste parole difficili e impegnarle in un tema che scriveremo la prossima settimana.
La lettura a scuola non può essere cornice ma fuoco centrale a cui attingere per accendere possibilità nel percorso dei nostri ragazzi.
Non servono troppi libri, bastano quelli giusti, insieme al nostro esempio e alla nostra fiducia.

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RIVISTA DI LETTERATURA DI ANTONIO TOMBOLINI EDITORE