IL MIO PRIMO CINESE

IL COLOPHON
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7 min readJun 9, 2018

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Dalla lettura impossibile di un racconto di Haruki Murakami a una telefonata intorno ai filati di nylon e cotone. Di Lorenzo Mercatanti

Vorrei finalmente riuscire a leggere il racconto di Haruki Murakami intitolato Una lenta nave per la Cina che fa parte della raccolta L’elefante scomparso e altri racconti e comincia con la frase Quand’è stata la prima volta che ho incontrato un cinese?
Penso ormai saran bell’e passati una quindicina d’anni buoni dalla prima volta che provai a leggerlo: 15 anni fa, io sono seduto sul divano in sala intento a leggere il primo paragrafo che la mia figlia maggiore, allora di 9 anni e ancora figlia unica ma per poco, appena rientrata da scuola subito mi interrompe e fa, “babbo ti racconto una barzelletta che mi hanno detto a scuola: un cinese, un francese e un pratese sono su un aereo. Il francese butta giù dall’aereo le bottiglie coi profumi e il pratese gli dice: ‘francese ma perché butti giù i profumi dall’aereo?’ e il francese gli risponde: ‘sai, in Francia ne abbiamo così tanti.’ Il cinese butta giù il riso dall’aereo e il pratese gli dice: ‘ma perché butti giù il riso?’ e il cinese gli risponde: ‘sai, in Cina ne abbiamo così tanto.’ Allora il pratese prende il cinese per buttarlo giù dal finestrino…”
2–3 anni fa, stesso divano, mi riprovo a leggere Una lenta nave per la CinaA chi può interessare la data esatta del giorno in cui incontrai per la prima volta un cinese? È la volta che a interrompermi è la mia figlia mezzana, è il giorno del suo compleanno e sommerge me e il libro di animaletti di carta che gli hanno appena regalato, mi dice babbo non leggere, leggi cosa ho scritto qui. Metto da parte il libro e leggo: AL MIO COMPLEANNO DI 8 ANNI I MIEI AMICI CINESI MI HANNO REGALATO CUORICINI, DISEGNI, PICCOLE BUSTINE, DEGLI ORIGAMI FATTI DI CARTA, CESTINI, STELLINE, FIORI DI DUE MODI DIVERSI, DISEGNI DI UNA TORTA, DISEGNI DI BAMBINE E DI ME. SONO STATA MOLTO FELICE E HO IMPARATO A FARE I DISEGNI LE STELLINE E I FIORI.
E oggi? Niente, tutte le volte che ci riprovo con quel racconto la loro sorella più piccola mi interrompe snocciolandomi tutte le parole cinesi che conosce, imparate dalla sua amica del cuore. Io finalmente mi arrendo e gli chiedo, amore puoi dire alla tua amica se può domandare al suo babbo quanto gli costa al metro un tessuto in cotone e nylon. Lei alloro mi zittisce urlandomi in una lingua che non capirò mai.
Per cercare di leggere Una lenta nave per la Cina ho solo da uscire, il posto più indicato penso sia in pieno centro, dove di solito vado a mangiare il kebab. Una volta arrivato, mi accomodo e mi guardo intorno con attenzione. Prima faccio una prova, tirando fuori dalla borsa un’altro libro già letto mesi prima, Orbita clandestina di Sergio Nelli, ambientato tra Prato e Firenze, racconta la relazione tra Dario, un insegnante in congedo, e Gao, che non parla italiano e in Cina ha lasciato un figlio adolescente e un marito violento. Lo sfoglio rileggendo le parti sottolineate…
Pag. 55. In meno di due ore ho letto Un uomo senza patria di Kurt Vonnegut. (…) Dice William James: “Caso è una parola d’impotenza, ed è perciò la sola parola sincera che possiamo usare se, nel concedere libertà a certe cose, l’ammettiamo onestamente, e realmente affrontiamo un rischio.”
Pag. 58. Ho cercato qualcosa di paradisiaco e mi sono venute fuori queste tre cose:

trovare una moneta in immersione, sott’acqua

sentire la neve che si deposita sopra le labbra

dire buonanotte rivolto a un’altra camera…

Mi soffermo sulle parti in cui l’autore racconta come Dario e Gao cercano di comunicare Lei ha un “Parlo italiano” per cinesi, io ho acquistato un vocabolario italiano-cinese e un “Parlo cinese” per italiani.
Il protagonista di questo racconto, alla vigilia di un delicato intervento chirurgico, non solo è alla ricerca delle parole basilari per parlare con Gao e poter vivere così appieno questo incontro inaspettato, ma cerca anche, scandagliando il proprio vissuto, di ritrovare e ricapitolare quanto gli è realmente caro, necessario, nel suo rapporto coi figli, col vecchio padre, negli oggetti domestici, nel paesaggio, perfino in un parcheggio deserto che sa di urina e vomito.
Nel mio vocabolario ho indicato vacanza e lei ha visto la traduzione e ha capito. E anche il movimento delle mani sul volante. Vedere Firenze, fare giro mare, montagna, terme. Ha qualche difficoltà a capire la differenza tra “mare” e “male”.
Metto via il libro, sento che è il momento di Una lenta nave per la Cina, e sento proprio bene perché, come tiro fuori il libro di Murakami, subito sono distratto dalle voci del locale…
“… piccante, yogurt, pomodoro… patatine, insalata, ketchup, maionese…”
“Capito, tutto tranne cipolla,” dice l’uomo dietro il bancone.
“Bravo, la cipolla mi piace ma non la digerisco.”
“Niente cipolla, col panino devi stare bene.”
Al tavolo accanto ci sono quattro studenti, gli zaini lasciati su una sedia, pochi minuti e si alzano per pagare, “mi hai messo l’insalata,” dice uno, “ti avevo detto che non la volevo,” non lo dice per lamentarsi, vuol fare il simpatico. Gli riesce così così.
“Avevo capito che la volevi.”
“Ok, fa’ lo stesso.”
Entra un ragazzo insieme alla madre, “ciao F, come va” da’ la mano all’uomo dietro al bancone.
F. : “Bene grazie, te come va?”
“Così così.”
Ordina dei panini da portar via, mentre aspettano lui continua a parlare con F, la madre in silenzio fino a che i panini non sono pronti, “grazie F, ciao.”
“ciao.”
“Arrivederci.”
“Arrivederci signora.”
Entrano un ragazzo e una ragazza africani, “ciao,” “ciao.”
“Ciao,” F. prende in mano un panino e guarda il ragazzo aspettando gli dica come lo vuole.
“Cipolla, patatine, insalata, pomodoro, yogurt, piccante, ketchup, maionese…”
“Capito, completo.”
“Completo, completo c’è tutto.”
“Tranquillo, completo c’è tutto.”
“Bene, due completi.”
“Perfetto.” Gli dà il panino pronto e comincia a preparare il secondo, “allora, come ti va la vita?”
“Così così.”
“Così così… in Italia sempre così così.”
Il ragazzo sorride, poi si volta e guarda in alto, verso una mensola dove è poggiato un televisore sintonizzato su un canale di video musicali, “che musica è?” chiede il ragazzo.
“India e Pakistan.”
“India è bella.”
“Sì, per chi c’ha i soldi.”
“In India c’è lavoro, lo dicono c’è lavoro.”
“Se c’era lavoro secondo te ero qui, e te eri qui se c’avevi lavoro dove stavi, e lasciato il tuo paese i genitori i figli?”
“Te qui sei padrone, te vai bene.”
“Io andavo meglio quando non ero padrone, ero operaio a fine mese riscuotevo, qualcosa in nero, il padrone mi voleva bene e la notte dormivo, se bruciava la fabbrica che m’importava. Oggi, se mi suona il telefono alle tre di notte mi piglia male, che c’ho questo locale qui e tutti pensieri anche la notte.”
Il ragazzo gli chiede dove lavorava, F. gli dice il nome di un azienda, la conosco, era un mio cliente. F gli parla del suo vecchio titolare, “io un uomo così non l’avevo mai incontrato.”
“Così come?”
“Un fenomeno! Bravo, intelligente, i soldi che ha fatto, il lavoro che avevamo, mai conosciuto un uomo così. In tutta Italia e in tutta India e Pakistan non c’è un uomo come quello. Aveva 85 anni e mandava avanti tutto, quando stava peggio per la salute e hanno preso in mano i figli, allora tutto ha cominciato a andar male. Mi voleva bene, voleva costruirmi una casa dentro la fabbrica, una casa di legno, diceva, così puoi stare a dormire qui e controlli tutto. Si fidava di me, io gli dicevo già qui ci devo lavorare, pure a dormire non ce la faccio. Lui insisteva, te pensaci te pensaci, io ti faccio la casa. Che uomo! A Montecatini c’aveva tre donne: tre ganze, come dicono qui, lui 80 anni e queste che avevano tutte meno di trent’anni. Eran tutt’e tre russe, vedessi, a tutte gli pagava la casa, la macchina, a una gli pagava pure la scuola, l’università gli pagava!
Lo sai F., mi diceva, che mio figlio vuol mandarmi dai dottori perché dice che sono vecchio per avere tutte queste ganze, secondo me è lui che ha bisogno dei dottori!
E la moglie! La moglie che c’aveva non te l’immagini com’era: bellissima!”

Il mio primo cinese

“Lapplesentante?”
“Pronto?”
“Lapplesentante filati?”
“Si, chi parla?” È il mio primo cinese, per dire il primo con cui ci parlo, il primo che telefona qui in ufficio.
“Enzo.”
“Enzo ciao,” mi scappa da ridere, un amico me l’aveva detto che si italianizzano i nomi. C’ho un fornitore si chiama Enzo, un bergamasco. Dopo l’ho da chiamare, per prima cosa gli racconto di questo suo omonimo.
“Hai filato?”
“Sì.”
“Sì?”
“Sì.”
“Che filato hai?”
“Che filati cerchi?”
“… Cotone… nylon.”
“Cotone e nylon, in mista insieme?”
“Come?”
“In mista insieme… non ce l’ho la mista cotone-nylon.”
“No. Cosa hai?”
“Te vuoi non filato solo cotone?”
“No.”
“Non solo nylon?”
“No, no bene.”
“Cotone e nylon, vuoi solo quello? In mista insieme?”
“Bene cotone nylon.”
“Un filato cotone nylon.”
“Si! Filato cotone nylon! Mista! Bene!”
“Bene cotone nylon!” Ci facciamo una risata.
“Quello! Quello!”
“Ho capito Enzo, ma quello ti dicevo purtroppo non ne ho.”
“Chi ha quello?”
“Forse un amico mio potrebbe avercelo.”
“Lapplesentante?”
“No, è un filatore.”
“Filatole?”
“C’ha una filatura, lo fa lui il filato.”
“Ah, Filatula! Ochei!”
“Non sono sicuro che ce l’abbia, dovrei sentire.”
“Io pago.”
“Non ti preoccupare, se non paghi non te lo da’ il filato,” ci mettiamo a ridere di nuovo.
“Puoi sentile?”
“Posso sentire, se mi lasci un telefono ti sento e ti faccio chiamare direttamente da lui.”
“Glazie,” mi lascia un numero di cellulare e ci salutiamo.

Ho letto un sacco di libri sulla Cina. Dagli Annali a La stella rossa cinese. Eppure la mia Cina esiste soltanto per me. In altre parole è me stesso. Come esistono soltanto per me New York, Pietroburgo, la Terra, l’Universo.
La Cina gialla che occupa un’estesa superficie della Terra. Non credo che visiterò mai quel paese. Quella non è la mia Cina. Come non andrò a New York o a Lenigrado. Non sono posti per me. Il mio vagabondare si svolge nella metropolitana o sul sedile posteriore di un taxi. Le mie avventure hanno luogo nella sala d’aspetto di un dentista o allo sportello di una banca. Non posso andare da nessuna parte, e non ci vado.
(Da Una lenta nave per la Cina di Haruki Murakami).

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RIVISTA DI LETTERATURA DI ANTONIO TOMBOLINI EDITORE