C’è spazio per la realtà virtuale nella scuola reale?
Nel 2011, incautamente invitato a dire qualcosa su didattica e tecnologie a Librinnovando, volli intitolare il mio breve intervento Le tre declinazioni della didattica digitale (qui il prezi che avevo elaborato per l’occasione);
Concludevo la mia orazion picciola menzionando tre probabili fattori che potranno avere un peso specifico importante anche in ambito didattico: la realtà virtuale, il semantic web e le nanotecnologie.
A quanto pare, il primo di questi fattori, cioè la realtà virtuale, ha intenzione di emergere proprio nel corso del 2016, e se lo dice uno come Zuckerberg nientemeno che durante l’evento Samsung prima del Mobile World Congress 2016, possiamo stare sicuri che le parole non rimarranno tali per molto.
In ambito didattico, un insegnante sempre attento alle nuove tendenze come il “maestro” Roberto Sconocchini (di cui sono orgoglioso conterraneo) ha proprio ieri scritto un post in cui parla delle cardobard di Google e delle app legate all’apprendimento già disponibili sul mercato.
Se questa sarà veramente una prospettiva verosimile, magari trainata — come sempre — dalle scuole più aperte alla sperimentazione, sarà tutto da vedere; per ora rimane la constatazione del divieto quasi in tutte le scuole del Regno dell’uso del cellulare in classe, divieto condiviso spesso da dirigenti, insegnanti e genitori. La mia personale riflessione è che sia proprio in queste occasioni che il cosiddetto “animatore digitale” potrebbe agire, studiando le applicazioni, parlandone con i colleghi, individuando le realtà che magari ne fanno già uso, cercando di trarne spunti e idee da adeguare al contesto in cui si trova a lavorare. Dall’altra parte, anche gli editori potrebbero osare qualcosa, magari andare oltre le ingombranti piattaforme — perlopiù inutilizzate o sotto utilizzate — e cercare di declinare i propri materiali didattici anche in questa direzione, o meglio dimensione, che dal punto di vista didattico potrebbe essere molto coinvolgente per lo studente e sicuramente darebbe a qualche insegnante stimoli nuovi da condividere e sviluppare.
Se questo sia o meno un discorso virtuale, solo la realtà potrà dirlo.
Se ti interessa, parlo di questi e altri argomenti nel mio saggio Il digitale e la scula italiana (Ledizioni, 2015), che integro, aggiorno e approfondisco in questo spazio qui su Medium.