CHAT GPT e la scuola: o la va o la spacca

marco
Il digitale a scuola
4 min readMar 20, 2023

Se ne parla tanto, sicuramente troppo, e anche ciò che sto scrivendo non sarà che un contributo al ronzio di fondo, ma a me serve per mettere un po’ in ordine le idee, e spero sia d’aiuto anche ad altri.

La prima cosa che ho pensato è stato: finalmente. Finalmente è arrivata una tecnologia veramente disruptive, di quelle cioè che tracciano un solco tra ciò che c’era prima e quello che troveremo poi, come è stato ai tempi per l’avvento di internet, dei dispositivi mobili poi, infine dei social network. Di quelle che, finalmente, renderanno presto desuete e datate molte cose scritte sulla didattica e le tecnologie negli ultimi 20 anni (compreso, ahimé, il mio saggio, che aveva saputo rimanere attuale per ben 8 anni, grazie alla stagnazione delle pratiche e del dibattito).

L’intero impianto metodologico-didattico è riuscito a resistere in maniera inalterata, o quasi, a tutte le tecnologie elencate poc’anzi, rendendo l’integrazione di — o almeno la riflessione su — tecnologie e scuola una prerogativa solo di poche eccellenze, di docenti tanto ben disposti quanto minoritari, di rari dirigenti scolastici lungimiranti. Sempre eccezione, mai sistema. Fare sistema, si sa, è molto impegnativo, complesso, richiede energie, riflessione e tempo. Molto più facile buttarla in caciara, come si dice a Roma, cioè polarizzare il dibattito invece che affrontarlo; più facile propagare la logica dell’aut aut (o solo digitale o solo analogico) e alimentare l’antitesi tecnologia / fattore umano, invece che trovare una sintesi tra le potenzialità e i limiti dell’una e dell’altro per individuare percorsi nuovi, adatti a esigenze e a contesti differenti, perché le esigenze e i contesti non sono mai identici, sebbene le lezioni, gli orari, i libri di testo, i percorsi di studio siano ancora imperniati sulla nefasta logica one size fits all e su battaglie di totale retroguardia, come se ciò che è stato insegnato e come è stato insegnato dovesse essere replicato di generazione in generazione, non importa se fuori cambiano le regole, i presupposti, le modalità di accesso alle informazioni, se aumentano i rischi di non saper utilizzare al meglio questi nuovi strumenti e di non sapere come sfruttare al meglio queste modalità.

Ora, finalmente — lo dico e lo ripeto — è entrato in scena l’elemento che, più di ogni altro, imporrà veramente le nuove regole del gioco. Irrimediabilmente. E non basterà vietarne puerilmente l’uso in classe, come si fa (con scarso successo) con gli smartphone. L’Intelligenza Artificiale sta arrivando, è già qui, e dilagherà ovunque. Quella che vediamo ora, Chat GPT, è solo l’ombra di ciò sta per incombere, è il primo vagito di una creatura che ancora non sappiamo come e in che misura e in che tempi sarà in grado di crescere, svilupparsi e prendere il controllo sulle nostre vite. Già lo sta facendo, per il momento come i neonati sono capaci di rivoluzionare la nostra esistenza al loro arrivo. Ma presto, tra qualche anno, rideremo di quanto fosse primitivo quello che ora ci sembra un miracolo tecnologico.

Sono in tanti a essere terrorizzati dalla creatura, ma tra i più impauribili e impauriti ci sono ovviamente gli insegnanti: “Gli studenti copieranno ancora di più”. Chat GPT è il compagno/la compagna secchione/a che ti passa il compito sotto il banco; è la persona a cui affidare la stesura della tesi, ma senza pagare un euro. Chat GPT è l’incubo di ogni insegnante che abbia ancora in mente quel tipo di scuola di cui si parlava qualche paragrafo sopra. Di qui il titolo piuttosto esplicito che ho voluto dare a questa mia riflessione: sarà finalmente l’Intelligenza Artificiale della macchina in grado di fare ciò che per decenni l’indolenza naturale dell’essere umano ha sempre temuto e rimandato, paventato e procrastinato? (detto tra parentesi, appunto: non è un caso che Don Abbondio sia sempre così presente nelle aule scolastiche)

Per ora Chat GPT, pur nella sua forma primordiale, sta dicendo molto chiaramente alcune cose: se ci accontentiamo di un banale lavoro di sintesi, di aggregazione di dati anche solo superficialmente ragionata, di elencazione di elementi, di elaborazioni minimamente corrette per compiti convenzionali, da qui in poi saremo facilmente ingannati. Se insisteremo a privilegiare da una parte la sacralità della scrittura, dall’altra il ragionamento lineare, omologato e omologante, saremo facilmente ingannati come insegnanti e inganneremo sempre più facilmente noi stessi come studenti. Se continueremo con la lezione tradizionale, unidirezionale e nozionistica, inganneremo in modo infantile noi stessi come insegnanti e maniera esiziale i nostri studenti. Ma è giunto il tempo che la scuola offra — e chieda — di più.

Welcome to the machine

La Macchina è più di noi: è più rapida nell’esecuzione, in grado di contenere più informazioni, più dati, di assemblarli e rielaborarli in maniera straordinariamente efficace. Ma la Macchina siamo noi. Siamo noi che impostiamo i suoi dati e quindi definiamo le sue risposte, che escludiamo ed elaboriamo le informazioni in input e quindi determiniamo l’output. La Macchina cambierà il modo in cui lavoreremo, creeremo, studieremo. Deve anche, di conseguenza, cambiare il modo in cui insegneremo? Io penso di sì. Saremo all’altezza della Macchina, o meglio, della Macchina e di noi stessi?

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marco
Il digitale a scuola

redattore editoriale, scrivo di tecnologie applicate alla didattica.