A spasso per Olkhon
Giorno 21–10 Ottobre 2015
Una serata tranquilla senza internet in camera non capita tutti i giorni; molta lettura, ma anche a letto presto.
Mi sveglio all’alba.
La prima cosa da fare è organizzare la giornata. La proprietaria di casa mi illumina: “ci sarebbe un’escursione in pulmino di 7 ore, fino a Capo Khoboy, per 900 rubli. Zuppa di pesce compresa.” Andata.
Dimenticata da Dio, Olkhon è un gioiello intatto, bagnata da un’acqua cristallina che in inverno sembra una gigantesca lastra di vetro.
Il pulmino — uno stupendo esempio di industria automobilistica sovietica — è sorprendentemente comodo e potente. Con me, oltre al conducente e alla guida, ci sono due giovani ragazze russe e una coppia francese.
L’isola è monotematica. Ingiallita come il resto della Siberia in questo periodo, decisamente brulla e ostile. Con un vento gelido inarrestabile.
Strade deserte, sterrate, una costa in gran parte alta e frastagliata. Poi le spiagge e l’acqua, magnifiche . L’impressione è quella di trovarsi davvero in un luogo mistico. Il Bajkal non sembra affatto un lago: è infinito, sconfinato.
I ragazzi francesi intanto mi raccontano un po’ di loro: si sono licenziati e sono in viaggio verso l’Asia. Hanno un blog, ma qui forse la mia memoria mi tradisce. E poi Katerina, una giovane moscovita, molto timida, che ha deciso di girare il suo paese in cerca della vera natura del suo popolo.
Ci fermiamo per pranzo. Un fuoco acceso al volo e un pentolone con una zuppa di pesce a base di Omul del Bajkal, patate e verdure. Non il massimo.
Mi sono innamorato di questi luoghi. Per alcuni aspetti mi ricordano la Bolivia. Quel senso di infinito, di natura incontaminata, di rilassatezza incondizionata. Il silenzio e il senso di grandezza, ma anche di impotenza dell’uomo di fronte alla natura. Indimenticabile.
La giornata è splendida, fredda e soleggiata.
Saluto i miei compagni di viaggio, torno nella mia casetta in legno, appagato da questa giornata fantastica. Non è un caso che “l’isola sia considerata dai buriati uno dei cinque poli mondiali di energia sciamanica”.