A tutto Sapsan

Filippo Sala
Il Grande Mercoledi
4 min readSep 7, 2016

Giorno 6–25 Settembre 2015

È quasi l’alba ed è freddo. Ho controllato la distanza che separa l’ostello dalla stazione: si può fare. M’incammino zaino in spalla con indosso un pile pesante da montagna, un indistruttibile Berghaus anni ’80 di mio padre, di un verde sbiadito che si intona perfettamente allo stile sovietico.

Stazione-Russia-San Pietroburgo-Ferrovia
La stazione Moskovskij di San Pietroburgo

La stazione Moskovskij si sta lentamente popolando, i negozi stanno iniziando ad alzare le saracinesche. Alzo lo sguardo: le indicazioni sono chiaramente tutte in cirillico, ma il numero del treno — in perfetto orario — è comprensibile. I pochi russi che incontro sono molto ordinati: si incolonnano di fronte al portellone di ingresso di ogni carrozza con biglietto e documento alla mano, in rigoroso silenzio. Ci sono alcune anziane signore che gironzolano tra i passeggeri in attesa chiedendo l’elemosina; hanno una certa dignità nel mendicare, nessuna scortesia o insistenza, e guardandole negli occhi rimango colpito da una profonda tristezza e stanchezza che impietosirebbe anche il più freddo dei russi. Ogni singola persona presente cede qualche moneta o banconota, mostrando una certa umanità a dispetto di un viso viso glaciale assai comune da queste parti.

La Lonely Planet mi aveva avvertito, nessun wow in questi 400 km tra Saint Petersburg e Mosca. Avrei potuto prendere un economico treno notturno — 8 ore circa — tuttavia non me la sono sentita di iniziare con un viaggio cosi lungo, after the sunset.

Treno Sapsan-San Pietroburgo-Mosca
Il treno Sapsan che collega San Pietroburgo e Mosca

Il moderno Sapsan — il meglio che la meccanica russa su rotaia possa offrire in questo momento — è la mia scelta. Sono 3,45 ore che scorrono lentamente: il treno è veloce, ma il paesaggio è monotono. Ho l’impressione di aver comprato involontariamente un biglietto di prima classe. Mi godo, si fa per dire, la fantastica colazione inclusa nel prezzo: bottiglietta di acqua minerale e panino cotto e formaggio, di dubbio gusto.

La stazione di Mosca è tutt’altra cosa: gigante, caotica. Ed è solo una delle nove grandi stazioni ferroviarie cittadine. Poche fermate di metro, all’interno della splendida subway moscovita, e ci sono. Anche il Bolshoi Hostel ha tutta l’aria di essere un grande appartamento adibito ad ostello: è carino, ma decisamente affollato e caotico. Fuori fa un caldo insolito, mentre all’interno l’aria condizionata sembrerebbe essere in modalità “circolo polare artico”.

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Cattedrale di San Basilio, Mosca

Il nome dell’ostello lascia poco spazio all’immaginazione. Mi trovo a pochi passi dal Teatro Bolshoi in un quartiere che ha tutta l’aria di essere di un certo livello. Grandi negozi, firme importanti e supercar di grossa cilindrata sfrecciano senza curarsi troppo degli impavidi pedoni. M’incammino verso la Piazza Rossa, colpito dall’opulenza russa che si respira nel quartiere, fino al lussuoso centro commerciale del GUM. Supero la fantastica Cattedrale di San Basilio, presa d’assalto dai turisti che tentano l’effetto ottico fotografico di mangiarsi una guglia o pizzicarla con le dita della mano, un po’ come avviene a Pisa con la celebre Torre pendente.

Kotelnicheskaya-Sette Sorelle-Mosca-Comunisco
Il mastodontico complesso residenziale Kotelnicheskaya, Mosca

Costeggio la Moscova fino al Kotelnicheskaya, un mastodontico complesso residenziale di epoca stalinista che mi lascia senza parole: la falce e il martello e la stella rossa comunista, dominano la struttura. Il complesso fa parte delle Sette Sorelle, un gruppo di grattacieli voluti da Stalin, che rappresentano in modo impeccabile il classicismo socialista. Per chi ha avuto un’adolescenza senza guerra fredda e senza blocco comunista, il passaggio verso il consumismo sfrenato in cui la Russia si è tuffata a partire dalla caduta del muro, si scontra in modo impressionante con un’architettura gotica, mastodontica, che è li è ricordare quanto diverso fosse questo paese appena 25 anni fa. La vista del Kotelnicheskaya mi ha riportato alla mente il Palazzo della Cultura e della Scienza di Varsavia, visitato durante una gita scolastica del Liceo.

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Tramonto sulla Moscova, Mosca

Attraversare la Moscova al tramonto è una cartolina da incorniciare. Proseguo verso il Gorky Park, ma è tardi e rientro in ostello. La sera dovrei incontrarmi con una ragazza russa, fotografa. Esco, ma sono stanco e rimandiamo. Il fine settimana moscovita, sembra un normale Venerdi sera italiano. O quasi. In strada, a due passi dal Bolshoi, sento un forte botto, mi volto e vedo una macchina nera con vetri oscurati che si allontana a grande velocità: qualcuno ha appena investito una persona, una folla di gente si riversa in strada e poco dopo arriva l’ambulanza.

Torno in ostello. Nella mia camera ci sono alcuni personaggi particolari: un Georgiano, o Bielorusso — non ho ben capito — che è a Mosca per affari e passa il 90% del suo tempo in camera; un giovane ragazzo russo del Sud, molto introverso e silenzioso, che è in città per una competizione di non so quale tipo tra informatici; e infine due ragazzi apparentemente americani, che escono spesso, si ubriacano e fanno un gran casino di notte (cadono cose, uno forse faceva sesso).

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