La Riserva Naturale di Stolby

Filippo Sala
Il Grande Mercoledi
4 min readFeb 9, 2017

Giorno 17–6 Ottobre

Ho un compagno di stanza. Un giovane ragazzo russo, abbastanza schivo. Ha in programma un weekend allo Stolby Park con alcuni amici di infanzia, in campeggio; mi viene freddo solo a pensarci. Lo invito ad andare insieme, ma non accetta: non ha molta voglia di interagire.

Freddo o non freddo, la Lonely Planet lo consiglia:

“La principale attrattiva di Krasnoyarsk sono probabilmente le acuminate colonne di roccia vulcanica, chiamate stolby, disseminate nei 17.000 ettari della Riserva Naturale di Stolby (Zapovednik Stolby) a sud del fiume Yenisey”

Nei pressi del ponte Kommunalnyy, Krasnoyarsk

Il tempo è variabile quando esco in strada. Un bus pubblico alquanto malmesso mi attende nei pressi del ponte Kommunalnyy, quello stampato sulle banconote da 10 rubli. Una quarantina di minuti di tragitto fino alla stazione sciistica Bobrovyy Log, dove parte la seggiovia fino alla sommità della montagna.

I dieci chilometri di autobus nei quartieri periferici di Krasno, svelano una Russia che avevo già avuto modo di osservare durante il breve tragitto Vladimir-Suzdal e passeggiando nella periferia di Nizhny Novgorod. Una sorta di superstrada che attraversa palazzi costruiti in serie, fatiscenti. L’atteggiamento distaccato e freddo dei russi, alimenta un senso si depressione, di involuzione sociale che si respira ad ogni sguardo. Non sapevo davvero cosa aspettarmi: forse un impianto vecchio, degli anni ’70. Poco importa, non ho alternative: il percorso a piedi è troppo lungo ed impegnativo. La Lonely Planet consiglia la seggiovia ed un breve percorso a piedi per raggiungere una sorta di belvedere.

Con grande stupore, l’impianto sciistico che mi si presenta davanti è tutt’altro che vecchio e fatiscente: di recente costruzione, è perfetto, pulito, in ordine. Sembrerebbe in fase di pre-apertura, non fosse per una manciata di turisti russi che — spaesati quanto me — vagano cercando la cassa per i biglietti.

Seduto sulla “seggiola”, salendo verso la cima, noto alcuni ragazzi della scuola di sci, accompagnati dai maestri: simulano uno slalom, provano i movimenti nel tratto finale della pista, verde, in attesa della neve che sta per arrivare. Notevole. Dimostrazione, forse, di una sperequazióne economico-sociale a cui la Russia non ha ancora trovato rimedio.

Veduta dal belvedere della Riserva Naturale di Stolby, Krasnoyarsk

Arrivato in cima alla montagna, inizia a nevischiare. È freddo e il tempo è variabile: un attimo prima indossavo gli occhiali da sole, adesso mi copro dal vento e dal nevischio.

Il parco è bellissimo, nonostante le nuvole in arrivo e la luce che ormai ci ha quasi abbandonato. I colori, sono quelli dell’autunno, magici. C’è un silenzio surreale, camminare per i sentieri, da solo, non è consigliabile. Mi avventuro fino al belvedere per scattare qualche foto: la Riserva si estende per migliaia di ettari, sembra infinita. Delle mitiche stolby però, nemmeno l’ombra. Richiederebbero una camminata troppo impegnativa.

Il piccolo rifugio in cima al belvedere della Riserva Naturale di Stolby, Krasnoyarsk

Io e altre due turiste russe a cui ho appena scattato una foto ricordo, troviamo riparo nell’unico rifugio presente: uno “scatolotto” in lamiera e vetri, moderno, che non offre granché fuori stagione. La cioccolata calda, mette d’accordo la mente con lo stomaco. E placa la fame che si fa sentire.

Alcune bancarelle improvvisate nel centro di Krasnoyarsk

Rientro in città. Ho il tempo per un’ultima passeggiata tra le bancarelle improvvisate di qualche signora russa: vendono patate, cipolle, verdure di altro genere. Qualcuna serve anche del caffè caldo.

Passo la serata in ostello, aspettando il treno per Irkutsk; butto giù qualche riga per aggiornare il diario, ascolto un po’ di musica, sistemo le ultime cose nello zaino, ricarico GoPro, l’iPad e il cellulare. La routine del viaggiatore è ormai un qualcosa a cui mi sto affezionando. La fatica di ripartire ogni volta da capo, ogni 24, 48 o 72 ore, viene equilibrata dall’immaginazione di quello che verrà, dall’adrenalina.

Mi muovo verso Irkutsk, la “Parigi della Siberia”, dicono.

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