Sul delta della Neva

Filippo Sala
Il Grande Mercoledi
4 min readJul 14, 2016

Giorno 2–21 Settembre 2015

Senza il minimo bisogno di una sveglia — eccitato come un ragazzino il giorno prima della partenza per la gita del Liceo — mi alzo prestissimo. In men che non si dica, sono già alla reception convinto di poter prendere lo shuttle diretto verso l’aeroporto; lo “stringente budget” giornaliero da rispettare, anche oggi sembra essere stato accantonato in favore di un economico e veloce mezzo di trasporto privato. Niente da fare, è tutto prenotato. Poco male; zaino in spalla, mi dirigo alla fermata del filobus.

La sveglia quasi all’alba mi regala lo spettacolo della Moschea Blu senza turisti e, sopratutto, in totale silenzio. Il ragazzo dell’hotel è stato chiaro e gentile: “5 fermate, poi scendi e segui le indicazioni per la metro. Cammini circa 200 metri fino alla fermata dove è possibile prendere la linea rossa in direzione aeroporto”. Impossibile sbagliare. Detto fatto, con imbarazzante anticipo sono già arrivato. Conosco una simpatica ragazza azerbaigiana il cui nome, ammetto, non mi è mai stato chiaro a causa dell’ineffabile pronuncia; sta andando in Georgia, dove lavora come medico. Ancora non realizzo, ma sono sul volo; anzi, siamo appena atterrati.

Russia-San Pietroburgo-Pioggia

Dai finestrini si intuisce che è in corso un bel acquazzone e i segnali che giungono dagli spifferi del ponte che collega l’aereo alla struttura aeroportuale, non sono incoraggianti. Fa freddo. Forse non proprio freddo, ma rispetto ai quasi 30 gradi di Istanbul sembra di essere già arrivati in Siberia. E poi tira vento, questo si, freddo.

Ho sonno, la pennichella in aereo non è servita a niente, e forse mi ha intontito ancora di più. Il cirillico non mi è per niente familiare e capisco subito che comunicare in inglese in terra russa non sarà una passeggiata. Tutto questo mi spinge verso un taxi; il giovane tassista, decisamente russo — bianco, testa quadrata, grosso, vestito come un sovietico anni ’70 — a differenza dell’autista turco non parla, ma guida spedito. La macchina scassata e la pioggia, mi ricordano molto quei video di incidenti russi che spopolano su Youtube. Da queste parti, “amano” filmarsi alla guida e la spiegazione è facilmente intuibile: “Come ha scritto una giornalista russa, un anno fa, le strade del paese sono piene di buche, ghiaccio, guidatori ubriachi e “psicopatici” (come dimostrano parecchi video che girano su internet). Una videocamera sul cruscotto è un buon modo di difendersi da ognuna di queste minacce.”

Attraversiamo una periferia grottesca, dove tutto sembra essersi fermato a molti anni fa: ci sono file infinite di palazzoni grigi, identici, se non fosse per le tonalità di colore che variano a seconda dell’esposizione alla pioggia. Il cielo plumbeo fa il resto e rende il tutto so soviet.

Chiesa del Salvatore sul Sangue Versato, San Pietroburgo
Chiesa del Salvatore sul Sangue Versato, San Pietroburgo

Chiesa del Salvatore sul Sangue Versato, San Pietroburgo

Mi trovo sulla Nevskij Prospekt, la principale strada cittadina. San Pietroburgo è magnifica, elegante e non c’è temporale che possa scalfire la sua decadente bellezza; a tratti malinconica, ma attraversata da grandi canali che ricordano Amsterdam, con guglie colorate che spuntano quà e là, e cartelli esclusivamente in cirillico. Cammino verso la Neva, costeggio la Chiesa del Salvatore sul Sangue Versato, fino a raggiungere la Piazza del Palazzo.

Tra le poche prenotazioni effettuate nei giorni pre-partenza, ho dedicato tempo di ricerca a quello che sarebbe stato il mio primo ostello di questo viaggio; il “best small hostel” del 2014 (ma anche del 2016) si trova a San Pietroburgo e in generale, gli ostelli russi si stanno moltiplicando tanto che “nella sola Mosca il numero di ostelli, negli ultimi cinque anni, è aumentato del 900%” grazie all’estrema semplicità burocratica richiesta per aprire un’attività del genere. Tuttavia il Soul Kitchen — miglior piccolo hostel del mondo — è caro oltre la media e soprattutto è sold out: opto per il Simple Hostel Nevsky. Decisamente curato nei dettagli, silenzioso e funzionale: la camerata in cui dormo — composta da quattro posti letto disposti su due letti a castello — è piccola ma molto carina.

Ostello-San pietroburgo-Russia
Interni del Simple Hostel Nevsky, San Pietroburgo

Sono stanco, torno in ostello e mi accomodo nel silenzioso e accogliente salotto per scrivere qualcosa sul diario di viaggio. Piove ancora. Mi affaccio alla finestra e all’improvviso ho un flashback: sembra davvero una serata autunnale milanese. La temperatura novembrina, il traffico, la pioggia fitta e sottile, e l’immagine che mi si presenta — un incrocio stradale con al centro i fili dei tram come nel più classico dei grovigli meneghini — non possono che rimembrarmi un noioso pomeriggio di studio universitario.

Sono le 22.37, i pensieri sono già rivolti a domani: le prenotazioni, Mosca, i treni, le prossime tappe, l’inizio della Transiberiana e l’Hermitage da visitare.

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