L’universo femminile delle “Otto montagne” di Cognetti

Andrea M. Alesci
Il Mentitore
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3 min readOct 30, 2017
“…il ghiacciaio, disse a me e Bruno sul sentiero, è la memoria degli inverni passati che la montagna custodisce per noi”.

Piano. In senso geografico e in senso temporale. Funzionano così Le otto montagne di Paolo Cognetti, vincitore dell’ultimo Premio Strega.

Attorno a queste otto montagne ci sono arrivato dall’esplorazione a ovest di Cognetti, fatta spiando il paesaggio da una finestra newyorchese senza tende.

Quelle tende che mancano anche ai vetri da dove guarda la madre di Pietro Guasti, narratore del romanzo: lei che è costruttrice di amicizie, l’ago femminile di una bilancia che soppesa con lo sguardo le vite di chi le sta intorno, e così li salva, tutti: il marito Giovanni, il figlio Pietro, il giovane Bruno, la sua compagna Lara, la vita della montagna.

Montagna. L’altro personaggio femminile, la protagonista assoluta di questa storia, che disegna i suoi contorni fra le cime attorno al Monte Rosa e una barma drola (roccia strana) che riconcilia tempi e rapporti: il tempo dell’infanzia con quello della “adultità”, il rapporto di un padre con un figlio e di un figlio con un fratello.

“Ogni volta che tornavo lassù mi sembrava di tornare a me stesso, al luogo in cui ero io e stavo bene”.

Si sorride e si soffre con Le otto montagne di Cognetti, si cammina tra i boschi, verso le cime, lungo le creste, fra le stagioni, in posti vicini (Val d’Aosta) e posti lontani (Himalaya), calando verso la città e tornando sulla strada della nostalgia, in un movimento ondulatorio che alla fine tende sempre verso l’alto.

Scendiamo solo quando arriviamo dove non si può più salire. Lo capisci?

Comunque, si sta con il cuore sempre posato sul fianco di una montagna, attraversando tre capitoli e compiendo dodici passi con il racconto di Pietro, saldo come la roccia che ne ha plasmato il carattere e gli ha donato la capacità di vivere il lusso della solitudine.

Trovavo una qualità elastica nella roccia, che non assorbiva il passo come la terra o l’erba, ma rimandava su alle gambe la loro stessa forza, forniva al corpo lo slancio per proseguire.

Camminiamo per quasi duecento pagine misurando sentimenti di attrazione e repulsione: per la montagna, per un padre, per un amico. Una terna che riflette la struttura del romanzo, tre come le stagioni di un anno, meno l’inverno, che solo nel finale torna a essere territorio di esplorazione possibile.

Nei dodici passi cadenzati del romanzo è l’amicizia tra Pietro e Bruno che si prendere lo spazio, mentre il ricordo di un padre che non c’è più diventa una mappa di tortuosi sentieri da percorrere a ritroso, per disegnare il paesaggio di una vita vissuta lontano dai virtuosismi della città. Tutto è segnato e rivelato, senza che per questo le cose siano facili.

Anzi, sono le sofferenze, le inquietudini, le incertezze a emergere come gli omini di pietra che indicano il cammino in quota. Con il piccolo paesino di Grana vertice di un prisma a otto lati, cima elevata su un corollario di otto montagne. Il monte Sumeru della storiella nepalese che Pietro ha sentito nel suo pellegrinare orientale e che ripete all’amico Bruno. Ma chi è chi?

Forse è vero, come sosteneva mia madre, che ognuno di noi ha una quota prediletta in montagna, un paesaggio che gli somiglia e dove si sente bene.

Bruno e Pietro sono come negativi di una fotografia, come i lati inversi coperti dalla parete a nord e sui quali batte il sole di sponda. Bruno e Pietro, chi resta e chi va, uno e otto. O forse il contrario. Come diceva l’alpinista Maurizio “Manolo” Zanolla.

Tutte le montagne insieme formano una specie di montagna ideale, su cui salire leggero.

Forse, ecco il segreto di Paolo Cognetti e di una scrittura piana, orizzontale come le suole degli scarponi che servono per salire in alto. Le otto montagne sono il luogo da esplorare, dove tornare anche una volta che la scalata è finita. E per farlo, forse il segnale migliore è quello che ci dà Bruno:

Uno deve fare quello che la vita gli ha insegnato a fare.

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Andrea M. Alesci
Il Mentitore

Scrivo storie per piccoli umani, correggo testi per quelli grandi. Su Substack con la newsletter settimanale Linguetta.