CZ128: Cittadinanza Australiana

G
Il mondo secondo me
6 min readFeb 3, 2018

--

Cazzofigavaffanculo è fatta. Ancora pochi click e finalmente inserisco la domanda per ottenere la Cittadinanza. Era ora.

È notte e sono stanco, ma sono più sveglio di un quindicenne ad un rave. Sono a pochi click da quello che rappresenta uno degli ultimi passi di un percorso iniziato a Luglio 2011.

All’epoca chiusi tutto quello che stavo facendo e mi catapultai dall’altra parte del mondo. Missione: vivere in Australia. Nome in codice: O la va o la spacca. Obiettivo: Cittadinanza.

Adesso, quel minuto dopo la mezzanotte rappresenta lo scoccare di un anno intero di Residenza Permanente, requisito fondamentale per ottere la Cittadinanza, assieme ad almeno quattro anni di vita in Australia.

Ultimo click: conferma. Click. Fatta.

Mentre la richiesta viaggia nell’etere in formato chenesononsonocosìnerd, mi siedo sul balcone a guardare il non lo so nemmeno io. Maglietta sudata per la notte d’estate, in giro nessuna macchina. Poco più in la il ghiaccio si riassesta nel bicchiere. Sorso gigante di mojito. Relax.

9 Gennaio 2017

La notifica dell’arrivo di un’email mi distrae dal lavoro. Mittente: Immigration and Border Protection.

Fino a quando non avrò il mio bel passaporto Australiano, una qualsiasi comunicazione da parte di questo mittente mi procurerà sempre uno stato di allerta. Come quando ti fermano gli sbirri: sai che non hai fatto niente e che è tutto a posto, ma c’è sempre quel non so che di “non si sa mai metti trovino il cadavere nel baule, metti facciano domande alla ragazzina legata e impaurita sul sedile dietro, metti che mi chiedano dove stia andando con fucile a pompa e maschera di Joker”.Insomma, finchè non ho la assoluta certezza, il governo Australiano potrebbe decidere in qualsiasi momento che devo sbaraccare e mollarmi dietro un branco di dingo per convincermi.

Dopo queste riflessioni evolute apro la mail.

In seguito alla sua richiesta di ottenere la Cittadinanza Australiana le confermiamo che è stato fissato un appuntamento per sostenere il test in data 2 Maggio 2017 ore 12:00 pm. Si prega di portare tutti i documenti richiesti.

Perfetto. Non mi aspettavo fosse così in là nel tempo, ma va bene così. Niente dingo. Niente espatrio forzato. Tutto a posto. Si tratta solo di aspettare.

A metà Aprile comincio ad impilare tutti i documenti che riesco a trovare e che ho accumulato in sei anni di visti vari.

  • Certificato di nascita
  • buste paga varie
  • contratti di lavoro, lettere di assunzioni e lettere di dimissioni.
  • lauree
  • attestati di corsi vari
  • congedo militare, eventuali note di merito e personalià, armi usate, nemici uccisi, ostaggi salvati, militanti dell’ISIS eliminati, mondi conquistati.
  • certificati medici
  • certificati scolastici
  • foto di Ibiza 2003
  • video di me in snowboard
  • diploma del liceo
  • diploma fatto a Sydney
  • diploma fatto a Perth
  • diploma che non ho ancora fatto ma la brochure è troppobbbella
  • numero di likes su Tinder
  • documento autocertificato di cosa ho fatto, quando l’ho fatto, dove l’ho fatto, con chi l’ho fatto da quando sono arrivato in Australia fino a cinque secondi fa.
  • documento con foto firmato e autenticato dal medico di fiducia che attesti che io sono io e non un clone mandato dal futuro per eliminare i creatori di Snapchat.

Tutto questo tradotto in Inglese, fotocopiato e autenticato.

Totale: novanta-vaffanculo-due pagine.
L’impiegato dell’immigrazione mi conosce più dei miei.

2 Maggio 2017

Mi sveglio più carico di un kamikaze dell’ISIS.

Barba, doccia, discorso di motivazione allo specchio, high-five immaginario. Anche oggi sei il numero uno. Pantalone e camicia business class. Occhiale Top Gun. Macchina da Immigrato. Sorriso spacco tutto. Ultimo sguardo e via.

Entro nella hall del palazzo dell’Immigrazione come Voldemort in casa di Harry Potter. Prendo il biglietto e attendo. Controllo e ricontrollo i documenti. Niente dingo nei dintorni. Sembra tutto ok. Scatta il mio turno.

Fornisco documenti di identità e aspetto che l’impiegata mi chieda qualche documento. Appena inizia a pronunciare il nome di quello che le serve, già glielo svolazzo davanti agli occhi.

- Certificato di nascita…
- boom, eccolo.
- non serve che dica boom, solo mi dia il documento…
- ok..
- mmm… mmm… mmm…
- manca qualcosa? Impossibile, li dentro ci sono più cose di quello che penso.
- vedo il certificato, vedo la traduzione, ma… per caso questa è una stampa di un allegato email?
- ehm.. si, ma viene direttamente dal traduttore, è anche certificata dal suo timbro vede…
- si si certo, ma l’originale della traduzione dov’è?
- A Sydney. Il traduttore non me l’ha spedita.
- capisco. In questo caso non facciamo niente. Deve prendere un altro appuntamento e nel frattempo recuperare l’originale.

Mi restituisce il plico e mi dà un codice per prenotare il nuovo appuntamento. Il codice era probabilmente formato da numeri e lettere ma questo è quello che vedo io:

[brutto povero di merda, neanche sai mettere insieme due documenti. Datti una mossa sveglione]

Quello che seguirà nei successivi trenta minuti è stato oscurato per non offendere la sensibilità dei lettori e per ridurre le solite mail di gente che mi scrive “belli i tuoi articoli ma dovresti scrivere meno parolacce”.

Dopo quarantasette minuti di attesa al numero dell’ufficio Immigrazione ottengo un nuovo appuntamento: 31 Ottobre 2017. Praticamente sei mesi più tardi.

31 Ottobre 2017. Sei mesi più tardi.

Alle cinque di mattina sto facendo avanti e indietro in cortile ribaltando la ruota di un aereo cargo perché fa molto CrossFit e prepararmi mentalmente.

Doccia. Barba di sei giorni. Pantaloni militari e ginocchiere. Maglietta dei Dari. Discorso di motivazione a base di grugniti e schiaffi in faccia. Testata finale allo specchio per concludere il tutto. Urlo di guerra. Occhiale tarocco Oakley da sei dollari. Salto in macchina direttamente dal balcone. Musica da autoscontri a palla.

Entro nella hall dell’ufficio Immigrazione sottoforma di fumo purpureo. Striscio tra le sedie avvolgendo le gambe di altri immigrati e membri dello staff seminando una fastidiosa sensazione di disagio. Due immigrati rabbrividiscono e fuggono rinunciando al loro posto. Mi raccolgo tra spirali di fumo su una sedia in angolo e riprendo forma. Punto lo sguardo sul mio biglietto e attendo.

Mi siedo davanti all’impiegato con il volto più impassibile di tutti i tempi. Solita trafila di identificazione. Poi parte la richiesta dei documenti.

- Certificato di nasc…
- taaac
- traduzione origin…
- taac
- patente di gu
- taac
- non serve dire taac… contratto di affitto…
- boom
- passaporto
- ………
- non ha detto boom. Passaporto?
- non ce l’ho.
- mmm… e dov’è?
- a casa.
- perchè?
- perchè nella mail ricevuta c’è scritto che va bene anche la patente… che le ho già dato.
- eh, ma sa, quando si ha a che fare con l’immigrazione il passaporto vince su tutto.
- capisco, ma forse dovete scrivere questo nella mail invece del fatto che basti la patente…
- mmm… mmm… mmm…

Sono già pronto a fargli vedere le foto della sua famiglia in vacanza e della figlia mentre va a scuola per suggerire che forse deve considerare le sue priorità, quando sento:

Va bene. In fondo vedo che il passaporto l’ha mandato via mail con i documenti richiesti all’epoca della domanda, per cui va bene così. Si accomodi pure poco più avanti e prosegua con il test. In bocca al lupo.

Ringrazio, rimetto in tasca le foto e sparisco prima che cambi idea.

Quattro minuti e venti domande dopo esco dall’ufficio nella mia forma umana più sorridente di sempre e piano piano cammino al sole verso la macchina. Con molta calma.

È fatta. L’obiettivo deciso nell’ormai lontanissimo Agosto 2009 è stato raggiunto. Mille cose sono successe tra allora e oggi, ma finalmente è fatta.
Sono un cittadino Australiano.

Quasi…

Manca ancora di ricevere la lettera da parte del Comune con l’invito alla cerimonia di giuramento, ma si tratta di una pura formalità e, a questo punto, niente può andare storto.
Abbasso tutti i finestrini della macchina, metto una canzone che sappia d’estate e mi avvio verso il mare. Prima di partire butto uno sguardo al plico di documenti sul sedile di fianco e penso…

finalmente con voi ho chiuso. Arrivo a casa, scavo la fossa delle Marianne e vi sotterro forever. Tanto non mi servite più.

O no?

Originally published at giordanodallabernardina.com.

--

--

G
Il mondo secondo me

Author and star of several (mis)adventures in Australia, place where he lives, works and dreams.