Ritorno al Futuro 2, Parte 2

G
Il mondo secondo me
6 min readFeb 12, 2017

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Usciamo dall’aeroporto e vengo colpito dal gelo delle Terre Ghiacciate del Regno del Nord.

Passare da trenta/trentacinque gradi a meno due di certo si fa notare. Passo i primi trenta secondi ad imparare di nuovo a camminare sul ghiaccio senza morire e a guardarmi intorno cercando di ricordare che quella cosa bianca semi morbida ai lati delle strade non è finta decorazione natalizia buttata in tutti i negozi d’Australia, ma neve vera. E fredda.

Dopo una serie di misteriose rotonde ci immettiamo in strada direzione Treviso. L’orologio al polso dice mezzogiorno e mezzo, quello biologico dice vai a letto o mando il comando di paralisi completa. Faccio finta di non sentire e mi godo il tragitto.

Cinque anni sono passati dall’ultima volta che ho visto le ragazze che sono venute a prendermi. Cinque anni di aggiornamenti mancati, vita non condivisa ed esperienze diverse.

Dopo cinque minuti mi sembra di non essere mai partito.

Parcheggiamo. Indosso l’unica giacca pesante che ho in valigia, un misto tra una felpetta bucata e un k-way anni 90, calda come la maglia a rete delle Jam e le Hologram, e via per il primo spritz ufficiale. E secondo. E terzo.

plaganale
Simbolo antichissimo di un gruppo segreto; ai comuni noto con un nome fuorviante, ma ben chiaro agli adepti del circolo segreto. E antichissimo. E segreto. Ah si, e d’elite. E antichissimo. Na figata insomma.

Piani per il primo weekend solo abbozzati in quanto, a questo punto, ancora non riesco a fare bene il punto della situazione.

Come per le ragazze che sono venute a prendermi in aeroporto, sono passati quasi cinque anni da quando ho visto le facce di tutti quelli che conosco “a casa”. Gli amici di una vita di Verona e quelli di un’altra vita a Padova. Tra queste anche persone che non si conoscono tra di loro, vecchi colleghi e una serie di spostamenti da incastrare, coordinare, improvvisare.

Pianificare tutto in questi casi è impossibile, per cui tra un sorso di spritz e un tentativo di programmazione, me ne esco con il concetto del secolo, chiamato Pianificazione Fluida.

In pratica, si annuncia quello che si vorrebbe fare in linea di massima, ma rimanendo consapevoli che il tutto potrebbe andare tranquillamente a puttane di lì a trenta secondi, così come all’ultimissimo momento, causa imprevisti, appuntamenti spostati per far posto ad altri e cambi di idea dovuti a stati d’animo alterati*

*A questo proposito ringrazio tutti e tutte coloro abbiano avuto a che fare direttamente con me in queste tre settimane. Special thanks alla pazienza e flessibilità dimostrate in questi giorni frenetici. Appena finisco di disegnare la Medaglia alla Pianificazione Fluida ve ne mando una a testa e mettiamo su una cerimonia specifica. Portate Aperol.

Il tragitto Treviso-Verona passa tra un misto di emozioni e sensazioni che non so bene identificare. Un insieme di passato che ritorna e “nuovo ma già visto”. Tratti d’autostrada che mi ricordano giorni di lavoro, serate tra amici, canzoni gridate e pensieri messi in ordine chilometro dopo chilometro, esami universitari, telefonate di ore e rabbie sbollite tra un disco e l’altro.

Fisso gli occhi sulla linea bianca davanti a me e lascio andare i pensieri.

In macchina battute e risate a pioggia. C’è la voglia di colmare il più velocemente possibile quel gap che, nonostante tutto, si nota (poi magari sono io a farmi un pacco di paranoie totali); sono mezzo rincoglionito dal viaggio (ma quello che più mi ha traumatizzato è il cesso nel Qatar) e passerei volentieri le prossime ore ad abbracciare Principessa dei Gatti Furiosi e Bella Raga Bella Gara (nomi di fantasia); a tal proposito…

si ringrazia ufficialmente e copiosamente del “passaggio”… Principessa e Bella Raga (nomi di fantasia abbreviati) si sorbiscono senza fiatare il variopinto tragitto Venezia-Treviso, Treviso-Verona, Verona-Treviso. Incluso un imprevisto allungamento turistico Verona Sud-Verona Est. Non è da tutti.

Io nel frattempo sono in balia di mille pensieri e mille cose che vorrei dire, fare, pensare.

In pratica non sto capendo un cazzo.

Passano i chilometri, arrivo a casa e la prima cosa che vedo è questo:

Benvenuto Giordano
Ringraziamento speciale alla Sister…

Sorriso e un moto di commozione si fa strada in questa vecchia scorza (frase d’altri tempi e completamente fuori luogo, ma che ho sempre sognato di scrivere), poi alzo gli occhi al cielo aspettandomi le Frecce Tricolori.

Rientro a casa in serata dopo circa ventiquattro ore di viaggio, tra scali, aeroporti, voli lunghissimi e circa dieci film. Mi guardo allo specchio e vedo il Paziente Zero di qualche malattia tropicale. Ho fame, sete, sonno, bisogno di una doccia e silenzio. Ma non vedo l’ora di abbracciare genitori e sorella, che ormai mi davano per scomparso da ore (pianificazione fluida, ok?).

Dopo una doccia alla temperatura del sole crollo a letto come se fossi appena tornato da un campo di prigionia in Korea. Nei secondi che mi separano dall’incoscienza totale sorrido ad un me stesso in procinto di godersi circa quindici ore di sonno ininterrotto, svegliarsi verso mezzogiorno, ma con calma, altra doccetta rilassante taaaaaac, colazione abbondante taaaaac, briochina croccantina e cappuccino in paese taaaaac. Relax. Agio. Comfort. Lentezza.

Alle sei e zero tre apro gli occhi del falco e sono più sveglio di un defibrillato. Per i successivi venti minuti tento antichissime tecniche Zen per cedere il mio corpo al coma profondo, ma fallendo miseramente decido di alzarmi. Salto la doccia per non fare casino, scendo di sotto e trovo le desolate stanze di un edificio evacuato immerse nel freddo rigido delle Pianure del Nord.

Tutti ancora dormono, ma io sono biologicamente ancora in Australia.
Mi butto sul divano col computer in faccia e cerco di fare il punto della situazione per i prossimi giorni, incluso il weekend in arrivo (a questo punto è formalmente domenica, ma già non vedo l’ora del weekend).

I piani da quel momento al venerdì cambieranno con la stessa frequenza dell’umore di una teenager incinta, ma alla fine riesco a programmare quanto segue:

  • Venerdì seratona-ona-ona a Treviso con le ragazze Mojito;
  • Sabato Bacari violenti a Venezia;
  • Domenica giornata morbida a Treviso;
  • dal lunedì successivo tutto è ancora avvolto da una fitta coltre di mistero e oblio che rimarrà tale fino a lunedì mattina (pianificazione fluida, ok?)

Nel frattempo, mentre sento i passi di un genitore non ancora identificato dare i primi cenni di vita, mando trentasette mila messaggi ad ogni numero conosciuto cercando di riempire ogni singolo minuto tra quel momento e la sera.

Finirà a colazione prestissimo con mammà, giretto in centro per acquisti con papà e pranzo in famiglia tra racconti, aggiornamenti e piani futuri.

L’aria di casa è qualcosa che non è ben definito, ma che si riconosce all’istante. Una casa dove sono cresciuto, ho lasciato segni della mia presenza (inclusi veri e propri segni qua e là dovuti a crisi di personalità varie durante gli Anni Oscuri dell’adolescenza, un periodo di violenza e caos che mia mamma ancora scongiura con dei movimenti magici e dei fumi balsamici per scacciare il malocchio). Cammino a zonzo per le stanze guardandomi intorno. Vedo differenze e cose mai cambiate. Vedo i segni di chi è rimasto da una vita e di chi non c’è più. Mi aspetto un abbaiare che non sentirò mai e tocco oggetti carichi di un passato che non svanirà.

Abbraccio la mamma ancora e ancora. Chiamo qualche amico e mi faccio venire a prendere con destinazione chi lo sa. Ancora abbracci, domande, risate, progetti per i giorni tra ora e fin quando si può.

Sono a casa. O almeno una delle due. Ho dormito (più o meno) e sono pronto.

Si comincia…

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G
Il mondo secondo me

Author and star of several (mis)adventures in Australia, place where he lives, works and dreams.