Garbuglio di fili dentro un labirinto

emozioni disordinate e non saperne e non volerne uscire fuori

SMok
Il nuovo cerchio

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Chiasso scompiglio baraonda pandemonio. Turbamento. Confusione.

Solo così si può esordire, se non si scrive più nulla da giorni e nell’ultimo intervallo #matuguardacaso abbiamo celebrato nientemeno che le nostre nozze.

Giorni di disordine felice.

Non conosco molti modi di rimettere in ordine davanti all'assenza di spazio. I pensieri mi sembrano fili di cui non vedo più l’inizio. Nuovi ne arrivano. Tutto si mischia.

Un passo alla volta

L’attività che si è rivelata maggiormente utile a gestire la presenza costante di confusione nella mia testa e nel mio cuore è stata di sicuro passeggiare. Uscire a ore casuali per fare i cosiddetti “due passi” senza meta e senza scadenze.

Non saprei proprio immaginarne la vera causa, ma posso assicurare che ragionare mentre si cammina porta a conclusioni diverse di quando si effettua lo stesso ragionamento da seduti. C’è qualcosa nel movimento che altera la comprensione.

Del resto anche il mondo che ci circonda assume contorni e delineamenti più lunghi e distesi se proviamo a guardarlo a piedi. Anzi questo punto è davvero importante. Mi spiego meglio: ho percepito in questi giorni come i mezzi di trasporto stiano comprimendo lo spazio in cui viviamo. Questo perché lo stesso luogo può corrispondere a un minuto di macchina o scooter, e, contemporaneamente, anche a dieci o quindici minuti a piedi.

In una città è spesso impensabile coprire distante intere senza mai ricorrere ai mezzi pubblici o propri. Eppure spendere un minuto in macchina, magari guidando, richiede giustamente la nostra attenzione sulla strada. Tutto ciò che attraversiamo in quel frangente semplicemente non esiste. Potrebbe restare nel nostro immaginario qualche riferimento, quello strano albero che si è seccato in quell’incrocio, quella via dove c’è sempre traffico (uffa), quella pasticceria dove ho mangiato un mignon favoloso. Ma di tutto il resto cosa sapremmo dire se qualcuno ce ne chiedesse conto?

L’ormai insostenibile lunghezza dell’esistere

E quindi la verità è un’altra. Mi verrebbe da citare un titolo di un romanzo di Kundera, “La vita è altrove”.

Le città sono composte di singoli elementi che non riescono ad avere peso. Appaiono e nulla più, sono relegate all’oblio dell’essere appena viste per non essere ricordate. Ma la terra e il mare sono molto più grandi in ogni loro manifestazione di quello che quotidianamente ci permettiamo di capire.

Così mi viene da pensare che nessuno conosce più la vera estensione della propria città o del proprio paese. Nessuno se ne rende più conto. In pratica la realtà si è ridotta a mini porzioni di pochi punti di interesse. La maggior parte di ciò che esiste vive sotto un velo di ombra perenne. Ci sono milioni di occhi ma vedono tutti le stesse cose, e la realtà percepita è diversa dalla materia vivente e vibrante che compone il mondo.

Un momento di meditazione

Leggendo oggi la guida della Thailandia scopro che alcuni monaci utilizzano la passeggiata come metodo di meditazione.

Nel Tai Chi le arti marziali vengono rallentate e ripetute ciclicamente fino a costruire una lenta passeggiata alla scoperta del proprio corpo e del terreno su cui esso poggia.

Un passo dopo l’altro c’è molta distanza da coprire nel nostro Viaggio personale. Oggi almeno un altro passo verso la Thailandia.

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Un blog sulle difficoltà di desiderare una vita normale