Ma ti sei impazzito? Lascia stare Scienze della Comunicazione!
Breve storia di una profezia italiana poco credibile.
Non ricordo la prima volta, ma credo che sia una cosa che ho sempre fatto.
Ho sempre trovato soluzioni a problemi più grandi di me — e a volte ho rischiato davvero grosso.
Nel tempo pensandoci bene sono arrivato alla conclusione che l’esempio più emblematico di questa storia — almeno negli ultimi anni, mica posso ricordarmi tutto — è stata senza dubbio la scelta di iscrivermi a scienze della comunicazione all'università e farmi carico sul groppone del giudizio altrui.
Amici e parenti compresi, ce l’ho soprattutto con voi.
Se mai doveste leggere quest’articolo, sappiate che nonostante ciò continuo a volervi bene.
Torniamo seri.
Giudizio classico e del tipo: “non troverai mai lavoro con questa facoltà” o “scienze delle merendine? Lassa perde, fidati di me”.
Così mi sono fatto un paio di domande ed ho preso una posizione.
Ho smesso di pensare a quello che dicevano gli altri e ho cominciato a pensare a quali fossero i miei asset e come sfruttarli.
Guardandomi dentro ho trovato in me alcune cose che avrebbero potuto fare la differenza.
Un’affermata passione per il mondo tech, tanta curiosità e un’ostentata fame di arrivare a meta in qualsiasi cosa mi venga in mente di fare.
A volte è carattere, alcune cose ce l’hai nel sangue.
Piccolo spoiler prima di entrare nella vivo del racconto: Sono nato il 5 agosto di un non molto lontano 1997.
A 18 anni, dopo gli allenamenti di calcio, prendevo la metro e alle 19 andavo ai meetup su blockchain in Luiss Enlabs, frequentati da persone che in media avevano il doppio della mia età. Mi ero imposto che alla fine di ogni evento dovevo avere almeno 3 nuovi numeri nella rubrica nel telefono.
A 19 anni, al primo anno di università, agganciato da un adv su Facebook, mi iscrivo ad un corso di social media marketing a Boccea (periferia di Roma). Il corso era alle 18:30 e facevo 70km (A/R) in macchina nell’ora di punta — da neopatentato, vi devo dire che scene?
*Allego screenshot della distanza. Magari qualcuno non ci crede, non si sa mai.*
Comunque, al termine del corso mi arriva una mail dall’agenzia che lo erogava.
Mi vogliono in squadra con loro.
Accetto e collaboro con loro ad una cifra irrisoria, non importa ho bisogno di crescere.
A 20 anni, assisto alla finale della Rome Startup Week.
Entro come spettatore. Esco da lì con una decina di biglietti da visita ed un nuovo lavoro. Lavoro in Cozeat — startup attiva nel food delivery — per qualche mese e accresco il mio bagaglio di esperienza. Sbaglio spesso e cresco velocemente.
A 21 anni, durante l’università, lavoro 32 ore alla settimana per Fifth Beat — società che fornisce servizi di consulenza in ambito Ux e Ui design — come digital marketer.
Sempre in questo periodo partecipo a Dock3, programma di pre-incubazione startup promosso dall'Università degli Studi Roma Tre.
Fondo insieme ad altri 5 pazzi come me, Bikeprime.
Bikeprime è stata un piattaforma saas B2B che si concentrava sull'acquisto e la vendita di biciclette con particolare attenzione alla sicurezza dei pagamenti.
Validammo il progetto con 50 euro e una landing page che ottenne 300+ registrazioni al trial della piattaforma. In 5 giorni.
Oggi a 23 anni, sono laureato in Comunicazione a Roma Tre — mi sono concesso 4 mesi di ritardo — e lavoro per Enzima. Qui, mi sento partecipe di un gran progetto. Sono ascoltato. La mia parola conta ed oltre ad essere un marketer sono responsabile dei contenuti che sforniamo online.
Con 3 anni di esperienza su progetti concreti posso dire che un’idea dello scenario in cui lavoro me la sono fatta.
L’idea è che i proverbi — la volpe che non arriva all'uva dice che acerba — lasciano il tempo che trovano.
E sai perché?
Perché se una cosa la vuoi, ci arrivi. Fidati di uno che ha fatto comunicazione!
Il peso delle parole è una rubrica scritta senza bozze, revisioni o feedback di alcun tipo. Non vi è una frequenza di pubblicazione dettata da nessuno . Raccoglie pensieri, sensazioni e riflessioni derivanti dalla quotidianità di un ventiduenne romano, con un leggero stile umoristico e tanti errori di battitura.
Ci sentiamo alla prossima storia, ok?