Slower, Fewer, Better

Angelo Callegarin
Il Regno di OZ
Published in
6 min readFeb 13, 2022
Photo by Randy Jacob on Unsplash

Hai mai provato a chiedere in giro una risposta sincera alla domanda come stai?

Se lo fai, scommetto che la risposta sarà qualcosa di simile: di corsa, un po’ stanco, un po’ tirato, un po’ stressato, sotto un treno, è un periodo incasinato

Guardati allo specchio e chiedilo anche a te stesso. Poi risponditi la verità.

Se sei uno dei pochi fortunati per cui le cose non sono così, ben per te.

Se sei uno di tutti gli altri, benvenuto nel club. Club che ho deciso di chiamare: Quelli che non stanno bene in questo sistema del cazzo, ma che sono costretti a continuare a viverci perché questo è quello che ci tocca.

Forse devo lavorarci un po’, sul nome, in effetti.

Ciò che intendo è che, per molti, troppi di noi, la vita è ormai una continua corsa. Anzi, nello specifico è un continuo inseguimento. Ma un inseguimento dietro a cosa? A ben vedere, dietro a niente.

Si sta male in questo sistema, ed è inutile nasconderselo. C’è qualcuno che adora correre da un momento all’altro della sua vita, perdendoseli tutti perché non ha tempo di viverli appieno, affannandosi per stare dietro a tutto e poi rendendosi conto che comunque, dopo tutto questo, non è felice? Se c’è, ben per lui o lei.

Io però sto parlando con tutti gli altri.

Quello che ti invito a fare quindi è chiederti: perché?

Perché stiamo facendo quello che stiamo facendo e perché deve essere tutto sempre così di corsa?

Perché se siamo tutti tirati, tutti stanchi, tutti stressati, tutti incazzati, dobbiamo continuare così?
Perché questa corsa deve costantemente aumentare di velocità? Per arrivare dove?

La destinazione finale è una ed unica per tutti: abbiamo fretta di arrivarci senza nemmeno renderci conto di aver vissuto nel frattempo?

Chiediti perché ti tocca correre così tanto, ma allo stesso tempo chiediti anche perché fai correre così tanto quelli con cui hai a che fare.

Il cambiamento parte dalla consapevolezza, e la consapevolezza a cui ti invito ad arrivare è solo una: staremmo tutti meglio ad andare più piano, a goderci il momento, a vivere con più calma. Tanto prima o dopo muori, quindi cosa corri a fare?

Se andassi più piano avresti più tempo per ogni cosa: per farla al meglio, ma anche per goderla al meglio. Avresti più tempo per riflettere, per capire cosa fare della tua vita e dove andare, per non reagire alle situazioni senza pensare, procedendo d’impulso.

Come dicono, è proprio nello spazio tra azione e reazione che c’è tutta la tua libertà: di scelta, di pensiero, di cre-azione di qualcosa di diverso. Se non hai mai il tempo per pensare, dov’è la tua libertà?

Questo comunque non vuole essere un articolo sull’aria fritta, con tanti bei blabla, ma nessuna applicazione pratica. Questo vuole essere la svolta, e per questo ti chiederò di fare qualcosa.

Guarda alla tua vita, con spassionata obiettività. Guarda a ognuna delle cose che fai, ognuna delle relazioni che intrattieni. Renditi conto di quanto sarebbero migliori se avessi il tempo. Sii consapevole appieno di ciò e poi.

E poi prenditi quel tempo.

Prenditi il tempo per fare meglio quel lavoro. Per stare in compagnia di tua figlia. Per goderti di più il tuo ragazzo. Per creare quell’opera d’arte.

Se fai un lavoro manuale, quanto meglio ti riesce se lo fai con i suoi giusti tempi? E se invece fai un lavoro creativo, quanto meglio riesci a creare?

Per cui il mio invito è questo: inizia a sabotare questo sistema, inizia a chiederlo, questo spazio per fare bene le cose, e sappi giustificarlo, così che non te lo possano negare, ma che anzi siano ben contenti di dartelo. Inizia a rifiutarti di partecipare a questa folle corsa che, ormai la Storia e le Storie dovrebbero avercelo insegnato, può solo finire male.

No, questo tavolo te lo consegno una settimana dopo di quello che mi hai chiesto, perché devo scolpire al meglio gli intagli che mi hai chiesto.

No, la strategia marketing te la consegno tre giorni dopo di quello che mi hai proposto, perché se devo analizzare bene il mercato e poi ti devo creare un concept comunicativo sensato e originale, questo è il tempo minimo per farti un buon lavoro.

No, il preventivo non te lo posso fare in due giorni, perché devo prima raccogliere tutte le informazioni precise dai fornitori, se voglio darti una quotazione precisa e affidabile.

E tu che sei dall’altra parte, a meno di emergenze, renditi conto di questo e agisci di conseguenza: il mondo non è lì con l’ansia di vedere il tuo nuovo sito, per cui bisogna assolutamente che vada online entro quella data specifica. Nessuno è con il fiato sospeso ad attendere il rebranding del tuo marchio di creme per le emorroidi. Il tuo ordine su Amazon non è necessario che arrivi assolutamente entro 24 ore: puoi vivere anche una settimana senza quei jeans, quella lampada di Star Wars, quelle scarpe in alcantara. E se vai al bar o al ristorante, ci vai perché hai tempo da perdere, per cui se anche devi aspettare un minuto di più non serve che ti incazzi con il cameriere. Se hai fretta, non entrare nemmeno. E poi che fretta hai, che magari sei in ferie o in giro a passeggiare? Stai tranquillo, goditi l’attesa e la compagnia e abbi pazienza.

La rivoluzione sta quindi nella scelta di cosa fare e di come farlo. Sta nella scelta di prendersi il giusto tempo, ma anche nell’avere pazienza. Senza mai dimenticare professionalità, servizio e impegno, ma dimenticando (quella sì) la fretta inutile e dannosa.

È per questo che qui e ora fondo il movimento Slower, Fewer, Better.

Il nome del movimento è anche il suo manifesto, e la mia idea è di vederlo diffondersi per il mondo al più presto. Non serve nemmeno pagare una tassa di iscrizione: bisogna solo tenere saldi i tre principi fondamentali in ogni cosa che fai nella tua vita e sei automaticamente un membro.

Slower: quello che fai, fallo con più calma, assaporandolo, senza aspettare continuamente di arrivare al momento successivo, all’ora successiva, al week end successivo. Fai quello che devi fare, fai quello che vuoi fare, ma fallo con il suo giusto tempo, ponendoci la giusta cura. Goditelo, anche se magari non è un’esperienza piacevole, perché, bene o male, è tutto temporaneo ed è comunque parte di quell’unica vita che hai da vivere.

Fewer: fai meno cose. Fanne meno, cazzo. Non è che vivi di più se fai quarantordici attività al giorno, anzi. Facci caso: una giornata piena di cose ti porta ad arrivare a sera senza nemmeno accorgertene, e senza praticamente esserti reso conto di aver vissuto. Nei limiti del possibile, trova le tue priorità e lavora su quelle, mentre il resto lascialo a bordo strada. Non parlo solo del tempo perso a giocare con lo smartphone o altre attività inutili che tolgono tempo e vita. Parlo anche di scegliere tra quelle utili: se ne ammucchi troppe, le fai male e in ogni caso non ti daranno i benefici che ti servono. Se al mattino prima di lavoro ti fissi in testa che devi fare meditazione, allenamento, diario mattutino, un po’ di yoga, un’ora di lavoro sulla tua opera d’arte e magari prepararti anche una colazione elaborata, è probabile che dopo una settimana ti trovi più stressato, più stanco e più debole di prima, invece di raccogliere i frutti delle buone abitudini.

Better: fai meno cose, appunto. Ma falle meglio, ponendoci più attenzione, focalizzandoti completamente su quello che stai facendo, senza distrazioni o smartphone o notifiche. Non inseguire il numero di risultati, ma insegui la qualità del risultato. Insegui, anzi, la qualità del processo che ti porta al risultato, e scoprirai presto che anche il risultato che ne consegue sarà quello a cui miravi. Non è certo, soprattutto se non tutto dipende da te, ma di sicuro puoi spingere le cose nel verso giusto. Non hai controllo sul fatto che il tuo libro sia un successo, ma hai controllo su come lo scrivi. Non hai controllo sul fatto che la tua presentazione piaccia al tuo capo, ma hai controllo su come la prepari. Non hai controllo su come andrà a finire la relazione con la tua ragazza, ma hai controllo su come la tratti e su cosa fai con lei.

Tutto chiaro?

Non tiratemi fuori discorsi sull’impraticabilità di mettere in pratica questo tipo di azioni, perché ho visto gente sconfiggere l’apartheid, altra gente rovesciare dittature e altri ancora imparare a volare, e qui si parla solo di un cambio di mentalità, niente di più. So che non è così facile, ma la domanda rimane sempre quella: perché dovremmo continuare a vivere in una così folle corsa, se nessuno alla fine vuole davvero vivere così?

E teniamo a mente che una folle corsa finisce sempre in un grosso schianto. Abbiamo veramente voglia di schiantarci?

Ho finito.

Originally published at https://oz-tales.com.

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Angelo Callegarin
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Mi occupo di copywriting e comunicazione. E scrivo storie.