Andare oltre

Non è che se sono curioso devi mettermi in castigo

Fabio Pedroncelli
Under the mat

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Dai tre ai cinque anni ho frequentato una piccola scuola materna in un piccolo paese di una grande regione. Era gestita da suore che io vedevo e consideravo grandi come la regione in cui vivevo e io mi sentivo piccolo come il paese in cui hanno costruito quella scuola materna. Tutto questo era causato dal fatto che l’unico rapporto, l’unico tipo di interazione che queste sorelle avevano con noi bambini era attraverso il rimprovero. Il rimprovero su ogni cosa, quindi è normale che consideravo vangelo ogni loro parola e con il passare dei mesi iniziai a chiedermi se fosse meglio fare quello che mi veniva detto oppure no. Mi promisi comunque che quando avessi obbedito, dentro la mia testa avrei immaginato me stesso nell'atto di fare l’esatto contrario.
Il rimprovero più frequente che mi veniva era rivolto era quello di essere curioso.
Io credo che quando iniziamo ad acquisire la cosiddetta capacità di intendere e di volere, noi siamo come un foglio completamente intonso, una chitarra ancora avvolta nello scatolone, insomma non sappiamo ancora cosa per noi sarà buono e cosa sarà cattivo, cosa sarà divertente e cosa sarà miserabile. Tutto viene modellato dalle persone che sentiamo parlare, dagli insegnamenti, dai rimproveri, appunto. Proprio per questo motivo iniziai a vedere la curiosità come qualcosa di negativo, non poteva essere altrimenti dato che venivo messo in castigo perché una suora diceva che ero curioso.
Non sapevo nemmeno cosa volesse dire essere curioso, non l’ho saputo per molti anni, anche quando ho iniziato a vedere quelle sorelle da una posizione che non le faceva sembrare affatto grandi come un tempo.

Mi sento di dire che non c’è niente di più sbagliato. Credo che la curiosità sia un merito, non una colpa. Mi riferisco ad ogni tipo di curiosità, anche quella di un bambino di quattro anni che nel primo pomeriggio non riesce a dormire e nel silenzio di una stanza adibita al riposo chiede ad una suora se sotto il velo ha i capelli oppure è calva. Forse in questo caso si tratta di curiosità fine a se stessa, ma non è questo il punto. Ovviamente il discorso non si limita solo al clero femminile, sarebbe quasi uno scenario idilliaco, sono convinto che la società italiana abbia il vizio di dare un’accezione negativa a concetti che, al contrario, sono forieri di positività in generale.
Temo che l’Italia, intesa come popolo, abbia sempre convissuto con un ossimoro interiore, una lotta senza soluzione di continuità tra l’essere curiosa e il volere incolpare la curiosità. Come ogni cosa bella, la curiosità affascina ma fa anche paura. Lo diceva anche Collodi

“La curiosità, massime quando è spinta troppo, spesso e volentieri ci porta addosso qualche malanno”

La curiosità è ciò che permette ad un essere umano di andare oltre, oltre le conoscenze che già possiede, oltre il giudizio degli altri, oltre i rimproveri, oltre tutto. Nonostante reputo il concetto della curiosità un concetto sempiterno e non scalfibile dal tempo, oggi come non mai abbiamo bisogno di persone curiose. Intendo molto curiose, al costo di risultare fastidiose a chi non lo vuole essere. Forse nemmeno Collodi si è accorto, ma è stata anche e soprattutto la curiosità a farlo diventare il personaggio che è stato.
La necessità di andare oltre è una delle più urgenti di questi tempi, scoprire vie nuove, modi per risolvere i vecchi problemi e di impedire che ne nascano di nuovi. Tutto questo è realizzabile solo attraverso l’esercizio dell’essere curiosi, di non fermarsi, di non temere e della convinzione che “sapere tanto” non vuol dire “sapere tutto”, ma significa “avere più mezzi per conoscere altre cose”.

La curiosità è dentro ognuno di noi, penso dal momento in cui nasciamo e spesso accade che l’ambiente in cui veniamo lanciati compie tutto il possibile per farcelo dimenticare, facendoci credere che l’essere curiosi è una colpa per la quale verremo messi in castigo. Interessandosi, chiedendo e pretendendo il confronto con l’altra gente si crea lo spazio per nuove idee, un’idea tenuta in tasca per sempre prima o poi si scarica, come un accendino. Anche perché, detto francamente, se la curiosità fosse una colpa, molto probabilmente saremmo tutti in castigo.
Il britannico Samuel Johnson era già d’accordo del XVIII° secolo

“La curiosità è una delle caratteristiche più certe e sicure di un intelletto attivo”

E’ questa, a mio avviso, una delle sfide più grandi del nostro Paese in questi anni. È la classica sfida che quando verrà vinta, ne genererà altre più grandi: incolpare la curiosità è una scusa, un modo per rendere tutto piatto. Nel momento in cui la curiosità non sarà più una colpa, le idee usciranno dalle tasche e si mescoleranno e non avremo più scuse, avremo più responsabilità. Non a casa anche responsabilità è un concetto che la società utilizza quasi esclusivamente in senso negativo. Vorrei dire che questa è un’altra storia, ma temo che invece sia sempre quella.

Non è importante se hai quattro anni o venti o trenta, se sei una suora o un ragazzo che sta per lanciare la sua start up, la sua idea. Tutto quello che sai deriva per buona parte dalla tua curiosità, non sarebbe per niente educato non permettere agli altri di essere curiosi.

(La suora non mi disse mai che tipo di capelli aveva sotto il velo, ma questa, davvero, è un’altra storia).

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Fabio Pedroncelli
Under the mat

Bergamo, Italy. Born 1990, graduating in International Business. Fond of everything that has the power to stay in people’ mind. Writing and Britishness addicted