Auto-ironia e altri demoni

Non ridere di te stesso non ti porterà da nessuna parte

Fabio Pedroncelli
Under the mat

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A noi immortali non piace essere presi sul serio, ci piace scherzare. La serietà, caro mio, è una nota del tempo: nasce, te lo voglio confidare, dal sopravvalutare il tempo. Anch’io una volta stimavo troppo il tempo e desideravo perciò di arrivare a cent’anni. Ma nell’eternità, vedi, il tempo non esiste; l’eternità è solo un attimo, quanto basta per uno scherzo. (Herman Hesse)

Sono veramente poche le parole che mi hanno segnato come queste, scritte molto probabilmente di notte, poco dopo che Herman Hesse aveva chiuso definitivamente la sua storia d’amore con Ruth Wenger. Considerato che l’immortalità, intesa propriamente come situazione nella quale la morta non sopraggiungerà mai non esiste, è necessario trovare nuove vie per intendere il concetto di immortalità. Vie importanti, come quella indicato da Herman Hesse ne “Il lupo della steppa. L’eternità è solo un attimo, appunto, quanto basta per uno scherzo; a questo punto con eternità intendo “vivere al massimo delle proprie possibilità, mostrandosi”.

Le parole di Hesse mi hanno colpito fin da subito perché incarnano esattamente ciò che ho sempre pensato. Una delle condizioni necessarie, ovviamente non sufficienti, per una mente brillante è quella di sapersi mettere in gioco, di riconoscere i propri limiti e i propri difetti e saperli presentare all’esterno senza dare l’impressione che nemmeno noi stessi sopportiamo quelle imperfezioni. Essere immortali vuole dire, anche, non avere nulla dentro di noi che ci possa uccidere. E’ per questo motivo che, fin dall’infanzia, ho sempre reputato in modo negativo le persone che non sanno ridere di sé stesse. E lo considero ancora adesso un concetto sempiterno, applicabile ad ogni circostanza di vita, a ogni età. A scuola, al lavoro, in famiglia. Io, per sentirmi completamente a mio agio, ho sempre trovato indispensabile mettermi a nudo al fine di mettere in evidenza tutto ciò che di non perfetto ho, quasi ad ostentarlo, quasi a sdrammatizzarlo. Si potrebbe dire che tutto questo è un chiaro segno di debolezza, di tentativo estremo di soffocare qualcosa che non si sopporta all’interno di sé. Io credo, invece, che sia esattamente il contrario.

Vedo debolezza, infatti, in chi non sa ridere di sé stesso, in chi eleva un muro di serietà attorno a sé e si rinchiude in una turris eburnea dove tenere nascosti i propri difetti, i propri vizi. La serietà, intesa come paura di prendersi troppo sul serio, non ha mai portato troppo lontano, buona parte delle menti più grandiose della razza umana eccellevano anche in uno spiccato senso dell’umorismo. E dall’auto-umorismo, qualcosa che, come l’auto-erotismo, viene spesso demonizzato frettolosamente. La caratteristica di accettare di mettersi in gioco, di fare ironia su sé stessi è anche, a mio avviso, fondamentale in ambito lavorativo quando si è a capo di un gruppo, di un team-work. Dal momento che, per il raggiungimento di un obiettivo finale, è fondamentale che tutti i membri si sentano parte di un sistema dove i dislivelli siano i più impercettibili possibili, un leader non può chiudersi in sé stesso tramutandosi in una sorta di deus ex machina con caratteristiche divine ed inattaccabili. Ancora una volta, questo può essere visto come un sintomo di debolezza, ma rimane una delle forze più grandi. Non è un caso, infatti, che molte aziende selezionino come proprio leader persone non solo esperto all’ambito del management inteso in senso stretto, ma anche persone attente e capaci alla gestione delle relazione tra la varie persone e capaci di creare alchimie tra loro e chi li circonda. Ovviamente un caudillo in giacca e cravatta rende questo tutto molto più complicato.

Quindi cerco sempre di mettere le parole di Herman Hesse in tutto quello che faccio, con la consapevolezza che se l’immortalità ha la durata di uno scherzo, allora sapere scherzare e sapersi scherzare non faranno di me una persona poco raccomandabile. L’ironia, ovviamente usata bene, può fare capire cose che dettagliate orazioni faticano a spiegare in centinaia di parole. Prendersi meno sul serio significa mettersi in gioco e di conseguenza essere più aperti mentalmente, rendersi disponibile ad accettare critiche, farne di propriee creare qualcosa di nuovo. E questo non è uno scherzo. L’ironia, ovviamente, non è tutta uguale, non è tutta da apprezzare. L’ironia utiule, quella di cui parlo, è quella sottile e pacata, quella che solletica le menti. Un tipo di ironia che già molti secoli fa era chiara

Esistono in tutto due generi di scherzo: uno volgare, violento, vergognoso e osceno, e un altro elegante, urbano, ingegnoso e fine (Cicerone)

Putrtoppo, o per fortuna, l’immortalità corporea non è realizzabile, ma tante vie all’immortalità sono aperte. Accettarsi e ridere di sé stessi in modo intelligente, come diceva Hesse, è una di esse. Non possiamo tenere dentro di noi le nostre mancanze, tanto prima o poi usciranno. È meglio farsene una ragione, e girarle a nostro favore. Non avere paura.

La morte significava ben poco per me. Era l’ultimo scherzo in una serie di pessimi scherzi (Charles Bukowski)

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Fabio Pedroncelli
Under the mat

Bergamo, Italy. Born 1990, graduating in International Business. Fond of everything that has the power to stay in people’ mind. Writing and Britishness addicted