Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia

Patto elettorale, l’importante è pareggiare

Ecco come si è arrivati al minimo comune denominatore tedesco (e chi sta vincendo)

Daniele Bellasio
Il Segnale
Published in
5 min readJun 1, 2017

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Di solito le leggi elettorali che non sono di nessuno sono quelle che piacciono a tutti. Matteo Renzi conosce benissimo le regole di base della politica e dunque dice: il sistema tedesco non è la nostra proposta, ma va bene. E il sistema tedesco, metà proporzionale e metà collegi, ma strettamente legati tra loro (per esempio: un solo voto su una sola scheda per i due sistemi di elezione), e con una soglia di sbarramento in via di definizione attorno al 5 per cento, piace più o meno a tutti e accorcia i tempi della campagna elettorale iniziata il 4 dicembre 2016, con la sconfitta renziana al referendum per la riforma costituzionale.

Anche perché dopo che il G7 di Taormina è stato organizzato, e l’Italia ha fatto il suo dovere di padrone di casa, e dopo che la Rai i suoi travagli li ha avuti, con tanto di uscita del direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, nulla più è davvero d’ostacolo — hanno pensato dalle parti di Renzi — al ritorno anticipato alle urne. Come si sa, infatti, la Rai precede la politica e di solito la determina. Certo, ci sarebbero i mercati, l’Europa, la manovra per i conti… ne riparliamo più sotto.

Legge di nessuno — si diceva — dunque legge di tutti. Il Movimento 5 Stelle, infatti, dice: il sistema tedesco non è la nostra legge, ma va più o meno bene. La Lega di Matteo Salvini conferma: non è la nostra legge, ma va bene, anzi, va bene qualunque legge pur di andare presto al voto. Silvio Berlusconi chiosa: non è la mia legge, fosse per me lo sbarramento lo metterei all’8 per cento (per non rischiare nemmeno lontanamente che Angelino Alfano e altri centrismi entrino in Parlamento togliendo a Forza Italia lo spazio dell’ago della bilancia), ma va bene. Al centro soltanto Stefano Parisi accetta la sfida del sistema tedesco: non è la mia legge, vorrei lo strumento della sfiducia costruttiva, ma va bene. Mentre il resto dell’area di mezzo si arrabbia senza troppe conseguenze, la legge senza autore sta per essere scritta.

Come si è arrivati al minimo comune denominatore tedesco? Matteo Renzi, mentre riconquistava il Partito democratico con le primarie, ha lasciato che si discutesse di ipotesi iper-proporzionaliste nel dialogo con i centristi, ribadendo però che la proposta del Partito democratico era il Mattarellum. Poi, riconquistato il partito, ha abbozzato qualche minuto di politica dei due forni, aprendo al dialogo con Berlusconi e/o con il Movimento 5 Stelle, sapendo in realtà di poter contare sull’appoggio di Matteo Salvini al Mattarellum e a qualunque altra soluzione che portasse il prima possibile il paese alle urne. Dopo la melina dei due forni, per stanare soprattutto Berlusconi, Renzi ha fatto circolare alla grande l’idea che ormai il patto con Salvini per il Mattarellum era fatto e con tanto di contorno verdiniano, nel senso di Denis Verdini e della proposta di legge elettorale soprannominata Verdinellum, ovvero il Mattarellum corretto, che poi via via è stato ribattezzato in Rosatellum. Insomma, tutte le ipotesi in -ellum erano pretattica.

Con lo spauracchio del patto con Salvini, Renzi ha stanato Berlusconi, che alla fine ha proposto una cosa molto simile al sistema tedesco che ora va per la maggiore, e ha accettato, in cambio del dialogo con Renzi, l’idea di andare al voto presto, in autunno.

Quello che aveva capito tutto da tempo è un’altra vecchia volpe della politica italiana (e padana): Roberto Maroni. Il governatore della Lombardia, infatti, intuendo mesi fa che tutto convergeva verso l’autunno, prima si è schierato con il collega Veneto Luca Zaia per tenere i referendum autonomisti per le loro due regioni il 22 ottobre e poi ha fatto capire di poter abbreviare il suo mandato in Regione Lombardia per ricandidarsi e andare al voto anche per le regionali in autunno, potendo godere così di un doppio, triplo effetto traino.

Quindi tutto bene e tutti felici? Ovviamente non proprio.

Alfano e i centristi sono arrabbiati? Che alternative hanno? Far cadere il governo in protesta per essere stati esclusi dalle procedure di scrittura della legge senza autore? Renzi non potrebbe sperare nulla di meglio che trovare qualcuno cui dare in campagna elettorale la responsabilità della fine anticipata della legislatura e dell’attuale governo Gentiloni.

La campagna elettorale in estate non sarà molto seguita? Esattamente ciò che i maggiori partiti vogliono: che il voto fotografi i rapporti di forza per come sono più o meno ora nei sondaggi, di qui il sistema tedesco e la campagna elettorale sotto l’ombrellone.

L’Europa ci chiede conto dei conti? Ai maggiori partiti non pare vero che ci sia un governo, quello Gentiloni, più o meno di nessuno e dunque di tutti, a fare i sacrifici che servono, magari anticipando le misure necessarie a stare in equilibrio oppure almeno ad abbozzarle e ad annunciarle. Se poi il precipitare verso il voto dovesse far scattare clausole di salvaguardia, tipo aumenti di Iva per ora soltangto rimodulati, non sarà colpa di nessuno. Insomma, sarà stato il solito meccanismo automatico indotto dal fattore esterno, la solita cattiva Europa, ma i partiti che c’entrano? Tattica tanta, strategia meno.

Dopo il voto chi governa? Ecco, questo si vedrà poi, cari tutti. Noi intanto votiamo, poi i partiti in Parlamento vedranno il da farsi, dipende da come viene la fotografia delle forze in campo di cui si diceva. Basterà il patto tra Partito democratico e Forza Italia per riportare Matteo Renzi a Palazzo Chigi? Oppure Renzi dovrà (ri)giocare la carta Gentiloni per avere un maggioranza che vada dal centro fino alla sinistra di Pisapia-Bersani-D’Alema e soci, anche loro speranzosi ma indeboliti dall’arrivo del sistema tedesco e dal poco tempo prima del voto? Oppure ci dobbiamo aspettare un governo para-tecnico appoggiato dal Movimento 5 Stelle primo partito, magari con il sostegno ancora più esterno della Lega di Salvini? Oppure tutto l’asse della futura coalizione di maggioranza penderà un po’ più verso il centrodestra e allora sarà Carlo Calenda la carta nemmeno troppo coperta del fronte liberale a essere calata sul tavolo? Possiamo fare soltanto ipotesi e queste sono quelle che circolano di più. E possiamo fare soltanto ipotesi perché se la legge elettorale è senza autore, figuriamoci se può essere chiaro il vincitore il giorno delle elezioni. Su questo specifico punto, a vincere è oggi Berlusconi, che ormai da tempo ha capito che in Italia l’importante non è partecipare, ma pareggiare.

E se i mercati la prendono male? La politica pensa troppo spesso che i mercati siano abbastanza grandi da badare a loro stessi. Tattica tanta, strategia meno.

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