COME TRASFORMARE UNA SCOPERTA SCIENTIFICA IN UNA STARTUP #1

Roberto Viola
Il segreto della natura
6 min readJun 27, 2018
“Carico di salute”, 2017 (per gentile concessione di V. Giambartolomei)

Talvolta le scoperte scientifiche non restano chiuse nei cassetti, ma si trasformano in brevetti, innovazione, startup. È il caso di Mirnagreen: azienda nata, nelle parole del suo fondatore Roberto Viola, «da una scoperta scientifica che ha aperto prospettive assolutamente inattese, con opportunità anche di tipo applicativo e commerciale. Quindi dai laboratori di un centro di ricerca, si è passati alla decisione di costituire una società finalizzata alla valorizzazione di queste scoperte». Mirnagreen, appunto. In questo post, la prima parte di una lunga conversazione del team della startup con Viola sulla genesi e l’orizzonte aziendale.

“Mela assoluta”, 2017 (per gentile concessione di V. Giambartolomei)

Prima di tutto dottor Viola, qual è la scoperta scientifica alla base del suo progetto?

Studiando alcune molecole vegetali con delle funzioni particolari all’interno delle piante — tutte le piante, voglio sottolineare –, abbiamo scoperto, in modo del tutto inaspettato e imprevedibile, che queste molecole, seppure a bassissime concentrazioni, hanno un effetto molto importante sul sistema immunitario dei mammiferi, umani inclusi. Hanno un’efficacia cosiddetta immunomodulante, cioè modificano la reazione immunitaria dell’organismo, a concentrazioni estremamente basse. Così basse da far pensare che siano tra le molecole naturali più efficaci e specifiche sinora scoperte.

La cosa sorprendente è che nessuno, prima delle nostre ricerche, aveva mai ipotizzato né pensato che queste molecole potessero avere un’efficacia bioattiva nei confronti dell’uomo o di altri mammiferi, dal momento che si tratta di molecole, come dicevo prima, che funzionano all’interno del regno vegetale, e che hanno funzioni regolatorie nelle piante: non c’erano i presupposti per pensare che potessero funzionare anche nei mammiferi.

Come si chiamano queste molecole?

Si chiamano microRNA. La scoperta ci fa pensare che i microRNA possano effettivamente rappresentare una nuova classe di micronutrienti da aggiungere a quelli già noti; e tuttavia rispetto a quelli già noti pensiamo che possano avere un’efficacia ancora maggiore, e quindi possano in effetti spiegare molte delle proprietà protettive note delle piante, sia nel consumo alimentare che nell’uso medicinale, soprattutto in relazione all’effetto positivo nei confronti del sistema immunitario e della prevenzione di varie patologie associate alla disregolazione del nostro sistema immunitario.

La scoperta ci fa pensare che i microRNA possano effettivamente rappresentare una nuova classe di micronutrienti

Parliamo dell’infiammazione cronica e delle cosiddette malattie croniche non trasmissibili, una serie di patologie molto gravi, come il cancro, le malattie autoimmuni (oggi la principale causa di morte a livello globale), in tutto o in parte associate appunto a una disregolazione del sistema immunitario. La nostra scoperta può essere collegata alle ben note capacità benefiche e preventive delle piante, specie a livello alimentare, quindi l’effetto preventivo che un’alimentazione a base vegetale ha nei confronti dell’insorgenza di queste patologie.

Prima della nostra scoperta queste capacità, queste funzioni positive dell’alimentazione vegetale, non avevano una spiegazione meccanicistica, per così dire: non era, cioè, noto un meccanismo che potesse giustificare o spiegare quest’efficacia preventiva. Con la nostra scoperta riteniamo che questo punto possa essere stato risolto, e quindi il meccanismo d’azione che noi abbiamo determinato per quanto riguarda l’interazione tra i microRNA e il sistema immunitario sia in grado di spiegare tali effetti benefici.

“Navicella vegetale”, 2017 (per gentile concessione di V. Giambartolomei)

Insomma, mangiare frutta e verdura fa molto bene.

Questo è risaputo: noi scienziati lo sappiamo grazie ai dati statistici ed epidemiologici, ma in varie civiltà pre-scientifiche era già noto da tempo. Infatti l’associazione tra consumo (sia attraverso la dieta che per uso topico), prevenzione e cura risale alla notte dei tempi. In moltissime culture esiste una pratica curativa basata sulle piante, dalla tradizione erboristica europea all’ayurveda indiana, dalla medicina tradizionale africana alla medicina tradizionale cinese. Queste pratiche, che non hanno naturalmente una base scientifica ma esperienziale, riportano un effetto positivo di molte piante, escluse ovviamente quelle velenose. Quello che noi abbiamo scoperto…

È un segreto della natura?

Se vogliamo metterla così sul piano divulgativo, potremmo rispondere di sì. Il punto è che le tradizioni che ho citato, le antiche associazioni delle piante ad effetti positivi, stanno ottenendo riscontri scientifici, ad esempio attraverso l’identificazione dei cosiddetti micronutrienti. Che comprendono varie classi di composti che la ricerca scientifica più moderna ha identificato anche all’interno delle piante, e che possono in parte spiegare queste loro capacità benefiche. Con la nostra scoperta si va ad aggiungere una nuova categoria. Sino a oggi gli acidi nucleici, e in particolare la sottospecie di acidi nucleici chiamati microRNA, non erano mai stati associati a un effetto positivo. Noi pensiamo il contrario; siamo anzi convinti che possano essere promossi, a tutti gli effetti, come agenti positivi della salute derivanti dall’alimentazione.

Perché non si è compreso prima il ruolo positivo dei microRNA vegetali?

Perché queste molecole sono state scoperte molto recentemente. Il forte sforzo di identificazione dei principi attivi rilevanti per la salute, in particolare le vitamine, è stato compiuto soprattutto nel secolo scorso, con le conoscenze di allora. I microRNA sono stati scoperti solo una ventina d’anni fa, quindi molto dopo. E naturalmente senza conoscere queste molecole, non le si poteva identificare e associare a un effetto benefico. Inoltre in biologia si è sempre ritenuto che gli acidi nucleici, così come altri polimeri vegetali, durante l’alimentazione venissero completamente degradati…

“Peperone meridiano”, 2017 (per gentile concessione di V. Giambartolomei)

E che quindi non avessero nessuna utilità?

Sì, per molto tempo si è ritenuto che non avessero un effetto diretto sulla salute, poiché in forza di alcuni vecchi studi sugli acidi nucleici, si riteneva che il passaggio attraverso il tratto gastrointestinale, ricco di enzimi e condizioni ambientali favorevoli alla degradazione di queste molecole, gli impedisse una funzione biologica. Bisogna considerare che questi microRNA vegetali sono stati scoperti vent’anni fa, ma che soltanto 3–4 anni fa si è iniziato a riscontrare come queste forme di acidi nucleici, molto più piccole rispetto a DNA o RNA, siano in realtà più resistenti: sono una forma di acido nucleico particolare, molto più robusta, e quindi c’è la possibilità (che negli ultimi anni è stata sostanzialmente riscontrata) di una loro permanenza durante il percorso del bolo alimentare, almeno sino all’intestino. Ciò induce a pensare che all’interno dell’intestino queste molecole potrebbero avere una funzione biologica che fino a pochissimi anni fa era ritenuta impossibile, appunto perché si pensava che tutti gli acidi nucleici venissero degradati. Quindi si tratta di progressi scientifici che stanno aprendo degli scenari che soltanto fino a pochi anni fa erano ritenuti impossibili.

All’interno dell’intestino i microRNA potrebbero avere una funzione biologica che fino a pochissimi anni fa era ritenuta impossibile

Mettendo insieme tutte queste novità in campo scientifico, siamo arrivati a definire i microRNA delle piante come una nuova classe di micronutrienti, da sempre presente all’interno dell’alimentazione. O almeno, noi la riteniamo tale. Del resto, si tenga a mente che gli acidi nucleici rappresentano circa il 2 per mille dell’alimento: comunemente un essere umano consuma circa 1,5 kg di alimenti (parliamo di peso totale) al giorno. Se questi alimenti fossero freschi, si parlerebbe di 1,5–2 grammi di acidi nucleici contenuti in questi alimenti. Acidi nucleici che, fino a qualche tempo fa, si riteneva fossero soggetti a totale degradazione, per cui una volta arrivati all’intestino non erano più acidi nucleici ma i costituenti di acidi nucleici poi assorbiti dal sistema circolatorio e utilizzati a livello energetico. Le ultime ricerche, invece, fanno pensare che una parte di questi 1,5–2 grammi di acidi nucleici possano sopravvivere.

E poiché noi abbiamo osservato che, per esempio, i microRNA vegetali sono attivi a concentrazioni estremamente basse, assai più basse rispetto a quelle di altri micronutrienti vegetali (parliamo di 100–1000 volte più basse), è possibile (e noi lo riteniamo invero molto probabile) che le concentrazioni di queste molecole all’interno del sistema intestinale possano avere degli effetti sul sistema immunitario. Quindi l’alimentazione può essere una fonte totalmente naturale di queste molecole utili per la salute, in termini di immunoregolazione, quindi di protezione del sistema immunitario.

Per maggiori informazioni, si visiti il sito http://www.mirnagreen.com/

[Intervista a cura di G. Catania]

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PhD, fondatore e presidente di Mirnagreen.