COME TRASFORMARE UNA SCOPERTA SCIENTIFICA IN UNA STARTUP #2

Mirnagreen Stories
Il segreto della natura
7 min readJul 7, 2018
“Caravella fruttariana”, 2018 (per gentile concessione di V. Giambartolomei)

Alcune scoperte scientifiche hanno un orizzonte rivoluzionario. È il caso della ricerca alla base della startup nutraceutica Mirnagreen, che dimostra come i microRNA della frutta e della verdura non solo possono costituire una nuova classe di micronutrienti, ma svolgono un ruolo fondamentale per la salute. Nel precedente post il dottor Roberto Viola, fondatore e presidente di Mirnagreen, ha spiegato il valore della scoperta. In questo post, approfondisce con il team dell’azienda diversi aspetti chiave.

“Fico astrale”, 2018 (per gentile concessione di V. Giambartolomei)

Si può dire che Mirnagreen ha portato alla luce un “segreto della natura” che l’umanità aveva intuito da millenni?

Sì. Quando abbiamo testato i microRNA vegetali sul sistema immunitario, ci ha sorpreso molto scoprire un effetto, diciamo così, di soppressione dell’attività infiammatoria in corso; in altre parole, questi microRNA (miRNA, nel gergo scientifico) sono degli anti-infiammatori già a bassissime concentrazioni. L’elemento sorprendente, che ci ha fatto saltare sulla sedia, è che i microRNA (che sono molecole presenti in tutti i sistemi biologici) di fonti non vegetali, ad esempio animali, non hanno tale effetto. Questo nonostante il fatto che i microRNA siano, sostanzialmente, mere sequenze di nucleotidi, da un punto di vista strutturale: in teoria queste sequenze, a prescindere dalla loro origine animale o vegetale, dovrebbero sortire lo stesso effetto. Non è così. Grazie ai nostri esperimenti abbiamo visto che i microRNA ottenuti dalle piante hanno un effetto anti-infiammatorio, quelli animali no. Ciò significa, quindi, che il sistema immunitario riesce, in qualche modo, a identificare la fonte del miRNA; noi abbiamo collegato questo fenomeno al fatto che le piante, rispetto a tutti gli altri organismi, aggiungono alcune componenti alla struttura dei miRNA per renderli più stabili all’interno delle cellule.

Grazie ai nostri esperimenti abbiamo visto che i microRNA ottenuti dalle piante hanno un effetto anti-infiammatorio, quelli animali no.

Può darci qualche dettaglio in più?

Certo. Vede, solo nelle piante si riscontrano queste modifiche. Si tratta di modifiche diciamo così strutturali: vengono aggiunti alcuni gruppi metilici in posizioni specifiche della catena. Si tratta di modifiche assenti nei microRNA prodotti da altri organismi, e noi, con la nostra ricerca, abbiamo sperimentalmente dimostrato che queste modifiche sono riconoscibili dal sistema immunitario umano; che sa discriminare tra miRNA vegetali e miRNA, appunto, non vegetali. Questa, oggettivamente, è stata una scoperta importante, non solo per la novità del meccanismo di riconoscimento, ma anche perché — e qui subentra una considerazione sulla possibile importanza di questa scoperta — la scoperta va a innestarsi in ciò che sappiamo sulla dimensione pro-infiammatoria del microRNA o RNA animale, il cd “effetto interferonico”. Il sistema immunitario, quando entra in contatto con RNA di origine animale, lo riconosce, e fa partire una forte reazione infiammatoria, una sorta di crisi di rigetto perché la presenza di RNA umano o animale viene interpretata come una patologia in atto che porta al rilascio di RNA al di fuori delle cellule.

Cioè questi sensori identificano l’RNA e ne associano la presenza a una problematica che va affrontata con l’attivazione del processo infiammatorio, corretto?

Esatto. Questo è appunto l’effetto interferonico, noto da moltissimo tempo. In poche parole, quando il nostro sistema immunitario individua elevate concentrazioni di RNA e microRNA animale, attiva il processo infiammatorio, mentre quando trova miRNA di origine vegetale lo spegne. È sorprendente, ci si chiede come mai esista questa differenza. La nostra ipotesi è che gli esseri umani abbiano cominciato ad avere una dieta povera di vegetali, specialmente vegetali freschi, solo da circa 10–12mila anni, in concomitanza con la rivoluzione agricola. Si passò, in quel periodo remoto, a una dieta basata su altre fonti alimentari: in parte carne, grazie all’allevamento di bovini, ovini, caprini ecc…, in parte fonti sì vegetali, ma particolari, cioè cereali trasformati, amidi soprattutto.

“Una ciotola di rubini”, 2017 (per gentile concessione di V. Giambartolomei)

10–12mila anni, sul piano evolutivo, sono un lasso di tempo davvero breve.

Esatto. L’ipotesi che facciamo noi è che il nostro sistema immunitario, che si è evoluto nel corso di milioni di anni, sia ancora in qualche modo associato a un’alimentazione molto ricca di vegetali, cioè quella dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori. E poiché ipotizziamo che i microRNA vegetali resistono al passaggio intestinale, ed è nell’intestino che si concentra gran parte del sistema immunitario, è proprio in quella porzione del tratto digerente che si verifica l’interfaccia tra l’alimento (o comunque ciò che è stato ingerito), e il sistema immunitario. E del resto noi possiamo immaginare che una massiccia e prolungata assunzione di vegetali (e quindi l’ingestione di una quantità importante di microRNA) abbia inevitabilmente condotto all’adattamento dell’organismo; altrimenti i nostri antenati — che si cibavano principalmente di frutta e verdura — si sarebbero trovati in uno stato di infiammazione permanente, dovuto al fatto che il loro sistema immunitario non riconosceva i miRNA dei vegetali di cui si cibavano.

L’ipotesi che facciamo noi è che il nostro sistema immunitario, che si è evoluto nel corso di milioni di anni, sia ancora in qualche modo associato a un’alimentazione molto ricca di vegetali.

Se tale ipotesi è corretta, e cioè se è vero che il sistema immunitario si sia in qualche modo adattato all’alimentazione eminentemente vegetale, e abbia cessato di attivarsi in presenza di RNA derivante dall’assunzione di vegetali, questo spiegherebbe l’effetto benefico dei miRNA vegetali. Naturalmente il sistema immunitaria non ha mai smesso di attivarsi in presenza di RNA derivante da altre fonti…

Quando lei parla dei nostri antenati, si riferisce non solo ai primi uomini e agli ominidi, ma anche ai primati.

Certo. I primati, da cui deriviamo, si nutrivano al 95% di vegetali, nel loro intestino non c’era una grande quantità di altri tipi di miRNA. Soltanto negli ultimi dieci, dodici millenni si è verificato questo cambia radicale nella dieta, con un calo marcato dei vegetali e un aumento della presenza di cibi non vegetali, o vegetali trasformati. È altamente possibile che questa modifica della dieta non sia ancora stata recepita dal sistema immunitario, che continua a non attivarsi, anzi a disattivarsi, quando si mangiano vegetali, mentre tende ad attivarsi quando si ingeriscono alimenti con RNA provenienti da altre fonti, perché il sistema immunitario non li riconosce come alimenti. Questo potrebbe contribuire a spiegare perché l’uomo agricolo, rispetto all’uomo paleolitico — e ci sono molti dati scientifici a riguardo — abbia subito, da un punto di vista della struttura fisica, una debilitazione molto importante. Frutto, anche, di un effetto negativo della disregolazione del sistema immunitario. Stiamo parlando di un umano paleolitico con un apporto quotidiano di circa 2 kg di frutta e verdura, rispetto a un umano che scende a meno della metà di questo apporto.

“Kiwi kiwi”, 2018 (per gentile concessione di V. Giambartolomei)

Ci sono quindi evidenze a supporto di quest’ipotesi. Un calo del consumo di frutta e verdura fresca porta a una riduzione della performance fisica, e probabilmente anche all’aumento di diverse malattie. Fino ad arrivare ai giorni nostri, segnati ahimè da una massiccia assunzione di carne di tutti i tipi, molti amidi, poca frutta e verdura.

Dottor Viola, la scoperta del ruolo del miRNA vegetale rende la dieta mediterranea, così ricca di verdure, frutta, legumi, erbe selvatiche e semi, ancora più salutare. È corretto?

Effettivamente la dieta mediterranea è ricca di vegetali freschi, cereali possibilmente integrali, e soprattutto non contiene grandi quantità di carne, che sono fonti di miRNA o RNA che il sistema immunitario riconosce negativamente, provocando l’attivazione del già menzionato processo infiammatorio.

Particolare tratto da “Navicella fruttariana”, 2018 (per gentile concessione di V. Giambartolomei)

La dieta mediterranea però contiene pesce.

Sì, è vero, contiene pesce, che però è una fonte di RNA di origine non mammifera. Questo, a livello di sistema immunitario, può portare a reazioni meno acute, in quanto il riconoscimento è basato sulla specie e sulle famiglie tassonomicamente associate: il maiale, per esempio, è più vicino a noi del cefalo. L’ipotesi — che com’è ovvio va testata e verificata, si tratta appunto di un’ipotesi — è che il calo del consumo di frutta e di verdura nella nostra alimentazione abbia condotto anche a un calo del quantitativo di miRNA vegetali, molecole proattive, utili per la nostra salute.

Detto questo, sulla base delle analisi condotte, riteniamo che la quantità di frutta e verdura in grado di fornire naturalmente — ossia attraverso l’ordinaria alimentazione — un quantitativo di microRNA sufficiente per conferire la massima tutela al nostro sistema immunitario sia circa 2 chili. Proprio il quantitativo stimato per la dieta fortemente vegetariana dei nostri antenati paleolitici. Ma sappiamo bene che l’essere umano moderno non consuma 2 chili di frutta e di verdura al giorno, ne consuma molti meno; perciò torniamo alla correlazione di cui si parlava prima. L’epidemiologia mostra come una delle strategie, forse la migliore, per prevenire le malattie del sistema immunitario sia il consumo alimentare di frutta e verdura. Per ogni cento grammi in più che si consumano quotidianamente, si ha una riduzione della contrazione di rischio di infiammazione cronica, e del rischio di morte causata da tutte le malattie croniche non trasmissibili.

Per maggiori informazioni, si visiti il sito http://www.mirnagreen.com/

[Intervista a cura di G. Catania]

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