I soldi non sono tutto

Ma essere trasparenti a proposito di soldi, sì

Matteo Roversi
Work In Progress
5 min readFeb 2, 2023

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Con un mercato del lavoro sempre più dinamico e i cambiamenti continui legati all’innovazione e alle trasformazioni tecnologiche, le organizzazioni sono sempre meno “stabili” al loro interno. Il posto fisso è un pezzo d’antiquariato e la flessibilità buona a volte si traduce in un via-vai frenetico, che non fa bene né alle aziende né alle persone e spesso significa la dispersione del talento.

Come fare allora ad attrarre le persone di talento, a motivarle a scegliere la nostra organizzazione e, quando le abbiamo trovate, a convincerle a restare con noi?

I MILLE — Headquarter

A qualcuno sembrerà un falso problema. I più cinici diranno: è molto semplice, basta pagarle di più degli altri.

In realtà gli studi e le analisi più convincenti dicono che i soldi non sono tutto ciò che serve per attrarre e trattenere le persone, né per motivarle a lavorare in modo efficace e creativo. Sono importanti, certo, ma non bastano a spiegare le scelte di chi va e di chi resta.

Inoltre è chiaro che per un’azienda puntare tutto sul rialzo economico non è conveniente e non può essere sostenibile all’infinito. La strategia “top of the market” di Netflix, pagare tutti con la retribuzione più alta nel mercato, è una straordinaria eccezione. Legata anche a un modello organizzativo molto innovativo e a una cultura interna del lavoro in qualche modo rivoluzionaria. È un esempio al quale sarebbe bello avvicinarsi, ma che non è alla portata di tutti.

La maggior parte delle nostre aziende si troverà molto più spesso nella situazione per cui, da qualche parte in Italia o nel mondo, esisterà sempre un’altra organizzazione disposta a pagare di più quella persona che per noi è fondamentale.

Perché questa persona decida di restare con noi, quindi, la promessa dello stipendio deve combinarsi ad altre forme di motivazione: la cultura, l’ambiente di lavoro, la bellezza e l’ambizione dei progetti, la forza delle idee.

In che rapporto stanno allora soldi e motivazione?

Si potrebbe formulare così: i soldi non sono una motivazione decisiva per scegliere di lavorare in un posto, o per decidere di restarci. Ma sono una motivazione sufficiente per scegliere di lasciare il posto in cui si lavora.

Negli ultimi anni c’è stata una proliferazione di servizi e community in cui le persone si scambiano consigli sul lavoro e in particolare sugli equilibri salariali, confrontandosi per capire chi è sottopagato.

Molto semplicemente: se una persona sente o si accorge di non essere pagata quanto ritiene giusto, primo o poi se ne va.

Ma cosa vuol dire “giusto”, in questi casi?

Due cose:

  1. giusto rispetto al mercato: se in aziende simili chi fa un lavoro simile viene pagato il doppio, abbiamo un problema; avremo l’azienda piena di persone che non vedono l’ora di andare a lavorare in queste aziende;
  2. giusto rispetto ai colleghi: se qualcuno si accorge, o anche solo sospetta, di essere pagato meno per il ruolo che ricopre, per le responsabilità che ha, per la sua capacità di risolvere problemi, gestire un progetto o far funzionare un team, abbiamo un problema; anche questa persona cercherà di andarsene alla prima opportunità.

Generalmente le organizzazioni affrontano questo tipo di questioni rifiutando di affrontarle: la soluzione è non parlare mai di soldi. Soldi, stipendi e accordi diventano un tabù culturale e chiedere a qualcuno quanto guadagna viene considerata una domanda indiscreta, sconveniente. Chi la riceve può offendersi o immaginare oscure motivazioni e trame segrete. In un clima di questo tipo, malcontento e insoddisfazione possono proliferare anche se non ci sono squilibri gravi: è l’opacità stessa, la mancanza di trasparenza a creare il sospetto e a guastare l’ambiente.

Per tutti questi motivi in I MILLE abbiamo provato ad affrontare la questione in modo completamente diverso. Abbiamo deciso di rendere tutti gli stipendi trasparenti e verificabili da tutti, in qualunque momento.

Abbiamo creato le matrici che vedete qui sopra: comprendono tutti i livelli professionali, dallo stage alla C-Suite/partner. A ciascun livello abbiamo associato una fascia di stipendi. In questo modo ognuno all’interno dell’organizzazione sa sempre in quale livello si trova e in quale livello si trovano gli altri. E può sempre verificare quale possibile percorso ha davanti — e qual è il percorso degli altri.

Le matrici sono due.

Fino al livello P3 valutiamo soprattutto le capacità professionali. Gli anni di esperienza vengono considerati, ma non sono un parametro determinante: bastano un paio d’anni di lavoro alle spalle per passare al livello P2. Poi si valutano le hard skill, le capacità di gestire progetti complessi e quelle di costruire un processo di lavoro, non solo di implementarlo.

La matrice del Leadership Team invece si basa su parametri più attitudinali: valutiamo l’atteggiamento sul lavoro, il livello di mentorship, la responsabilità e anche la capacità di far crescere il business.

A partire dal livello Lead è possibile accedere a compensi variabili, che non superano mai il 18% della RAL e soprattutto non sono legati a obiettivi/traguardi personali, ma sempre di gruppo.

Questo è il modo in cui noi cerchiamo di motivare le persone che lavorano con noi a restare in un ambiente trasparente, in cui le scelte sono leggibili e comprensibili. Allo stesso tempo, vorremmo contribuire allo sdoganamento generale del discorso sui soldi e sugli stipendi. Fare in modo che si possa rompere il tabù e che informazioni vitali per l’esistenza di un’organizzazione e per il benessere delle persone siano liberamente condivise e circolanti.

Ingiustizie, squilibri e disuguaglianze nel nostro Paese — più che altrove — sono anche alimentate dal fatto che esiste il tabù dei soldi. È raro che l’opacità favorisca chi sta in basso nella piramide sociale: la mancanza di informazioni condivise ha sempre favorito chi detiene il potere.

Nel prossimo episodio di WIP mostreremo anche il sistema che ci siamo inventati per passare da un livello all’altro: un sistema orizzontale e partecipativo, basato sulla valutazione tra pari, che scardina il meccanismo tutto verticale delle promozioni e degli aumenti.

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