Questa azienda non è un albergo. È una cucina.

Un modello organizzativo per le imprese del futuro

Paolo Gervasi
Work In Progress
Published in
6 min readAug 24, 2023

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A luglio il Leadership Team de I MILLE ha incontrato Alessandro Mininno, co-founder dell’agenzia Gummy Industries. Negli ultimi due anni Alessandro e il suo partner Fabrizio Martire hanno riorganizzato radicalmente Gummy, ispirandosi al modello RenDanHeYi, il principio organizzativo del colosso cinese degli elettrodomestici Haier. Un modello pensato per trasformare un’organizzazione centralizzata e gerarchica in una galassia di micro-imprese. E così valorizzare autonomia, responsabilità e spirito di iniziativa.

Lentezza, burocrazia, distanza dal mercato

In principio, ci ha raccontato Alessandro, c’erano una serie di problemi che rendevano poco dinamica l’agenzia, e meno divertente e creativo il lavoro.

Crescendo e arrivando a impiegare diverse decine di persone, Gummy era diventata lenta, ingessata da una eccessiva burocratizzazione dei processi decisionali e delle operazioni.

In più, la lentezza dell’organizzazione allontanava i leader dai clienti, li rendeva incapaci di intercettare le loro esigenze e più in generale le esigenze del mercato. Così era più difficile innovare, elaborare idee nuove, rispondere in modo creativo alle richieste dei clienti, e soprattutto era più difficile anticipare i loro bisogni futuri, interpretando i trend emergenti. Nell’organizzazione si era sedimentata una certa passività: mancavano spirito d’iniziativa e senso di imprenditorialità. Insomma, c’era bisogno di cambiare. Ma come?

RenDanHeYi: dall’azienda alla piattaforma

Studiando e ricercando possibili modelli organizzativi alternativi, che permettessero a Gummy di fare le cose in modo più efficace, Alessandro e Fabrizio si sono imbattuti nel modello elaborato dal CEO dell’azienda cinese Haier, Zhang Ruimin, conosciuto come RenDanHeYi.

In breve, il modello prevede di trasformare un’organizzazione gerarchica e centralizzata in una costellazione di micro-imprese: unità che funzionano in autonomia, con un management, un’amministrazione, una gestione finanziaria, obiettivi e strategie autonome. Formalmente indipendenti, le micro-imprese si coordinano e lavorano insieme seguendo l’orientamento generale del Gruppo. Ma è l’indipendenza e la responsabilizzazione dei singoli leader a dare a ogni unità il dinamismo e la “fame” di una startup. Ed è il fatto che le micro-imprese siano direttamente sul mercato a renderle competitive e a permettere loro di generare valore: per sé, per il network, e per i clienti.

La casa madre si trasforma quindi in una piattaforma, il cui compito è quello di abilitare l’azione delle micro-imprese. Attraverso le quali riesce a restare dinamica e a contatto diretto con le trasformazioni del mercato.

Ren significa “persona”, Dan significa “ordine, organizzazione”, HeYi sta per “combinazione, incontro”: responsabilizzare le persone, per valorizzare il contributo che possono dare all’organizzazione, e permettere loro di generare un valore che beneficia tutti.

Dalla Cina a Brescia: le cucine, gli chef e le brigate

La distanza tra un’azienda cinese di elettrodomestici da 80.000 dipendenti e un’agenzia digitale italiana andava colmata rielaborando e adattando il modello. Così Alessandro e Fabrizio si sono inventati una metafora che sarebbe stata facilmente comprensibile per i loro collaboratori, quella delle cucine.

Gummy Industries è stata suddivisa in una serie di “cucine”, unità più piccole che hanno l’autonomia finanziaria e organizzativa di una vera e propria impresa. Dopo aver raccolto idee e candidature, i fondatori hanno deciso quali sarebbero state le cucine, e chi le avrebbe guidate. Ogni cucina infatti è coordinata da uno “chef”, un mini-CEO che fissa gli obiettivi, gestisce il budget, coordina le operazioni, definisce l’offerta specifica di prodotti e servizi (il menu). Ogni chef si è dotato di una “brigata”, un team di collaboratori scelti tra le persone di Gummy: la composizione dei team è stata il risultato di una libera contrattazione, che prevedeva anche la libertà per gli chef di investire le proprie risorse per convincere i talenti che ritenevano più importanti a lavorare con loro.

Per colmare le possibili lacune iniziali in fatto di management e gestione dell’organizzazione, Gummy ha garantito supporto agli chef e una vera e propria attività formativa, attraverso l’istituzione di una accademy interna.

Il mercato centrale, le pasticcerie e i ristoranti

Oltre alla cucine esiste il mercato centrale, o mercato dei freschi: una cucina che vende servizi finanziari, amministrativi, di contabilità e di coordinamento, e li vende solo all’interno. In caso di necessità, le cucine possono acquisire prodotti e servizi internamente, dalle altre cucine, ma tutto viene contabilizzato come una spesa normale, e anche gli acquisti interni incidono sui budget delle cucine.

Ci soni poi le pasticcerie, ovvero le unità che fanno ricerca e sviluppo. Sono attive per intervalli di tempo limitati, e lavorano a progetti specifici e molto ben definiti. Lo chef che vuole aprire una pasticceria presenta il proprio progetto al mercato centrale, definisce le risorse, il risultato e l’output, e lavora al progetto per il tempo necessario a raggiungerlo. Poi la pasticceria chiude.

Le cucine agiscono dunque seguendo i propri obiettivi e la propria linea di business, mentre la casa madre continua a svolgere una funzione di orientamento, di business development e di primo contatto con i clienti. Quando una cucina cresce e si sviluppa, lavora bene e aumenta il proprio livello di autonomia, può fare spin-off e trasformarsi in un “ristorante”: ovvero diventa a tutti gli effetti un’azienda indipendente, autonoma e partecipata dalla casa madre. Il primo ristorante uscito da Gummy Industry è stato Flatmates, la cucina che Gummy aveva allestito in collaborazione con Marcello Ascani.

Differenziare l’offerta, incentivare la responsabilità

Le cucine hanno permesso a Gummy di ampliare e specializzare la propria offerta di prodotti e servizi. Una cucina si occupa di web design, una di branding, una di comunicazione e advertising, una di gaming per i brand, una di programmazione culturale. Grazie all’individuazione di precisi ambiti di intervento, le cucine sono più focalizzate sul loro verticale, seguono più da vicino i trend emergenti, e intercettano meglio le esigenze dei clienti.

Differenziare l’offerta naturalmente è un modo per minimizzare il rischio di impresa, investendo in più direzioni e riducendo il margine di incertezza. Ma decentralizzare la responsabilità e distribuire autonomia è soprattutto un modo per motivare le persone, dare maggiore significato al loro lavoro, renderle padrone del proprio destino.

Ma non è rischioso?

Certo che lo è, dice Alessandro. Implementare una trasformazione così complessa in poco più di un anno è stato un enorme stress-test per l’agenzia. Ci sono state obiezioni e paure, resistenze ed esitazioni.

Del resto il vero mestiere dell’imprenditore è scegliere quale rischio prendersi, ci ha detto Alessandro. “E il rischio fa parte integrante della nostra cultura: ci chiamiamo Gummy Industries perché ci piace parlare con gli sconosciuti e assaggiare le loro caramelle. Che sono sempre le migliori”.

Quelli di Gummy erano consapevoli di poter contare su un buon allineamento interno rispetto ai valori aziendali, che sono la curiosità, la scoperta, la sperimentazione, l’apprendimento continuo. E soprattutto la responsabilità, la libertà e l’autonomia.

Hanno affrontato anche il rischio di stimolare una competizione interna tossica anziché virtuosa. Ma nel complesso la spinta alla trasformazione ha beneficiato tutti. Perché in un contesto economico e sociale come quello attuale, dominato dall’instabilità, dall’incertezza e dalla trasformazione continua, l’unico vero grande rischio è restare immobili, ribadisce Alessandro. Farsi sorprendere dal cambiamento dei contesti, restare indietro, farsi cogliere impreparati.

E i risultati?

Alessandro è stato trasparente con noi: il nuovo modello non ha stravolto il fatturato, che è cresciuto in linea con gli anni precedenti. È già un risultato però che una transizione così profonda sia stata fatta senza perdere nemmeno un euro, e anzi consolidando la posizione di mercato dell’agenzia, predisponendola per continuare il suo percorso di crescita organica.

Soprattutto, la trasformazione ha messo l’agenzia al riparo dalla disruption che potrebbe presto investire il settore a causa della trasformazione tecnologica, rendendola più flessibile e capace di assorbire il cambiamento.

I risultati più importanti, però, sono quelli che riguardano il versante umano. La trasformazione ha aumentato il benessere delle persone, ha ridato loro motivazione, ha reso il lavoro più divertente e più significativo. Ed è per questo che i modelli che si muovono verso la responsabilità, l’autonomia e la libertà sono probabilmente quelli che ci porteranno verso le organizzazioni del futuro.

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Paolo Gervasi
Work In Progress

Ho passato molti anni a studiare la scrittura, le storie, l’immaginazione. Ora vorrei usare le parole per fare cose.