Work in progress

Andiamo nello spazio per capire come cambia il lavoro

Paolo Gervasi
Work In Progress
7 min readDec 2, 2022

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Immaginate 12 persone che non si conoscono, e si trovano a vivere per 10 giorni in un posto bello, immerso nella natura, lontano dai luoghi quotidiani. Che so: una grande casa in un’isola in mezzo all’Oceano. Sono ragazzi e ragazze che fanno lavori creativi, innovativi, legati alla cultura digitale e alla comunicazione. Spesso hanno un talento speciale, un progetto da coltivare, idee ambiziose. Sono lì per lavorare, ma non solo: ogni giorno possono partecipare tutti insieme a qualche attività. Fanno yoga all’alba. Si arrampicano su un vulcano. Fanno surf. Mangiano piatti tipici preparati da uno chef. Fanno un corso di ceramica con degli artisti locali. Improvvisano gite ed escursioni.

Giorno dopo giorno si conoscono meglio, diventano amici, si aiutano e si scambiano idee.

Non è un racconto di fantascienza su un futuro utopico. Nemmeno l’inizio di una serie tv o il format per un nuovo reality. È l’esperienza reale di chi partecipa agli Space Hub di Cosmico. Luoghi spaziali in cui Cosmico fa atterrare talenti per fargli vivere esperienze fuori dall’ordinario.

A queste esplorazioni spaziali partecipiamo anche noi de I MILLE. Già due gruppi di nostre persone si sono unite a due diverse spedizioni, e altre si uniranno alle prossime. Parteciperemo agli ultimi Space Hub del 2022 e a quelli del 2023. E intanto i nostri lead hanno partecipato e parteciperanno a un altro format di Cosmico, le “space exploration”: incontri, dibattiti, talk, occasioni di approfondimento. Per noi questo non è un “benefit” aziendale, è un progetto: un modo per uscire dalla comfort zone, sperimentare, conoscere e imparare, e riportare tutto alla base come insegnamento e nuova energia.

Francesco, Linda, Luigi, Riccardo e Irene de I MILLE sono stati nello Space Hub di Fuerteventura. Quando sono tornati abbiamo fatto una chiacchierata con loro, e ci siamo fatti raccontare cos’hanno visto. Dai loro racconti abbiamo tirato fuori alcuni movimenti possibili che parlano del presente e del futuro del lavoro. Di come potremmo organizzare meglio le nostre vite per renderle più piene e più libere. Di come il lavoro potrebbe includere i nostri sogni e le nostre passioni, anziché lasciarli fuori.

Lavoro → Vita

Dalla cima del vulcano avevamo una prospettiva diversa sulla nostra giornata di lavoro. La giornata non finiva con la fine del lavoro, anzi cominciava, o almeno si prolungava, sembrava più lunga e più densa. Sapendo che dopo avremmo fatto cose belle e intense ci organizzavamo meglio, eravamo più rapidi e produttivi, più lucidi nello scegliere le priorità. Non abbiamo trascurato il lavoro, però lo abbiamo messo dentro un’esperienza più integrale. Il lavoro può far parte della vita, non deve per forza essere in concorrenza con la vita.

Colleghi → Complici

Al tramonto, con un bicchiere in mano, pensavamo spesso ai nostri colleghi rimasti a casa… Scherzi a parte: conoscere persone nuove, con storie diverse e diverse esperienze, è sempre stimolante. Anche se i tuoi colleghi sono i migliori del mondo. Condividere la quotidianità, gli spazi e i tempi di vita, crea un legame speciale con le persone. Parlavamo poco di lavoro, ma spontaneamente nascevano condivisione e collaborazione, ci scambiavamo idee e strumenti. Non eravamo colleghi, eravamo complici: e dovrebbe essere sempre così, con le persone con cui si lavora.

Orario → Tempo

Guardando il cielo stellato, di notte, ci sembrava di aver trovato un rapporto diverso con il tempo. Non solo le giornate si dilatavano, ma in quei giorni eravamo noi a creare il nostro tempo, e pensavamo: forse si può essere meno dipendenti dagli orari. Lavorare più liberamente, anche in modo asincrono, cambiare l’organizzazione, cercare di armonizzare tempi e modi diversi, legati alle esigenze di ognuno.. È ambizioso, certo. Probabilmente complicato. Ma la gestione del tempo è forse il più grande benefit che un’azienda può concedere alle persone.

Remoto → Smart

Andando davvero lontano, in un’isola in mezzo al mare, si capisce che il lavoro da remoto non coincide con lo smartworking. Per essere davvero smart il lavoro dovrebbe essere più autonomo: il progetto dovrebbe sostituire l’orario di lavoro, l’obiettivo dovrebbe sostituire la presenza e la reperibilità continua. La qualità del lavoro dovrebbe contare più della quantità. Da laggiù ci sembrava che si potesse fare. Come dicevamo? Niente sarà più come prima. E allora tanto vale provare…

Regola → Eccezione

Viste dalla tavola da surf le onde sono tutte diverse l’una dall’altra. L’unica regola è l’eccezione. Noi abbiamo surfato quei giorni come una bella eccezione che rompeva la regola della nostra quotidianità, scompaginava la routine, interrompeva la ripetizione. L’eccezione però non sempre conferma la regola, anzi a volte può metterla in discussione. Nel nostro lavoro abbiamo davvero bisogno di tutte le regole che ci siamo dati? Sicuramente avremmo bisogno di qualche eccezione in più.

Eccezione → Regola

Quand’è però che un’eccezione diventa regola? Potremmo davvero lavorare ovunque, sempre tutti “out of office”, cambiando continuamente luogo, contesto, persone? Certo è un bel sogno, ma non bisogna dimenticare che anche il legame con le persone con cui si lavora è importante: non si può rinunciare del tutto alla condivisione degli spazi, alla frequenza quotidiana, ai rapporti umani. La cosa migliore sarebbe l’ibridazione, e fare in modo che l’eccezione diventi non la regola, ma una parte della regola. Tutti spediti “nello spazio” almeno un paio di volte all’anno? Perché no.

Resignation → Change

Mangiando la paella abbiamo parlato anche di “grandi dimissioni”, e ci siamo detti: forse le persone che hanno lasciato il lavoro non vogliono dimettersi, lasciar perdere, rinunciare. Vogliono lavori migliori, più in equilibrio con la vita, in accordo con le passioni e con i desideri. Vogliono la possibilità di muoversi, di cambiare, di migliorare la propria condizione. Vogliamo muoverci. Dateci un lavoro che si muove con noi, e magari non saremo costretti a lasciarlo.

Paura → Coraggio

Prima di partire qualcuno di noi era bloccato. Preoccupato. Non è mai facile lasciare la propria comfort zone, accettare il cambiamento, incontrare persone nuove, mettersi in gioco. Poi piano piano la paura lascia il posto alla fiducia, e perfino al coraggio. Abbiamo scoperto che non solo eravamo capaci di cambiare, di uscire dalla zona di comfort, ma che questa fuoriuscita poteva arricchirci, aprirci, darci nuovi stimoli. Ora sappiamo che potremmo rifarlo, sappiamo che cambiare è possibile. I cambiamenti e gli spostamenti futuri ci faranno meno paura.

Ufficio → Laboratorio

Muovendoci negli spazi della casa di Fuerteventura pensavamo che forse anche lo spazio tradizionale dell’ufficio è sempre meno adatto alle cose che facciamo. La scrivania, le postazioni fisse, l’immobilità: funzioniamo ancora così? Forse lo spazio di lavoro va ripensato in senso più dinamico, flessibile, adattabile. “Ufficio” all’improvviso ci è sembrata una parola bruttissima! Dovrebbe somigliare più a un laboratorio, a uno studio, o anche a una bottega artigiana.

Azienda → Persona

Guardando i progetti degli altri ci siamo ricordati quanto è bello e importante nutrire le proprie idee. E ci siamo detti che non dobbiamo mai smettere di coltivare i nostri progetti personali. Anche lavorando in un’agenzia dovremmo sempre trovare lo spazio e le energie per seguire la propria passione, o ossessione, o chiodo fisso. Il proprio piccolo sogno. Perché quella passione non sottrae tempo all’agenzia, anzi le regala energie, conoscenze, esperienze. Crescere come persone è l’unico modo per far crescere tutto ciò che sta intorno a noi.

Forse ora si è capito perché questo articolo apre una rubrica che si chiama work in progress. Il mondo del lavoro è in piena evoluzione, tra fughe in avanti e contraccolpi. Cambiano i modelli organizzativi, gli obiettivi, i bisogni e i desideri delle persone. Cambia l’idea stessa del lavoro, e il suo rapporto con tutto ciò che facciamo nel corso delle nostre vite.

Qui vorremmo raccontare questo cambiamento, provare a comprenderlo e analizzarlo. E vorremmo raccontarlo a partire dalle cose che stiamo facendo noi, dal nostro modo di cambiare. Siamo anche noi “in progress”: vediamo un movimento in avanti, e non vorremmo soltanto seguirlo o assecondarlo. Vorremmo tentare di anticiparlo. Magari guidarlo. Intanto, ne parliamo.

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Paolo Gervasi
Work In Progress

Ho passato molti anni a studiare la scrittura, le storie, l’immaginazione. Ora vorrei usare le parole per fare cose.