Essere o non essere… online [off topics]
Online non posso e non voglio essere io, ma è davvero una scelta?
Tu che sei “yogica”… un frammento di una chiacchierata con un amico. Da qui parte la mia riflessione. Chi siamo online? colui che ( e lo ringrazio per lo spunto) si è rivolto a me incasellandomi in quel “yogica”, mi conosce da anni, da prima dell’arrivo di Instagram e compagnia danzante e conosce la “me analogica”. Da qui la domanda: se chi mi conosce da tempo si rivolge a me in quel modo è ovvio che i social sono entrati con prepotenza nella mia “vita analogica”. Più di quello che ritenevo.
Mi è stata appioppata una definizione, sono incasellata. E’ un bene?un male? Chi se ne frega! Il fatto da segnalare è che è accaduto— come in ogni altro aspetto della vita — e bisogna esserne CONSAPEVOLI.
La definizione yogica è dovuta ai post che trovate sul mio profilo Instagram. La parte per il tutto… posso decidere chi essere, in quale casella inserirmi.
La prima reazione è: se non volessi infilarmi in una nicchia? e se fossi più di una cosa? avessi più di una competenza? o forse un po’ di tutte ma nessuna che spicca?
Perché questo processo automatico si avvia? perchè lo mettiamo in moto?
La risposta è semplice. Perché online ognuno può essere ciò che più desidera davvero?! oppure si desidera quello che i like, i fan, i cuoricini ti chiedono di essere? o ancora è quello che si vuol mostrare agli altri o ciò a cui si tende, qualcosa a cui si vorrebbe dedicare più tempo.
Provo a rispondere.
Perché vogliamo che sia così. Si tratta di una scelta. Mostrare, chi essere, perchè — nel mio caso — lo yoga e non gli abbracci, perchè i primi piani di tazzine e cereali e non la mia famiglia sul divano. Tutti ragionano come me?
Son qui a chiedere la differenza fra essere online ed essere offline, ammesso che la si debba cercare. Ciò che mi interessa portare all’attenzione — che esista o meno una differenza fra quello che raccontiamo online e quello che siamo — rimane fondamentale essere consapevoli che le due dimensioni si sfidano, convivono, sono la stessa, si contrappongono, coesistono. E spesso ci confondiamo. L’unica ancora a cui aggrapparsi è la consapevolezza.
Assumere un atteggiamento consapevole rispetto a questo nostro — sottolineo nostro e attuale — mondo e portarlo ai propri figli.
La mia strategia al momento è banale: ogni volta che mi vien voglia di condividere qualcosa di più intimo del mio “personaggio online” mi chiedo: appenderei questa foto nella piazza principale della mia città con quella didascalia? mi rispondo e di conseguenza agisco.
Tutti hanno una storia da raccontare ma non tutte le storie sono da raccontare e non tutti lo sanno fare.
E i rischi?
Si condivide tutto digitalmente e così abbiamo perso il significato delle azioni. si condivide un caffè su Instagram e non con la persona con cui lo stiamo prendendo al medesimo tavolino del bar.
Ciò che arriva in rete è vero subito, anche se spesso non lo è. Questo è il primo rischio ciò che è condiviso è condiviso. Grazie al primo post di un’asana (posizione yoga) ho gettato le fondamenta per accaparrarmi il mio “yogica”.
Facciamo questo esperimento, proviamo a passare un giorno senza smartphone e senza essere online… ok ok almeno pensiamo di farlo.
Dunque?
Reazione:
- smarrimento
- solitudine
- cambio di prospettiva: sollievo
- abbandono senza colpa dalle proprie responsabilità di creatura social.
Non si può assumere una posizione specifica sull’essere o non essere online. Si tratta della nostra vita. Si tratta di un esperimento di sintesi tra uomo e tecnologia. Un dibattito senza fine che ognuno di noi dovrà condurre con se stesso ogni giorno.
Siamo nell’epoca della condivisione totale e immediata, per questo è essenziale offrire cose che restano.
Ora che #covid-19 ci costringe a stare sui social e a comunicare grazie a loro in via esclusiva come torneranno i conti con noi stessi?