Competere è da perdenti! Per le aziende e… per le persone
Cos’è il vero vantaggio competitivo secondo Peter Thiel
Da dove nasce il vantaggio competitivo di un’azienda? Altrimenti detto, da dove viene creato il valore?
Peter Thiel è uno dei più famosi imprenditori della Silicon Valley, uno dei primi investitori in Facebook, e ha prodotto analisi illuminanti per capire quando la realtà del mercato è contro-intuitiva.
In questo articolo ti parlo della sua analisi su cosa sia davvero il vantaggio competitivo.
Secondo Thiel, la formula per valutare il valore di un’azienda è:
L’impresa crea X valore e cattura Y% di X
Vale a dire, per creare un’impresa di successo bisogna creare qualcosa di valore e catturare una frazione significativa di quel valore creato. Da notare come X e Y sono variabili indipendenti. Ad esempio, se X è di dimensioni medie, ma Y è di dimensioni rispettabili è possibile costruire un’impresa con un valore alto. Se X è molto grande, ma Y è infinitesimale, l’azienda non avrà valore economico nonostante l’alto valore di ciò che ha creato.
L’analisi del vantaggio competitivo
Ma allora, chi ha più vantaggio competitivo?
Nel 2012, con entrate di 195,6 miliardi di dollari, le linee aeree americane sarebbero parse più interessanti rispetto a Google, che aveva entrate da 50,2 miliardi di dollari.
Ma qui arriva il problema: il margine di profitto delle linee aeree americane nel 2012 era dello 0,2%, con linee aeree che nei decenni precedenti erano fallite ed erano state ricapitalizzate. Questa realtà si rifletteva nella capitalizzazione di mercato che, complessivamente, ammontava a 112,4 miliardi. Dall’altra parte, i margini di Google nel 2012 erano del 21% e questo si rifletteva, all’epoca, in una capitalizzazione da 393,8 miliardi.
Google faceva parte di un mercato molto più piccolo, ma catturava un valore più grande. E tutti sappiamo dal 2012 a oggi cosa Google è diventata.
Il vantaggio competitivo di Google è il monopolio.
Questo è ciò che Thiel ci sta dicendo con la sua formula: non conta creare valore se poi non siamo capaci di catturarlo. Dunque bisogna creare valore e poi puntare al monopolio.
Il capitalismo è per definizione “ammassamento di capitale” ed è quindi antonimo alla competizione, perché un mondo di competizione perfetta è un mondo dove il capitale viene distribuito.
Il monopolio è il miglior vantaggio competitivo
Mentre situazioni di competizione perfetta sono facili da analizzare con modelli matematici, sono efficienti e appetibili politicamente, il monopolio è la situazione più vantaggiosa per l’azienda.
Non basta valutare il vantaggio competitivo di un’azienda, bisogna comprenderne il suo posizionamento nello spettro tra competizione e monopolio. Alcune imprese sono competitive, altre sono monopoli.
Potresti pensare che la maggioranza delle imprese si trovino nel mezzo e non saresti la prima vittima di una falsa percezione.
Le aziende che si trovano in una situazione di monopolio fingono che non sia così, perché non vogliono essere regolamentate. Dall’altra parte, le aziende in forte competizione, dov’è difficilissimo fare profitto, mentono al contrario e descrivono la loro attività come “unica” e “irripetibile” per apparire più diversi dagli altri di quanto non siano e attrarre investimenti.
La realtà di ogni azienda è molto più estrema o verso il monopolio o verso la competizione di quanto non sembri. È una distorsione nella percezione della realtà dovuta a come le persone mentono per avvantaggiarsi.
La migliore strategia per accaparrarsi il mercato
Non esiste un’unica strategia possibile per accaparrarsi un monopolio perché nello sviluppo tecnologico ogni momento è irripetibile.
Il prossimo Bill Gates non costruirà un sistema operativo e il prossimo Larry Page non costruirà un motore di ricerca. Dunque chi “copia” i grandi fallirà, perché mancherà di leggere ciò che il mercato richiede nel presente.
La ragione del vantaggio competitivo di ogni grande azienda di successo varia, perché ciascuna ha fatto qualcosa di nuovo che non era stato fatto prima, per questo aveva il potenziale per diventare un monopolio.
Le aziende che riescono a creare un monopolio hanno in comune il fatto di avere una qualche tecnologia propria che è di un ordine di grandezza migliore di ciò che hanno gli altri. Ad esempio, Amazon aveva un catalogo almeno dieci volte più grande di quello di una libreria. PayPal offriva un metodo di pagamento oltre dieci volte più veloce rispetto ai sistemi tradizionali che esistevano all’epoca. L’iPhone rappresentò un salto qualitativo netto rispetto agli altri cellulari.
Vantaggio competitivo, chi ci guadagna veramente?
Nel vantaggio competitivo, l’unica domanda che conta è: qual è il valore X che stai creando e quanto Y% di quel valore riesci a catturare.
Inventori e scienziati raramente riescono a catturare il valore che creano per la società. La razionalizzazione tipica è che “gli scienziati non sono interessati a fare soldi e non saresti un buono scienziato se fossi motivato dai soldi”.
Al di là delle motivazioni personali, bisognerebbe chiedersi perché per gli scienziati Y è sempre uguale a 0%, cioè perché non riescono a catturare il valore di ciò che scoprono e creano.
Nel mondo del software vengono accumulate intere fortune sfruttando idee come Twitter. Nasce la distorsione di credere che il software sia la cosa di maggior valore al mondo, ma il fatto che Twitter faccia soldi non significa che la sua innovazione abbia più valore delle scoperte di Einstein, solo che riesce a catturare molto meglio quel valore.
X e Y sono variabili indipendenti: in alcune circostanze si riesce a catturare un’alta percentuale del valore che si crea e in altre no.
Ma allora, perché competere?
Pensiamo ai perdenti come a quelli che non sono bravi a competere, che non hanno un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti, ma questo porta a credere che le persone di maggior successo siano quelle che competono di più, mentre bisognerebbe considerare la competizione con occhio diverso.
La competizione attrae: fornisce una forma di convalida sociale e troviamo rassicurante che altre persone facciano la stessa cosa che facciamo noi.
“Le battaglie erano feroci perché la posta in gioco era bassa.” — Henry Kissinger
È nella natura umana imitare il comportamento degli altri ed è necessario uno sforzo consapevole per uscire dalla mentalità della “tribù”. Non c’è necessariamente saggezza nella massa. Ventimila persone ogni anno si trasferiscono a Los Angeles per diventare star del cinema e solo 20 di loro ce la fanno. E la società che vede migliaia di persone perdere l’opportunità di creare valore altrove.
Esiste un vero vantaggio competitivo se la posta in gioco è bassa?
Perché le persone lottano duramente anche se la posta in gioco è così bassa? Qual è il vero senso del vantaggio competitivo?
È la conseguenza delle circostanze: quando distinguerti dagli altri è difficile, quando le differenze oggettive sono piccole, allora sei costretto a competere ferocemente per mantenere una qualche forma di unicità.
Vale a livello di strategia aziendale, vale a livello personale. Solo che in questo modo l’identità stessa della persona diventa dipendente dal vincere la competizione, tanto che si può perdere di vista cosa veramente è importante e ha davvero valore.
La competizione ti rende migliore nel fare quella specifica cosa nella quale stai competendo, perché nella competizione ti paragoni alle persone che ti circondano. Ma quello che fai è davvero importante?
Questo è il vantaggio competitivo più importante. Non cercare per forza di passare attraverso la porticina attorno a cui tutti si accalcano, piuttosto cerca dietro l’angolo l’ampio cancello di cui nessuno si è accorto.
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